Cerchiamo in questo articolo di riassumere concetti di base e tracciare la via migliore per permettere all’Italia di tornare a crescere. Cominciamo col dire che la crisi economica è certamente un problema globale, ma nella realtà, si è tradotta in un marcato peggioramento delle economie reali  solo in alcuni Paesi, mentre altri hanno ben assorbito le turbolenze del settore bancario e finanziario.
In Italia abbiamo subito un vero tracollo; siamo riusciti a trasformare una crisi finanziaria in una depressione economica vera e propria, stile 1929 in cui la gente non si rende conto del perché tutto di punto in bianco sembra andare a rotoli.
Graficamente possiamo facilmente verificare come l’Italia sia tra le economie maggiormente in difficoltà:

Perché noi stiamo soffrendo una profonda depressione mentre altri grandi economie riescono a limitare i danni?
I motivi del perché l’Italia sia in una siffatta situazione sono :
Avere aderito all’euro rinunciando di fatto ad una propria politica monetaria;
L’aver pagato per decenni tassi sul debito ben superiori al tasso d’inflazione a causa del divorzio tra la Banca d’Italia ed il Tesoro del 1981;
La globalizzazione selvaggia che ha di fatto permesso l’invasione fuori controllo di merci e lavoratori a basso costo da tutto il mondo, penalizzando beni, servizi e lavoratori europei.
Dunque non sono i politici intrallazzatori, l’evasione fiscale, l’economia sommersa le ragioni della crisi attuale. Certo il malcostume in Italia è presente  ma non è prerogativa esclusiva di noi italiani; in tutto il mondo si ruba, si corrompe ,si evade il fisco.
Come noto, al capezzale del nostro Paese sono giunti consigli, indicazioni, direttive della “troika” che hanno da subito imposto il rigore nei conti, il pareggio di bilancio, l’aumento delle imposte, il Fiscal compact ed altre fesserie totali. Sono tutte, ma proprio tutte indicazioni sbagliate e prova ne è il fatto che dopo anni di cure a base di austerity siamo messi peggio , molto peggio dell’inizio della crisi.
Al solito per chi non credesse, ecco una tabellina riassuntiva del bravo Paolo Rebuffo:


Servono commenti? Che dite continuiamo con le stesse cure a base di austerity e tasse  o forse è il caso di cambiare terapia prima che sia troppo tardi?
Ci hanno fatto credere che la ragione della crisi sta nel debito pubblico eccessivo, ma è una frottola: il nostro indebitamento complessivo, sebbene elevato è in linea con quello di molti altri paesi e nettamente inferiore a quello di Francia, Spagna, USA, UK,Corea, Svizzera.
Il problema che invece rappresenta un severo limite alla crescita economica del nostro Paese è rappresentato dal livello della pressione fiscale, che in taluni casi raggiunge punte del 70% .
Ma questo pare non essere ben compreso dai governi che abbiamo avuto negli ultimi anni, preoccupati sempre e solo di aumentare le imposte, dirette ed indirette (Monti e Letta).

Servono commenti? Neppure qui credo. Andiamo avanti allora.
Il problema è dunque “tagliare le tasse”. Ma come?
Dall’Anno del Signore 2008, le Banche Centrali a livello mondiale hanno dovuto, per impedire il ripetersi di un collasso del sistema bancario stile 1929, creare moneta per più di 10.000 miliardi di dollari assolutamente a costo zero, semplicemente accreditando delle poste contabili , come risulta evidente anche dal seguente grafico:

Questa cosiddetta “stampa di moneta” viene presentata al pubblico da parte degli economisti e dei tecnici, come una misura assolutamente transitoria, pericolosissima e che pertanto va limitata nel tempo e nell’ammontare. Vorrei glissare sul ruolo degli economisti in questa fase storica giacché sarei costretto ad esprimere giudizi non lusinghieri nei confronti della stragrande maggioranza di costoro.
Andiamo avanti. Come detto il punto centrale è “ridurre le tasse” ma il problema è come farlo.
La tesi che qui si espone non è quella d’incrementare il livello raggiunto dalla spesa pubblica in Italia. (aumentare il livello di spesa è quanto propugnano i sostenitori della MMT, il Manifesto di Bagnai ed altri).
Sarebbe importante ovviamente ridurre gli sprechi e razionalizzare la spesa dello Stato anche al fine di dare maggiori risorse al settore privato, che si trova oggi in grave sofferenza.
Ma questo richiede tempo e non è essenziale per risollevare subito l’Italia dalla Depressione.
La lotta agli sprechi può attendere, così come anche la caccia all’evasore.
Quanto alle riforme, anche queste si faranno dopo che l’economia sarà ripartita ed in grado di assorbire misure riformatrici degne di questo nome.

