Cari amici, come genitore dedito all’educazione dei figli, mi ha interessato la decisione odierna dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) di considerare la dipendenza dal gioco digitale come una malattia mentale. L’Oms precisa che la dipendenza da gioco digitale consiste in “un modello di comportamento di gioco persistente o ricorrente (gioco digitale o videogame), che può essere online su Internet o offline e che prende il sopravvento sugli altri interessi della vita“. Per poter parlare di malattia mentale devono essere presenti alcune condizioni specifiche: perdita di controllo sul gioco (in termini di frequenza, durata, intensità); la crescente priorità che viene data a questa attività a discapito di altre attività quotidiane; il continuare a giocare con le stesse modalità nonostante il verificarsi di conseguenze negative per la salute. L’Oms sostiene che la dipendenza da gioco digitale è di “gravità sufficiente a causare una compromissione significativa nelle aree di funzionamento personali, familiari, sociali, educative, professionali o di altro tipo”. Secondo la ricerca Espad 2018 sono 270mila i ragazzi che nei confronti di internet hanno un comportamento “a rischio dipendenza”. 

 

Cari amici, a me interessa evidenziare come la rapida transizione della nostra società dalla dimensione del rapporto reale a quella del rapporto virtuale, stia producendo delle patologie comportamentali che si traducono in vere e proprie malattie mentali. Come lo è la ludopatia, intesa come gioco d’azzardo patologico, che si sta alimentando e amplificando proprio a causa della diffusione del gioco d’azzardo online, in parallelo alla proliferazione delle sale giochi con le slot machine. 

Come genitori siamo alquanto disarmati. La comunicazione virtuale si sta rapidamente sovrapponendo e spesso sta prevalendo sulla comunicazione reale. Lo stesso accade per i giochi, il divertimento come ad esempio la visione di un film, l’informazione intesa come ricerca di notizie. Sempre più spesso si predilige la fonte virtuale rispetto a quella reale. Che significa sostanzialmente giocare, divertirsi e informarsi in solitudine, anziché in compagnia rapportandosi a oggetti reali, un pallone, una sala cinematografica o un libro. Persino la scuola tende a favorire strumenti di apprendimento virtuali, come il computer, rispetto a quelli reali, i testi cartacei. 

Personalmente valuto positivamente lo strumento virtuale fintantoché permane uno strumento al servizio della persona e fintantoché la persona permane radicata nella dimensione della vita reale. Sono invece estremamente preoccupato per la graduale perdita del rapporto con la realtà da parte dei nostri figli, al punto che finiscono per trasformarsi in succubi dello strumento virtuale. 

Come genitori e insegnanti dobbiamo mobilitarci per salvaguardare l’ancoraggio forte e certo dei nostri figli con la vita reale, che comporta anche l’accettazione dei doveri, delle regole, della responsabilità e del 

sacrificio, prevenendo che vengano fagocitati dal miraggio di una vita virtuale con l’illusione di poter beneficiare soltanto di diritti e libertà senza alcun limite, a prescindere da tutto e da tutti.