Cari amici, ringrazio ed apprezzo l’amica Elisabetta Gardini che ha denunciato, in seno al Parlamento Europeo, la politica deleteria e disumana della sinistra nei confronti dei 40 mila Rom residenti in luride baraccopoli, così come ha chiesto a Cécile Kyenge di ringraziare l’Italia che l’ha accolta e le ha consentito di diventare ministro della Repubblica. E colgo l’occasione per sottoporre alla vostra attenzione il tema cruciale della nostra cittadinanza italiana e della pretesa cittadinanza europea.

Elisabetta Gardini, europarlamentare di Forza Italia che aderisce al Gruppo del Partito Popolare Europeo, è intervenuta nell’Aula del Parlamento Europeo sul tema dei Rom in Italia dicendo: “Possiamo noi con tutti i fondi che vengono messi a disposizione non risolvere il problema, per portare i bambini a scuola, per dare alle donne e agli uomini le stesse opportunità? Possiamo noi non vedere che 40 mila persone vivono in quelle condizioni, con i bambini che troviamo di fronte al supermercato in orario scolastico a prendere i carrelli e a chiedere l’elemosina? Cari signori di sinistra dovreste un po’ vergognarvi, perché voi con tutte le vostre cooperative e associazioni che vivono di questi fondi, voi non volete risolvere il problema, lo perpetuate e lo strumentalizzate. È una vergogna!”. 
A questo punto la Gardini si è rivolta a Cécile Kyenge, ex ministro dell’Integrazione (28 aprile 2013 - 22 febbraio 2014) e dal 2014 europarlamentare del Partito Democratico: “Parlerà anche la Kyenge, che è la dimostrazione che non siamo razzisti, non è nata in Italia, è stata ministro e adesso siede qua a rappresentare l’Italia. Dica qualche volta grazie al Paese che l’ha accolta e che l’ha fatta ministro”. 
La Kyenge ha chiesto la parola per un “richiamo al regolamento”, un stratagemma per poter parlare quando non è previsto l’intervento, e ha detto visibilmente irritata: “Io chiedo che venga esaminata attentamente le dichiarazioni dell’onorevole Gardini. Perché non si può permettere di arrivare qui e di dire che noi sopportiamo lei. Io sono cittadina europea eletta dai cittadini italiani. Chiedo che vengano esaminate le sue parole.”

La cittadinanza dell'Unione europea esiste formalmente, è stata istituita dal Trattato di Maastricht del 1992 ed è stata sancita dal Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1° dicembre 2009. I cittadini di uno Stato membro sono automaticamente anche cittadini dell'Unione Europea. Ma la cittadinanza europea non esiste sostanzialmente perché di fatto l’Unione Europea non è né uno Stato nazionale né una Confederazione o una Federazione di Stati. Per il diritto internazionale l’Unione Europea è una organizzazione internazionale sui generis, un eufemismo per non esplicitare la sua realtà totalitaria e autoritaria. Perché a differenza di altre organizzazioni internazionali, ad esempio le Nazioni Unite, l’Unione Europea ha un potere invasivo, impositivo e coercitivo, prevalendo sul piano della legislazione, giudiziario, finanziario, economico, controllo delle frontiere e accoglienza degli immigrati, imponendo agli Stati membri l’80 per cento delle leggi europee, il primato delle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulle sentenze dei tribunali nazionali, il rispetto di rigidi parametri finanziari, la sottomissione alle direttive della Banca Centrale Europea in particolare per gli Stati che hanno aderito all’euro, l’eliminazione delle frontiere nazionali e l’obbligo di accogliere gli immigrati anche se si tradurrà nella sostituzione etnica della popolazione autoctona. 

Tornando alla Kyenge, come tutti i ministri anche lei aveva prestato il seguente giuramento assumendo la carica di Ministro dell’Integrazione: « Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione.» Eppure nella sua prima dichiarazione alla stampa il 3 maggio 2013, la Kyenge volle chiarire che lei non è e non si sente una cittadina italiana ma è e si sente depositaria di una doppia cittadinanza: “Sono italo-congolese e, tengo a sottolinearlo, sono italo-congolese perché appartengo a due culture, a due paesi che sono dentro di me e non potrei essere interamente italiana, non potrei essere interamente congolese, ciò giustifica anche la mia doppia identità, ciò giustifica ciò che io mi porto dietro. Questa è la prima cosa con cui io vorrei essere definita”. E da ministro le prime due rivendicazioni da lei sostenute furono la concessione automatica della cittadinanza italiana a tutti coloro che nascono sul territorio italiano e l’abrogazione del reato di clandestinità. 

Cari amici, la cittadinanza non è un pezzo di carta che si può variare, raddoppiare o triplicare, o anche stracciare. La cittadinanza è essenzialmente un atto d’amore assoluto che ci lega in via esclusiva all’Italia. Noi siamo orgogliosamente cittadini italiani, non cittadini sdoppiati divisi tra due o più identità, o cittadini fantomatici di un’inesistente entità europea. Noi siamo italiani e l’Italia è la nostra Patria, la nostra casa comune.