Un giorno squillò il telefono a casa mia. Era Oriana. Più che discreta. Più che timida. Più che imbarazzata. Eppure era un fiume in piena. Inarrestabile. Insaziabile. Per un verso era una voce esile che prefigurava un'esistenza destinata a assottigliarsi. Dall'altra era una passionalità travolgente e una volontà indomabile che ti facevano toccare con mano una linfa vitale inestinguibile.
  
Fu Oriana a cercarmi e non avrebbe potuto essere diversamente. Lei rifiutava categoricamente qualsiasi contatto umano, ad eccezione delle persone con cui lei decideva di parlare al telefono o raramente di incontrare. Era semplicemente impensabile e concretamente impossibile poter parlare con Oriana di propria iniziativa. La sua decisione di vivere in una sorta di fortezza in cui si era auto-reclusa, selezionando e filtrando le persone con cui interagire, si doveva sia ad una sua scelta di vita sia alle precarie condizioni di salute che, a causa di un tumore, era ridotta a pelle e ossa. Comprensibilmente Oriana non voleva mostrarsi in quello stato, voleva che la sua immagine fisica restasse quella immortalata dalle tante fotografie che l'hanno ritratta sui vari fronti del suo impegno giornalistico, dalle guerre in Medio Oriente e in Vietnam, alle storiche interviste con i protagonisti del suo tempo.

Di fatto Oriana avrebbe comunque scelto di selezionare le persone con cui avere un rapporto, perché pur non avendola in passato conosciuta di persona, ho compreso che lei l'aveva sempre fatto, che era parte integrante e caratterizzante della sua personalità, dove il suo “ego” superlativo e dominante non avrebbe potuto confrontarsi con chi non fosse degno e meritevole della sua attenzione, del suo tempo preziosissimo, di un incontro che, per un verso, doveva essere reciprocamente arricchente e, per l'altro, doveva certamente affermare il suo primato e la sua superiorità. Chiunque abbia conosciuto Oriana conferma che aveva un carattere particolarissimo, impegnativo da gestire sul piano della regolarità relazionale e del confronto paritario, difficile da orientare verso uno sbocco concepito come costruttivo da entrambi. Il rapporto con Oriana non poteva che basarsi sul riconoscimento, l'accettazione e la consacrazione della sua superiorità, affidando a lei la conduzione di una relazione di cui solo lei decideva tutto nei minimi dettagli, da quando può iniziare, come può svolgersi, fino all'inevitabile conclusione non appena lei percepisce il minimo screzio, la minima trasgressione di un patto non scritto ma che si pretende codificato nell'animo dei pochissimi fortunati a cui lei si concedeva.