Come suggerisce il celebre paradosso sulla corretta sequenza cronologica di due realtà strettamente correlate come l’uovo e la gallina, è fondamentale stabilire la cronologia degli avvenimenti per distinguere la causa dall’effetto.

Nel caso del terrorismo islamico la ricostruzione della cronologia degli eventi permette di discernere se la sua natura sia aggressiva o reattiva.

L’enfasi sull’ondata di attentati seguiti all’invasione americana di Afghanistan ed Iraq sembra aver generato  l’opinione diffusa che il terrorismo islamico sia in qualche modo riconducibile all’invasione stessa, ma le date degli attacchi terroristici di Al Qaeda dell’11/09/2001, e del 1998 contro le ambasciate statunitensi in Africa, precedono le invasioni, smentendo questa relazione di causa ed effetto e suggerendo la relazione opposta.

La stessa logica può essere applicata agli attacchi contro i Cristiani, che vengono comunemente imputati agli USA e ad Israele e al loro presunto imperialismo.

In Indonesia, come documentato dalla Commissione per la Verità su Timor Est, i musulmani indonesiani massacrarono sistematicamente almeno 180.000 Cristiani durante l'occupazione (1975-1999) dell'ex-colonia portoghese, in date antecedenti gli attacchi dell’11/09/2001, e le conseguenti invasioni dell'Afghanistan e dell’Iraq.
Ancora prima, a cavallo della I Guerra Mondiale, i Turchi avevano già sterminato un milione e novecentomila Cristiani Armeni.

In Sudan, i musulmani, come parte di un processo di islamizzazione forzata, hanno sterminato dal 1956 al 2005 circa due milioni di Cristiani, animisti e musulmani non ortodossi con il beneplacito della Lega Araba, e i massacri proseguono anche oggi.
Prima del’11/09/2001 e dei successivi interventi militari, e prima della fondazione dello Stato di Israele, e che ciò potesse suscitare una reazione anti-occidentale e anti-cristiana interpretabile in base alla teoria della Jihad difensiva, la conquista e l'assoggettamento delle popolazioni cristiane in Medio Oriente, Anatolia e Nord Africa, aveva comportato il massacro di almeno 60 milioni di persone; la conquista della Persia aveva distrutto lo zoroastrismo; nell'avanzata verso oriente la Jihad aveva provocato la morte di circa 10 milioni di buddisti, cancellando ogni traccia di buddismo lungo la via della seta e in Afghanistan; l'invasione dell'India aveva determinato l'annientamento di metà della civiltà indù, e l'uccisione di 80 milioni di persone.
La stessa domanda “paradossale” riemerge quando si analizza la natura dell’Islam più da vicino:

“è nato prima l’uovo della violenza contro il resto del mondo o la gallina della violenza contro la donna?”

Se le violenze contro gli omosessuali, gli Ebrei, i Cristiani, gli animisti, i buddisti, gli indù, fossero una reazione ad una qualche forma di offesa o umiliazione subita, allora, con ogni probabilità, anche le violenze contro le proprie donne dovrebbero avere la stessa origine. Che torti avrebbero inflitto ai loro uomini queste povere donne islamiche per suscitare reazioni tanto violente? Dovremmo ipotizzare che siano forse “femministe” persino più estremiste delle loro controparti occidentali? È più ragionevole concludere che l’odio e la violenza siano parte integrante della natura dell’Islam, come dimostrato proprio dall'atteggiamento verso l'emblema del diverso, la donna: se tua moglie, nonostante ti ami e sia disposta a compiacerti in ogni modo, è percepita e trattata come un essere inferiore ed un potenziale nemico, allora figuriamoci gli omosessuali, gli Ebrei, i Cristiani, il resto del mondo.

Sebbene la cronologia degli eventi deponga fortemente a favore dell’ipotesi del terrorismo islamico come fenomeno aggressivo, piuttosto che difensivo, è possibile testare queste due ipotesi antitetiche analizzandone le previsioni per valutare se siano confortate dai fatti.

In effetti, esistono apparentemente tre teorie alternative per spiegare il terrorismo islamico, gli attacchi dell'11/09/2001 e il loro impatto geo-politico: la teoria della Jihad offensiva, quella difensiva e la teoria del complotto ordito dalla CIA su ordine del presidente Bush, che però può essere ricondotta alla teoria della Jihad difensiva, di cui rappresenta la forma più esasperata.

