Lo scopo di questo breve articolo è quello di evidenziare alcune falsità che troppo spesso sono state date in pasto all’opinione pubblica per spiegare l’origine della crisi finanziaria globale ed il suo meccanismo di propagazione al debito sovrano.
In buona sostanza, negli anni ci è stato raccontato che :
- l’origine della crisi è fondamentalmente da ricercarsi nel mancato pagamento delle rate dei mutui e prestiti subprime negli USA, che hanno messo in difficoltà le banche che avevano erogato questi finanziamenti;
- successivamente, lo spettro del default ha colpito il debito sovrano di quei paesi che avevano un livello del rapporto Debito/PIL elevato, iniziando dalla Grecia per poi estendersi ad altri stati, Italia compresa.
Sembra una storia credibile? Eppure è falsa.
Vi sembra credibile che nel 2007/2008, a fronte di un sistema bancario globale con debiti per 142.000 mld di dollari, siano bastati appena 400 miliardi di titoli incagliati (lo 0,28% del totale) per bloccare il credito, far saltare il mercato interbancario globale, costringendo la banche centrali ad iniettare migliaia di miliardi di liquidità?
Come è possibile che le banche abbiano subito perdite nella capitalizzazione di borsa per il 90, il 95% del loro valore?
Se si vogliono realmente indagare le cause che hanno portato alla più grave crisi del sistema finanziario globale dal dopoguerra ad oggi , è necessario focalizzare l’attenzione sul credito bancario e sulle sue modalità di creazione.
Già nel Febbraio del 2007, si cominciavano ad avvertire segni di cedimento e tensione nel mercato finanziario; negli Stati Uniti HSBC e New Century Financial Corp. annunciarono pesanti perdite nel proprio portafoglio subprime, rivelando al mondo intero l’esistenza di questa particolare tipologia di debiti.
I subprime sono prestiti o mutui erogati a clienti definiti “ad alto rischio”. Sono così chiamati perché a causa delle loro caratteristiche e del maggiore rischio a cui sottopongono il creditore, sono definiti di qualità non primaria, ossia inferiore ai debiti prime che rappresentano dei prestiti erogati in favore di soggetti con una storia creditizia e delle garanzie sufficientemente affidabili.
Per definire un mutuo come subprime il sistema americano si basa su un punteggio di credito che classifica tutti i debitori in una scala compresa tra 300 e 850 punti. Negli Stati Uniti tutti coloro che hanno un punteggio di credito inferiore a 620 sono definiti dei debitori subprime.
Nel 2006 i mutui subprime raccoglievano, soltanto nel mercato statunitense, circa 600 miliardi di dollari giungendo così a coprire circa il 20% del mercato dei mutui del Paese.
Inoltre il fenomeno dei subprime si è allargato negli anni dal mondo dei mutui ipotecari a quello del consumo in genere e lo strumento di questa espansione è stato la carta di credito subprime, con tassi d’interesse passivi che superavano anche il 30 per cento.
Generalmente, la banca titolare di debiti ad alto rischio come quelli derivanti dai mutui subprime si tutelava cartolarizzando questi debiti e rivendendoli ad altri investitori.
Le difficoltà e le crescenti insolvenze delle famiglie americane, incapaci di pagare le rate crescenti del proprio mutuo o prestito ad alto rischio, hanno generato una catena di perdite a vari livelli e si sono ripercosse sugli investitori che avevano acquistato le obbligazioni derivanti da queste cartolarizzazioni. In questo modo dalle famiglie, le insolvenze si sono spostate sui mercati.
Complessivamente, nel 2008, circa 400 miliardi di titoli cartolarizzati si sono incagliati dando origine alla più grande crisi finanziaria dell’era moderna.
La domanda da porsi a nostro avviso è la seguente: come è stato possibile che il mancato pagamento di rate su prestiti e mutui subprime per un importo di 400 miliardi di dollari, abbia potuto paralizzare il mercato finanziario ed  interbancario, facendo scomparire la liquidità dal sistema?
La domanda è lecita, in quanto se si analizzano le grandezze in gioco, ci si rende conto di quanto pochi siano in realtà 400 miliardi, specialmente se paragonati all’intero volume di asset ed impieghi bancari globali. Il volume dei debiti totali a livello mondiale è oggi di circa 199.000 miliardi di dollari; nel 2007, era di circa 142.000 miliardi di dollari
I 400 miliardi di subprime USA, rappresentano appena lo 0,28% del totale degli impieghi bancari globali; una frazione risibile, eppure in grado di generare una crisi epocale.