La prima cosa da fare è ridurre il peso degli interessi sul debito pubblico, seguendo quella che è una via tracciata dalle altre nazioni che attraverso la “stampa di moneta” (leggasi Quantitative Easing, Abenomics,…) ricomprano il loro debito comprimendo i tassi d’interesse che lo Stato paga a circa l’1% (non il 4,3% che noi pirla paghiamo oggi in Italia).
Questo vorrebbe dire risparmiare ogni anno decine di miliardi di euro d’interessi passivi (che altro non sono che tasse sui cittadini da prelevare).
Dal momento che i soldi provenienti dai vari QE sono destinati all’acquisto di bonds, mutui cartolarizzati ed altre diavolerie finanziarie, questi non creano alcuna inflazione. Ed infatti dell’inflazione non v’è traccia. Andiamo avanti.

Quello che qui si propone è che l'Italia possa fare quello che fanno tutti gli altri paesi
(fuori dall'euro), cioè che la Banca d'Italia ricompri gradualmente i BTP come fa la Banca
di Inghilterra. Non ci si sogna di proporre che dei soldi vengano dati alla Regione A, all’Ente
pubblico Y da spendere per assumere amici di amici. Si vuole stampare moneta per ricomprare i BTP (maledetti BTP) e per ridurre il loro tasso all’1%, risparmiando interessi ed in questo modo abbattendo la spesa pubblica.

La domanda a questo punto però è la seguente: restando nell’euro, si può realizzare una simile politica attraverso il riacquisto del debito da parte della Banca D’Italia?
La risposta è ovviamente no. Tuttavia esistono altre numerose possibilità per ridurre gli interessi sul debito e conseguentemente ridurre la spesa pubblica e le imposte.

Cominciamo con il prendere in considerazione i dati del MEF per l’anno 2012.
Le entrate tributarie risultano essere così suddivise:

 

La migliore soluzione a nostro avviso sarebbe quella di tagliare le imposte dirette nel 2014, per una ammontare complessivo di 150 miliardi di euro (nel 2012 il gettito derivante dalla imposte dirette è stato di 228 miliardi), quindi una riduzione delle imposte dirette del 65%.
Come fare ?
Attraverso l’adozione dei Certificati di Credito Fiscale di Marco Cattaneo; in questo modo si riuscirebbe a ridurre  di 100 miliardi le tasse sulle aziende e di 50 miliardi le tasse sul lavoro, creando 150 miliardi di potere d'acquisto immediatamente. Questo senza uscire dall'euro, senza cancellare o rinegoziare i trattati europei, utilizzando solo i poteri attuali del governo italiano nell'ambito dell'Eurozona. I certificati proposti da Cattaneo puntano al fatto che in due anni il reddito nominale dell'Italia cresca di almeno 300 miliardi circa, per cui anche se lo Stato perde 150 mld di tasse a regime lo compenserà con l'incremento di reddito  .

Questo discorso sulla riduzione di tasse tramite i CCF è corretto, ma potrebbe esserci una nuova recessione  nell'Eurozona o anche nel mondo e il mercato finanziario potrebbe  comunque attaccare speculativamente l'Italia perché vede che lo Stato italiano rinuncia a 150 mld su 714 di entrate contando  poi sulla ripresa dell'economia per recuperarli in due anni. Potrebbe dunque esserci un nuovo attacco speculativo sul BTP  con conseguente innalzamento dei tassi passivi sul debito.

Bene, per evitare questa evenienza nel periodo iniziale che è quello critico se lo Stato smette di emettere BTP sostituendoli con BOT a valenza fiscale (ovvero utili ed accettati per il pagamento delle imposte) e fai un accordo con le banche italiane perché li comprino loro all'1%, questo riduce automaticamente il costo dell'indebitamento e taglia fuori il "mercato" perché per due anni ad esempio sono le banche italiane che comprano i BOT. Possono farlo ? Sicuro, i BOT non richiedono capitale addizionale secondo Basilea!

Sono soluzioni logiche e pratiche, che sono state proposte per altri Paesi o che sono
adottate già da altre nazioni in diverse forme e sotto nomi diversi:
1) emettere dei BOT "a valenza fiscale" che quindi non perdono valore perché sono
accettati alla pari dallo Stato per pagare le tasse (eliminazione della speculazione);
2) emettere solo BOT al posto dei BTP e farli comprare alle banche italiane all'1% , riducendo il costo degli interessi passivi sul debito. Attraverso poi la crescita del reddito nominale, PIL più inflazione, si riuscirà a ridurre il debito pubblico anno dopo anno, senza austerity, senza pareggio di bilancio, senza aumento delle tasse.

Come noto i BOT costano in termini d’interessi, sempre un quinto dei BTP che hanno scadenza lunga per cui automaticamente riducono il costo degli interessi dell'80%. I BOT non richiedono capitale addizionale alle banche secondo Basilea e se offri un rendimento appena sopra il costo della raccolta bancaria, non si aggravano  i  bilanci delle banche. Ma come fare per far comprare Bot alle banche commerciali?
La logica è che le banche di fatto sono garantite in tre o quattro modi diversi oggi dagli Stati e quindi possono ricambiare il favore aiutando ad aggirare il vincolo del mercato finanziario: infatti lo Stato garantisce la loro stessa esistenza  attraverso:
la garanzia sui depositi dei correntisti;
la garanzia sulle obbligazioni bancarie;
la partecipazione dello Stato ai vari fondi di salvataggio europeo (ELA, LTRO,..);
i vari prestiti obbligazionari corrisposti ad istituzioni finanziarie in difficoltà (MPS,Tercas,…)
3) Oppure od insieme alle misure sopra descritte, lo Stato si potrebbe finanziare come sta facendo la Cina che finanzia i deficit pubblici direttamente con prestiti bancari all'1%. Questo era il sistema che usava in realtà anche la Germania negli anni '70. In pratica il Tesoro italiano si farebbe erogare prestiti all'1% circa, scadenza 2/3 anni, da Intesa, Unicredit, Ubi Banca o anche semplicemente dalla Cassa Depositi e Prestiti. (leggasi  l'articolo del 2011 di Richard Werner, l'economista che ha inventato quando era in Giappone nel 1996 la politica di "Quantitative Easing")


