Dopo la recentissima, ignominiosa vicenda delle nostre statue museali che abbiamo inscatolate con zelo petulante per “non offendere” il capo islamico iraniano in visita a Roma. (E chi ha mai detto che si sarebbe offeso? E se anche si fosse offeso? E se invece a offendersi stavolta fossero gli italiani?) Vicenda per la quale alcuni di noi (i fifo-islamici, per intenderci) devono soltanto vergognarsi di fronte al mondo civile.
Dopo le ridicole donne nostrane imbacuccate, le fifo-islamiche Emma Bonino, Maria Grazia Guida, Laura Boldrini, Federica Mogherini, Debora Serracchiani (chi se le ricorda?), ecco ora il turno di Stefania Giannini (ministra pro-tempore della Repubblica) debitamente, ossequiosamente imbacuccata durante la sua visita ufficiale in Iran.
Quelle che ho nominate, sono tutte donne “progressiste”, tutte donne “de sinistra”, tutte donne “colte”, tutte donne “libere”, tutte donne “impegnate” nel sociale, in politica, etc etc … guarda caso!
Evidentemente però non possiedono il senso dell’olfatto. Così non avvertono il tanfo pestifero di prigioni, di sangue di mutilati e mutilate, di donne lapidate, di cadaveri, che emana dal mondo islamico.
Evidentemente sono nostre rappresentanti indegne.
Le ripetizioni giovano:
le donne nostrane investite di carica o funzione pubblica le quali si presentano coperte con la tragicomica bacucca al cospetto di qualche sogghignante maschio islamico, compromettendo così non solo la loro propria dignità personale, ma anche e soprattutto la dignità della pubblica funzione che rivestono: devono per questo soltanto vergognarsi.
Per non “offendere” l’islamico-vero di turno, offendono bensì tutti gli italiani consapevoli.
Invocare la “ragion di Stato” qui è semplicemente ridicolo. Proprio la “ragion di Stato” caso mai, esige, in un mondo dilaniato da contrapposizioni, contrasti, conflitti, dico esige di affermare con severa dignità che le nostre usanze, il nostro stile di vita (per non dire le nostre Leggi, e i Principi della nostra Civiltà) sono irrinunciabili, quali che fossero le circostanze e i luoghi.
Caso mai, incombe sui nostri rappresentanti (maschi e femmine) il dovere di promuovere, oltre le nostre mercanzie e i nostri “servizi”, anche i nostri principi etici.
E la “diplomazia” niente ha a che fare col capo femminile coperto da un telo. Men che meno ha a che fare la mera opportunità “economica”: specialmente se si tratta di rapporti con i Paesi islamici.
Quelli hanno bisogno di quasi tutto, mancano di quasi tutto eccettuato il petrolio e ben poco altro; praticamente devono importare quasi tutto dai Paesi più progrediti.
Quindi hanno più bisogno loro dei nostri prodotti, che noi della loro condiscendenza ad acquistarceli.
Mi risulta, fino a prova contraria, che nessuna donna investita di pubbliche funzioni in altri Paesi civili si sia mai imbacuccata dovendo recarsi in Paesi islamici. Soltanto le donne politicanti italiane lo fanno, a quel che vediamo.
Mi risulta ad esempio che Condoleeza Rice, Angela Merkel e Michelle Obama, durante loro visite ufficiali rispettivamente nel 2005 in Egitto, nel 2010 e nel 2015 in Arabia Saudita, si guardarono bene dal coprirsi il capo con quel cencio tragicomico che soltanto gli ipocriti chiamano “velo”: il vero “velo” è un’altra cosa, non è roba da islamiche.
Dimostrarsi troppo inclini a “non offendere” lungi dal ben-disporre gli interlocutori (specialmente quelli a noi ostili per evidenti ragioni) ottiene solo l’effetto di incoraggiarli ad esigere condizioni a loro più favorevoli… ma questa è evidentemente una di quelle sottigliezze che nessuna donna “de sinistra” potrà mai comprendere.
Chi sarà la prossima bacucca italiana?