Secondo la teoria della Jihad difensiva, questo attacco violento sarebbe la reazione prevedibile dei poveri del Terzo Mondo allo sfruttamento, al colonialismo, all’imperialismo dei ricchi paesi occidentali, USA in testa.
Le implicazioni di questa teoria sono che:

  1. la violenza dovrebbe essere orientata esclusivamente verso gli occidentali e gli americani, presunti responsabili delle umiliazioni, delle sofferenze imposte alle popolazioni del Terzo Mondo.
  2. Se l’occidente e gli USA si ravvedessero, si scusassero e cercassero di rimediare ai danni causati, elargendo aiuti economici, o sostenendo le istanze delle popolazioni coinvolte, o ritirandosi dalle regioni del Terzo Mondo occupate o controllate, la violenza dovrebbe ridursi significativamente.
  3. I rappresentanti di quella parte di umanità povera ed oppressa dovrebbero rinunciare alla violenza se accolti amichevolmente in occidente e quindi sottratti alle condizioni di povertà e sfruttamento dei paesi d'origine.
  4. Ogni altra etnia o cultura che avesse subito angherie e umiliazioni paragonabili o peggiori dovrebbe comportarsi come i musulmani.

Questa teoria è quella più naturale ed attraente per noi occidentali per una serie di ragioni legate alla nostra cultura e alle sue attuali manifestazioni di decadenza. Anzitutto, essa, come risultato dell’ incapacità di uscire dai nostri schemi mentali e della tendenza a proiettarli sulla realtà, presuppone pregiudizialmente che tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla cultura di appartenenza, condividano valori universali di rispetto per i diritti umani, l’aspirazione alla pace, il desiderio di una vita confortevole etc. Essa, inoltre, pone questa violenza apparentemente incontrollata sotto il nostro controllo, fornendo una sorta di interruttore per spegnere l’attacco. Nella nostra cultura, infatti, le scuse sincere, la rinuncia ad esacerbare i toni, la disponibilità al compromesso, risolvono le vertenze più accese nella maggior parte dei casi. Diamo per scontato, sulla base dell'assunto della somiglianza di tutti gli esseri umani, di poterci riappacificare con gli islamici impiegando lo stesso approccio. Questa teoria incontra il favore dei perfezionisti che per ragioni psicologiche e ideologiche sono eccessivamente critici verso se stessi e/o la propria cultura.
È vista di buon occhio anche dai codardi, che dissimulano la propria vigliaccheria con il pacifismo, perché offre un meccanismo evidente per esorcizzare la paura, per salvare la faccia, una scappatoia alla necessità di difendersi con le armi.
La seconda teoria è quella della Jihad offensiva secondo la quale questo attacco violento sarebbe la conseguenza di una cultura per sua natura violenta, aggressiva, imperialista e con ambizioni egemoniche globali.
Le implicazioni di questa teoria sono altrettanto evidenti ed opposte a quelle della teoria precedente.
La prima teoria è stata sposata dalla sinistra e dai cattolici di sinistra per ragioni in parte già descritte in precedenza. La sinistra europea ha promosso l’apertura delle porte all’immigrazione dai paesi del Terzo Mondo, soprattutto quelli islamici del Nord Africa, sognando di creare una società multiculturale ed una base elettorale, prima contribuendo attivamente a minare la famiglia tradizionale, e quindi creando le condizioni demografiche necessarie ad auspicare un processo migratorio per mantenere il sistema pensionistico e sanitario.
La teoria è stata smentita dai risultati fallimentari dell'esperimento del multiculturalismo.
Gli immigrati islamici non si sono integrati, non sono diventati meno aggressivi, non hanno rinunciato alla violenza come modalità prioritaria di rapportarsi agli altri, chiedono a gran voce e con prepotenza la Sharia in Europa.
La teoria della Jihad difensiva ha goduto in apparenza dei favori del Vaticano che, probabilmente riconoscendo il pericolo posto dalla violenza e dalle mire egemoniche insite nell'Islam, ha giocato la carta della "dhimmitudine" nella speranza di ridurre la violenza contro le comunità cristiane in Medio Oriente e nei paesi a maggioranza islamica e di proteggerle anche in futuro da attacchi, oltre che per ragioni di dialogo interreligioso e fratellanza universale volti a scardinare le basi di quella violenza. Per quanto riguarda la componente di sinistra della Chiesa, questa ha interiorizzato e idealizzato quella che era più che altro una saggia scelta politica inserendola in un contesto ideologico di sinistra, e quindi sposando la causa Araba e Palestinese e l'anti-sionismo, rispolverando l'antipatia verso gli Ebrei, e a volte persino l'accusa di deicidio, nonché lasciandosi incantare dalla teoria della Jihad difensiva.
Purtroppo, la discriminazione e gli attacchi violenti contro i Cristiani sono continuati senza interruzioni in tutto il Medio Oriente e in tutti i paesi islamici, con un’impennata in Iraq riconducibile alla reazione delle componenti islamiste all'invasione americana. Questa reazione ha però colpito la popolazione civile in generale, maggioranza musulmana e minoranza cristiana, mietendo più vittime tra i musulmani stessi, anche come percentuale. L'invasione non ha promosso maggiore violenza esclusivamente verso la minoranza cristiana, che ha sofferto più che altro come componente della popolazione civile. Questa mancanza di specificità vale la pena di essere sottolineata perché smentisce un'altra implicazione della teoria della Jihad difensiva: le vittime della violenza islamica non sono solo gli occidentali o i Cristiani, sono anzitutto i musulmani stessi, ma anche gli Ebrei, gli indù, gli animisti etc.

