Prima domenica di dicembre molto intensa. La prima senza il Caimano sul palcoscenico, per cui i ragazzi movimentisti e quelli dei vari partiti si sono finalmente sfogati. Era ora che ci fosse spazio anche per loro. Sono passati pochi giorni dal voto in Senato e non sembra vero che ci siano tanti spazi da riempire sulla scena. Così si è iniziato a vedere qualcosa di diverso.

Renzi è arrivato all’ultima settimana prima del voto delle primarie, annusa il pericolo di un flop nella partecipazione dei militanti e simpatizzanti e allora fa finta di incalzare il governo. Renzi, lancia un ultimatum a Letta dalle colonne amiche di Repubblica che riporta un’intervista al sindaco di Firenze che offre un patto al premier, con dei paletti all'azione dell'esecutivo su riforme, lavoro ed Europa. A domanda risponde:

"Il fatto è che il Pd ha trecento deputati e Alfano ne ha trenta. Con tutto il rispetto per Scelta Civica e per il Nuovo centrodestra, il governo sta in piedi grazie a noi. Alfano dice che può far cadere Letta. Bene, così si va subito al voto. Io non ho paura. Lui sì. Perché sa che Berlusconi lo asfalta".

Uno volta tanto che sta tranquillo ad Arcore, sono loro, i giovani ad evocarlo in modo colorito. Poi prosegue:“Offro una disponibilità vera, un patto di un anno. E quindi proporremo tre punti che noi consideriamo ineludibili".

Tra questi anche la legge elettorale. "Certo. Va bene qualsiasi riforma. Purché si faccia e purché garantisca il bipolarismo e la governabilità. Chi vince, deve vincere. Chi vince, governa 5 anni senza inciuci". Il giornalista chiede se vuole un ritorno al Mattarellum, risponde: "Si, ma deve essere corretto. Quel 25% di recupero proporzionale deve diventare un premio di maggioranza".

Rimandiamo ad un prossimo articolo che cosa vuol dire mattarellum+premio di maggioranza, per esaminare qualche altro interessante intervento.

A partire dal terzo Vaffa-day di Genova, dove Beppe Grillo, come da copione, ha predicato alle folle e si è proposto per un’opera di pura misericordia cristiana, vuole dare l’estrema unzione ai partiti. Non si è fermato lì, lo slogan della manifestazione, “andare oltre”, l’ha impegnato anche in un assalto al Colle, chiedendo la destituzione di Napolitano. Poi, esauriti i fuochi d’artificio, è sceso sul piano operativo, a parlare di economia: vuole ridiscutere i trattati con l’Europa, più che uscire dall’euro, c’è da combattere il declino economico e la dispersione dei nostri giovani verso l’estero.

Qui la faccenda è maledettamente seria, non si tratta di tirare qualche palla di neve contro un palazzo romano, ci sono di mezzo interessi enormi, che nella storia hanno portato sovente i popoli in guerra tra loro.

Ieri, su questo giornale, Gian Luigi Lombardi Cerri ha scritto un articolo, titolato “No euro day”, per rilevare la banalità dell’approccio al tema da parte della nuova Lega di Matteo Salvini, che improvvisamente è diventato critico verso l’euro.  

Il tema è difficile, come è emerso chiaramente al mattino in una bella puntata di Omnibus su La7, con Magdi Allam, alcuni giornalisti  e il sondaggista Amadori.

Tutti hanno concordato che così non si può andare avanti, auspicando delle serie riforme per cambiare passo. Allam ha ribattuto la sua posizione  ossia che il difetto sta nel manico,  nella sudditanza verso l’Euro, la BCE e l’Europa del Fiscal compact e del MES.

Un giornalista tedesco in studio ha ironizzato, ma subito dopo, quando Amadori ha sciorinato i dati di un sondaggio che aveva preparato appositamente per la trasmissione, con il dato di circa 30% di italiani euroscettici, secondo lui sottostimato per via della domanda troppo diretta, in studio improvvisamente le tesi espresse da Magdi Allam sono risultate politicamente percorribili, tali da poter avere un bacino elettorale importante.

Se fosse così, vuol dire che per lui si possono aprire degli spazi molto grandi, che vanno ben al di là del semplice sdoganamento di una posizione che è stata fino ad ora ultra-minoritaria a livello nazionale. Così si capisce bene perché la Lega scaltramente cerchi di accreditarsi contro l’Euro, cercando di appropriarsi di uno spazio politico nuovo.

In conclusione, tra pochi mesi, a maggio, si andrà a votare e gli elettori non aspetteranno certo che finisca l’anno, come vuole il PD, per giudicare sia il Governo delle nuove e scadenti intese, che la finta opposizione forzista.

La campagna elettorale per le elezioni europee è già partita, quella di Renzi è quasi finita.