Roma e Milano: rischio attentati islamici. Qui a Milano, penso al nostro Duomo amatissimo, in pericolo. Sui portoni di bronzo e sulla facciata porta ancora i segni dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Il tetto del tempio fu colpito, ma resse incredibilmente all'urto, mentre tutt'attorno il centro venne devastato: palazzo Reale, Palazzo Marino, la Scala, la Galleria, la sala del Cenacolo Vinciano. E tanti altri luoghi e monumenti. Una devastazione impressionante, cui seguì, dopo la guerra, un enorme lavoro di ricostruzione, dagli effetti che sembrarono e sembrano miracolosi. 

Il Duomo, di nuovo oggi sotto tiro, mostra ancora le cicatrici di oltre 70 anni fa. Molti non lo sanno o non si sono mai accorti che ci sono. Quante volte ho accompagnato qualcuno a vedere quelle cicatrici. Continuerò a farlo con chi me lo chiederà. Ora non sopporto l'idea che il Duomo venga colpito ancora. La grandiosa costruzione marmorea, adorna di 3400 statue e 135 guglie, è da tanto tempo per me motivo di osservazione, di riflessione e di studio. Ogni tanto pubblico qualche articolo sul nostro Duomo e poi scopro qualcosa che non avevo notato, trovo qualche notizia storica che prima ignoravo. Allora vorrei riscrivere tutto daccapo. E torno a guardarlo, il Duomo, e mi accorgo di quanti fra noi, e anch'io, guardano e non vedono, ammirano ma non capiscono. 

Forse non capiscono nemmeno la portata della minaccia. Mi vien voglia di mettermi lì, presso i portoni, a far la guardia. Qualche passo più in là, quei ragazzi in divisa da alpini, mi fanno pensare a quando non c'era bisogno di guardie a difesa dei luoghi d'arte, e di preghiera. E, più ancora della minaccia incombente, mi disturba profondamente il senso di vuoto, di attesa imbelle e imbecille, che promana da pubblici poteri, incapaci non solo di prevenire il pericolo, ma di evitare che il pericolo cresca ulteriormente. Continuano non solo a non dare nemmeno l'impressione di non volere o sapere contrastare un attacco annunciato, ma addirittura sembrano impegnati in scelte politiche che favoriscono l'aumento esponenziale dei rischi. Non sanno nemmeno esser convincenti quel tanto che basta per alleviare nella gente quella sensazione di attesa dell'ineluttabile, di animo di sospeso, di rassegnato ripiegamento del cuore e dei pensieri ad un "peggio" sempre possibile, e pure probabile. 

Le minacce di attentato durano da una quindicina di anni. Al Duomo oggi i  terroristi hanno aggiunto anche il teatro alla Scala, come possibile bersaglio. E’ un continuo attacco alla cultura, perché nemica della barbarie che si vuole imporre. E in parte ce l’hanno già imposta. Non riesco a piegarmi a questi stati d'animo. Questa atmosfera mi toglie uno dei gusti fondamentali del mio modo di essere: il gusto dell'umorismo, l'ironia talvolta sferzante che mi toglie amici da una parte, ma me ne aggiunge da un'altra. E se mi levano il gusto dell'ironia, viene fuori il mio caratteraccio, il lato opposto all’intimo piacere di pensare e di scrivere, di riflettere e di contemplare le cose sublimi. Mi viene una voglia tremenda di menar le mani.