In Sudan, come già ricordato, è in atto ormai da anni un genocidio contro Cristiani, musulmani non ortodossi, animisti, tutti accomunati dal fatto di essere africani, neri, e poveri, e non, come prevedrebbe la teoria della Jihad difensiva, occidentali, bianchi e ricchi.
Diversi presidenti degli USA, per lo più ideologicamente appartenenti alla sinistra americana, hanno istintivamente aderito alla teoria della Jihad difensiva e l’hanno testata sul campo.
Carter la mise alla prova con la sua gestione benevola e comprensiva della rivoluzione Khomeinista, costringendo lo Shah a consentirne l'attuazione. Risultato? I rivoluzionari decisero di ringraziare in modo spettacolare gli USA con il sequestro dell’ambasciata a Tehran il 4 novembre del 1979, l’attentato di Hezbollah contro i Marines in missione di pace in Libano il 18 aprile del 1983, e coniando il lusinghiero appellativo di “Grande Satana”.

Reagan nell’ambito della Guerra Fredda fornì un appoggio economico e militare decisivo per la liberazione dell’Afghanistan ad Osama Bin Laden e i Mujhadin contro l’Unione Sovietica.

Sebbene questo venga utilizzato dai detrattori degli USA per criticarli e liquidare l’attacco terroristico dell’11/09/2001 come la “logica” conseguenza di aver stabilito un patto con gli islamisti della futura Al Qaeda, sarebbe logico aspettarsi il contrario sulla base della teoria della Jihad difensiva, ovvero una qualche forma di riconoscenza per l’aiuto ricevuto.
Clinton scelse di intervenire militarmente contro i Serbi di Milosevich a difesa delle popolazioni musulmane del Kosovo e mise in gioco tutta la sua influenza ed il suo prestigio personale per portare Israele e i Palestinesi al tavolo delle trattative per la pace a Camp David.

Nel frattempo, Osama Bin Laden, per mostrare la “proverbiale riconoscenza” del mondo islamico, diede inizio ai preparativi per una “grande festa” in onore di Reagan, Bill Clinton e degli USA da celebrarsi in occasione dell’anniversario della sconfitta dei Turchi da parte degli eserciti Cristiani guidati dal sovrano polacco Jan Sobieski alle porte di Vienna l’11/09/1683, festeggiamenti a cui parteciparono gioiosamente anche le popolazioni dei paesi islamici danzando per le strade, o più discretamente, trasformando all’istante Osama Bin Laden nel nuovo “Robin Hood” islamico.

Obama, il presidente più filo-islamico della storia, ideologicamente di estrema sinistra, ha aderito entusiasticamente al club dei sostenitori della teoria, nonostante il tragico fallimento dei suoi predecessori, spingendosi fin dove nessuno aveva osato prima con la sua decisione di:

