L'Indipendenza - Prima hanno cercato di far passare il lupo per agnello, cioè Bersani vittima di un marchingegno, subito dopo ci hanno provato con Beppe Grillo, che invece ci è cascato come un novellino. Stavolta il guru del M5S ha preso una cantonata colossale. Si è fatto infinocchiare dai giornaloni dei poteri semiforti,  che da giovedì ripetono in modo ossessivo che c’è stata una manovra per farlo fuori. Ci sono voluti due giorni, ma alla fine ce l’hanno fatta a stanarlo, a fargli dire quello che vogliono.

Il tema è la legge elettorale. Il riepilogo dei fatti accaduti è semplice: nella discussione in corso nella 1° Commissione, al Senato, in un clima di estrema lentezza, mercoledì scorso è stato votato un emendamento che introduce un limite minimo di voti che deve avere il vincitore, per prendere il premio in seggi del 12,5%, il limite che prima non esisteva è stato posto al 42,5%, come esposto nell’ultimo articolo che ho scritto su questo giornale.
L’emendamento al testo della nuova legge elettorale è stato proposto da Francesco Rutelli dell’Api, ha coinvolto la vecchia maggioranza che ha governato dal 2001 al 2006 (UDC, Lega, MPA e PDL). Questa nuova soglia del 42,5% integra e corregge il “porcellum”, impedendo di far scattare il premio alla Camera se la coalizione vincente non raggiunge tale cifra. L’impresa è certamente fuori portata per tutti in questo momento, nel senso che nessuno è in grado di arrivare a tale soglia, né a sinistra né a destra, come pure il movimento M5S.
Allora a che cosa serve tagliare fuori tutti i partiti e le coalizioni? La risposta fornita dai TG e dai giornaloni è semplicemente banale: è una mossa per fare un parlamento ingovernabile e cosi favorire un Monti-bis, per fermare Grillo, per impedirgli di avere il premio. Dal suo Blog, Grillo spara le sue cartucce: “Di fronte al colpo di Stato del cambiamento della legge elettorale in corsa e al tetto del 42,5% per il premio di maggioranza per impedire a tavolino la possibile vittoria del M5S e replicare il Monti bis, la UE tace. Chissà forse ci farà una multa per divieto di sosta a Montecitorio”.
Anche in un blog de L’Espresso di venerdì, si dice che “la legge elettorale che si profila non è – come invece hanno titolato in un primo momento tutti i giornali – una legge che truffa Bersani, fatta per non far governare la coalizione Pd-Sel-Psi”, bensì per combattere il comico genovese.
La via di uscita è già stata tracciata, infatti i tecnici dei vari partiti si parlano e si confrontano sull’ipotesi formulata dal politologo D’Alimonte. Per uscire dall’impasse e riuscire a fare una legge condivisa da tutti gli schieramenti, come chiede il Quirinale, sul tavolo di PDL, UDC, Lega e PD c’è una proposta di mediazione di Roberto D’Alimonte, professore alla Luiss e collaboratore del Sole 24 Ore, che prevede un premio in seggi per la coalizione che arriva al 40% dei voti, e se nessuno riesce a toccare questa barra, un premio del 10% al partito che arriva primo.
C’è qualcosa che non convince in tutto questo can can, proviamo a riassumere la vicenda: mercoledì viene inserita la soglia minima del 42,5 %, subito dopo i tecnici trattano una seconda opzione, in modo riservato, che dovrebbe essere molto più realistica, con un premio ridotto all’8-10% in seggi, assegnato direttamente al primo partito.
Questo è il punto principale di tutta la discussione, che appare più una sceneggiata “napoletana” per ingannare e mimetizzare le vere intenzioni. Quali siano, si possono intravvedere nei dettagli tecnici.
Mi spiego meglio. L’emendamento che pone la soglia al 42,5% di fatto modifica lo scenario della competizione elettorale per le Politiche 2013, rendendo inutile o non conveniente la costituzione di coalizioni elettorali. E’ una modifica notevolissima. Infatti, il PDL ha smesso di corteggiare Maroni, per avere la Lega in coalizione. Anche a sinistra è cambiato tutto. Le primarie che sono in corso, sono realisticamente delle primarie di partito tra Renzi e Bersani, dove gli altri candidati sono di contorno, per bellezza.
Infatti, il PD non ha più alcuna convenienza a mettere in piedi un cartello elettorale con la sua sinistra, visto anche il risultato che ha ottenuto SEL in Sicilia, che da sola vale poco. Lì il PD ha vinto alleandosi con l’UDC, per cui ora cerca di divincolarsi da legami troppo stretti con la sinistra o con il centro.
Sono questi i motivi che rendono sospetta l’operazione Rutelli, con la soglia del 42,5%.
Il PD è partito che più ci guadagna dalla sortita del suo ex fondatore. La conferma è nel fatto che  sta trattando la soluzione di ripiego, il “premietto” al primo partito, che non è male. Anzi, così potrà avere ciò che vuole: il ruolo di playmaker in parlamento per fare il governo e un buon numero di seggi.
Sarà un PD al centro del sistema, con le mani assolutamente libere, potrà imbarcare chi preferisce, mettendosi finalmente a capo di Palazzo Chigi.
Il PDL di Alfano ormai tratta la resa, in cambio di qualche poltroncina.