Operando in questo modo si realizzerà il cosiddetto QEP (Quantitative Easing for the People) in cui la massa monetaria andrà direttamente nelle tasche dei cittadini e delle imprese sotto forma di una consistente riduzione delle imposte dirette sul reddito, che genererà un innalzamento sia della domanda interna che della competitività del sistema economico nel suo complesso, riportando l’economia verso una crescita che ad oggi pare un vero e proprio miraggio.

Lo ripetiamo ancora:queste soluzioni sono fattibili ora, all'interno dei trattati europei e leggi europee vigenti, senza uscire dall'euro. La brillante e ingegnosa soluzione dei Certificati di Credito Fiscale è fattibile da subito per un governo italiano che voglia effettivamente attuarli. Se si combinassero una massiccia riduzione di tasse di 150 mld come quella proposta da Cattaneo tramite i CCF, con una riduzione dell'80% del costo degli interessi sul debito pubblico avremmo risolto il problema finanziario dell'Italia. Non si continuerebbe più a strangolare l'economia italiana con l'austerità ma anzi, s’invertirebbe la direzione aggirando e sconfiggendo il ricatto dei dannati "Mercati Finanziari".

Resterebbero  altri problemi di corruzione, mafia, moralità, degrado culturale e ambientale, ma
i problemi di tipo finanziario si possono risolvere facilmente.

E’ questa una tesi isolata e bizzarra? In Italia per ora forse sì, ma solo per provincialismo, faziosità, pigrizia mentale. All’estero sia in pratica che in teoria, questa impostazione è discussa a livello della Banca di Inghilterra e proposta da personaggi di primo piano dell’establishment finanziario (prof. Werner, prof. Mosler, prof. Keen,..).

All’estero si discute e ci si confronta su questi temi mentre qui siamo bloccati su Berlusconi, Grillo, Epifani, i 4 miliardi dell’IMU, la CGIL ……. poveri noi!!


Appendice su  I Certificati di Credito Fiscale di Marco Cattaneo

I Certificati di Credito Fiscale. Aziende e dipendenti continuano a versare gli stessi importi
di prima, per tasse e contributi, ma ricevono nello stesso tempo questi Certificati. Immagina
che il tuo netto sia 30.000 € all’anno, mentre al lordo di tasse e contributi al tuo datore di
lavoro ne costi 60.000. Tu continui a percepire 30.000 €. In aggiunta, lo Stato ti assegna un
Certificato per 3.000 € d’importo. L’azienda continua a pagare 60.000 €, ma lo Stato italiano
gli assegna un Certificato per 6.000 €.
I Certificati sono utilizzabili per qualunque pagamento dovuto allo Stato, a partire da
due anni dopo l’emissione. Se nel 2013 ti arrivano Certificati per 3.000 euro, nel 2015
potrai usarli per pagare tasse, imposte, ticket sanitari… perfino multe! In pratica è un forte
sgravio fiscale sul lavoro, con effetti differiti. Inoltre, lo sgravio assume le vesti di un titolo.
Se non ho bisogno dei soldi subito, mi tengo i Certificati. Se no li vendo: hanno un valore
certo, realizzabile a due anni, quindi sarà possibile comprarli e venderli come un titolo di
Stato, con uno sconto basato sugli interessi di mercato.
Punto importante: i Certificati non sono debito. Lo Stato non li rimborserà, ma li accetterà
per qualsiasi pagamento: è moneta, non debito. Rispetto al contante tradizionale, però,
l’utilizzo è differito di due anni. Il differimento serve perché al momento dell’utilizzo i Certificati
ridurranno gli euro incassati dallo Stato. Non è un problema se nel frattempo l’economia è
cresciuta e i maggiori introiti compensano quindi l’utilizzo dei Certificati. Finanzio quindi un
calo delle imposte emettendo una “simil-moneta” utilizzabile nei confronti dello Stato italiano
(non in tutta l’area euro). Se fosse la BCE a stampare euro, ci sarebbe inflazione in
Germania, dove la domanda non è depressa.
La UE non ce lo contesta? No: l’Italia non rimborserà i Certificati in cash: s’impegna solo ad
accettarli in pagamento. E’ sui debiti da pagare cash che abbiamo vincoli con la UE, legati alle
garanzie che sono state fornite. Con i Certificati non stiamo chiedendo nulla a nessuno

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