  • rendere parte integrante del suo mandato scusarsi in ogni occasione possibile coi musulmani del presunto imperialismo americano
  • sposare la causa Palestinese spingendosi fino al punto di minare la sicurezza di Israele chiedendo il ritorno ai confini indifendibili del 1967
  • soddisfare le presunte aspirazioni alla libertà e autodeterminazione dei musulmani con una serie di iniziative, tra cui a titolo d'esempio: costringere uno dei migliori alleati in Medio Oriente, Mubarak, a dimettersi per consentire elezioni democratiche in Egitto; intervenire militarmente in Libia contro Gheddafi per liberare quelle popolazioni dal giogo imposto con il supporto dei governi occidentali; promuovere un aumento delle quote di immigrazione dai paesi islamici verso gli USA; devolvere milioni di dollari in aiuti economici ai Palestinesi in un momento di grave crisi dell'economia americana; ritirarsi prima dall’Iraq e poi dall’Afghanistan.
  • rinunciare al tradizionale ruolo di "sceriffo del mondo" degli USA evitando di interferire con le vicende interne di altri paesi, anche quando erano in corso violazioni dei diritti umani e crimini contro l'umanità: rafforzando i rapporti diplomatici con la Turchia, nonostante la deriva verso l'islamismo, e gli arresti arbitrari di giornalisti e ufficiali dell'esercito; guardandosi dal fare pressione sul governo Iraniano perché cessassero i massacri dei civili iraniani che protestavano per le frodi elettorali; restando a guardare di fronte al genocidio in Sudan.

Risultato?

La violenza e l'odio anti-americano e anti-occidentale non sono diminuiti, anzi crescono esponenzialmente di giorno in giorno, come hanno dimostrato i recenti tragici attacchi alle ambasciate americane in Libia ed Egitto, fatti coincidere con l’anniversario degli attacchi dell’11/09/2001 perché il messaggio di gratitudine per l’impegno a favore dell’Islam e la libertà delle popolazioni islamiche del Medio Oriente riecheggiasse forte e chiaro fino alla Casa Bianca e ai timpani del Presidente Obama: “Siamo tutti Osama Bin Laden”.

Gli USA restano il "Grande Satana" di sempre, sia per gli Sciti che coniarono la definizione, sia per i Sunniti. Anche il "Piccolo Satana", Israele, ha testato la teoria della Jihad difensiva più volte, ritirandosi unilateralmente dalla striscia di Gaza nel 2005 per promuovere la pace, per citare una delle decisioni più eclatanti. Come risultato, i Palestinesi hanno eletto gli estremisti di Hamas alla loro guida aumentando il livello dello scontro fino a costringere Israele a lanciare l'operazione "Cast Lead" nel dicembre 2008 per porre fine al lancio indiscriminato di migliaia di missili da Gaza sulle abitazioni civili israeliane oltre confine.

E per quanto riguarda l’ultima previsione della teoria, anche questa non trova riscontro nella realtà. Infatti, anche se non tutti i musulmani sono terroristi, con rare eccezioni, i terroristi sono tutti musulmani; in Afghanistan, Iraq e nel resto del mondo gli attacchi a moschee e fedeli riuniti in preghiera sono perpetrati da altri musulmani, non da Cristiani o Ebrei; nell’Africa sub-sahariana, nonostante nel corso della storia dell’islamizzazione del continente africano siano stati brutalmente trucidati circa 120 milioni di Cristiani e animisti, e i massacri continuino, i Cristiani non hanno lanciato una Guerra Santa contro i musulmani; gli Ebrei, a dispetto della Shoa, non hanno mai intrapreso una feroce campagna terroristica contro i Tedeschi per vendicare i terribili torti subiti; i nativi americani, pur potendo vantare innegabili ragioni storiche di rivalsa contro gli invasori bianchi, vivono pacificamente nelle riserve e gestiscono i Casinò; gli Indiani non si fanno saltare in aria nella metropolitana di Londra per punire gli Inglesi per il passato coloniale; i Tibetani non stanno seminando il terrore a Pechino o in altre città della Cina.

I fatti confutano la teoria della Jihad difensiva, non importa quante volte si ripetano testardamente gli esperimenti nella speranza che un giorno possano dare risultati diversi. L'odio degli islamici è implacabile, perché è parte integrante dell’Islam. Esso non dipende anzitutto da alcuna azione che il resto del mondo possa aver compiuto o non compiuto ai loro danni, anzi il livello di aggressività e violenza cresce all’aumentare dei gesti di riconciliazione ed amicizia nei loro confronti, pertanto non c’è nulla che si possa fare per eliminarlo o ridurlo. O l'Islam cambia la sua natura e implode, oppure non esistono alternative all'uso della forza per arrestare la sua marcia.

“La gallina del terrorismo islamico è nata molto prima dell’uovo dell’invasione dell’Afghanistan”, nel 610 D.C. per la precisione.