La risposta non va cercata nel sistema bancario tradizionale, ma in quello che viene chiamato shadow banking system, definito così  nell’agosto del 2007, quando Paul McCulley sottolineò che in quegli anni si era andata sviluppando una forma di intermediazione basata su una varietà di veicoli di investimento con elevata leva finanziaria, di conduits (enti societari costituiti ad hoc) e di altre strutture al di fuori del sistema bancario. A differenza delle banche tradizionali che si finanziano prevalentemente attraverso i depositi e hanno accesso, se necessario, alla liquidità della Banca centrale, queste “banche ombra non regolamentate” raccoglievano attraverso il mercato, esponendosi a una potenziale carenza di liquidità, con il rischio di dovere vendere forzosamente e a prezzi ridotti le attività in portafoglio o chiedere supporto alle entità “sponsor”( ovvero alla società che fornisce il proprio ausilio nella quotazione dei titoli (Abs) in un mercato regolamentato).
La dimensione del sistema bancario ombra è passata da  26 mila mld. di dollari ($) nel 2002 a quasi 67 mila mld. di $ nel 2011 ( pari al 111% del PIL mondiale!!), per poi ridursi, secondo l'ultimo Global Shadow Banking Monitoring Report dell'FSB,  a circa 35 mila miliardi di dollari a fine 2013 ; per l'Italia tale valore ammonta a 400 miliardi di dollari (18,4 per cento del PIL).
Il sistema bancario ombra ed il suo meccanismo di creazione di denaro sono la vera causa della crisi finanziaria, che poi si è riflessa sul sistema bancario tradizionale cristallizzando la liquidità.
Nel sistema bancario ombra, una tipica transazione si sviluppa in questo modo: un fondo hedge di Hong Kong acquista 1 milione di euro di BTP o di mutui cartolarizzati e li gira a Goldman Sachs che, a sua volta li presta a Credit Suisse, che infine li gira ad una assicurazione od ad un Fondo monetario od ad un fondo sovrano. Il fondo hedge, GS, Credit Suisse ottengono tutti e tre un milione di euro di credito, moltiplicando per tre il valore iniziale dato “in garanzia”, mentre i fondi sovrani, le assicurazioni, i fondi monetari sono quelli che in pratica prestano denaro reale.
Esiste quindi, in parallelo al sistema bancario tradizionale, un altro sistema non visibile al pubblico, poco conosciuto che coinvolge una dozzina di mega banche, qualche centinaio di fondi hedge, grandi assicurazioni, mega fondi e fondi sovrani. Tra questi operatori si creano una catena di prestiti in cui si reipotecano “safe assets” (in genere titoli di stato, ma anche altre tipologie di asset come mutui cartolarizzati con rating elevati) come pegno, in prestiti che durano da qualche giorno ad alcune settimane ed in cui i titoli a garanzia sono utilizzati fino a tre volte. I prestiti della catena di reipotecazioni sono detti repos, (repurchase agreements), cioè accordi di riacquisto a una data preventivata fissata del pacchetto di titoli dato in pegno.
Il motivo per cui la crisi finanziaria globale (CFG) ha dunque dapprima colpito gli attivi delle banche attraverso la perdita di valore dei mutui e prestiti subprime cartolarizzati (2007/2008) e poi ha finito con l’investire il mercato del debito sovrano di paesi come la Grecia (nel 2009), la Spagna, il Portogallo, l’Italia (crisi dei BTP del 2011), risiede nel fatto che tutti questi titoli di debito risultano essere la “moneta di base” del sistema bancario ombra, l’ingrediente essenziale per la creazione di nuovo denaro.
Non è dunque vero che la crisi del debito sovrano sia legata agli elevati  livelli di debito pubblico, alla spesa fuori controllo.
Nel 2008, quando i titoli cartolarizzati americani “spazzatura” crollarono, il sistema finanziario andò in crisi perché nessuno si fidava più delle controparti e le quotazioni delle istituzioni finanziarie più esposte (quelle con leva maggiore) come Bear Stearns, Merril Lynch, Lehman Brothers crollarono a picco in poche sedute.
Tecnicamente si ebbe una «rottura del meccanismo di trasmissione della politica monetaria», ovvero i tassi a breve smisero di muoversi intorno al tasso MRO e salirono senza sosta.
Nel 2011, quando i BTP italiani persero il 25% del loro valore, si creò una situazione analoga a quella del 2008 e si rese necessario un intervento delle banche centrali, che tramite il Quantitative Easing, crearono  miliardi di dollari per sostenere la crisi di fiducia e liquidità del sistema finanziario globale.
Si comprende dunque ora, perché vi sia così tanta pressione sull’Italia da parte della finanza globale, affinché prosegua sulla via dell’austerità e del pareggio di bilancio.
Il compito dell’Italia è quello di continuare a produrre BTP, un investimento sicuro utile alla proliferazione dello shadow banking system, che li impiega come moneta di base.
La BIS, nel paper 399 del Dicembre 2012, afferma che “For government debt to remain a safe asset, the government must remain solvent. This leaves open the question of how the monetary authorities can help the fiscal authorities to stay solvent. The conventional view is that the monetary authorities should focus entirely on price stability and let the government adjust fiscal policy conditional on low seigniorage. The alternative would be to monetize the government’s debt, which would replace a bad outcome (default) by a worse one (high inflation).”
Il debito pubblico è funzionale al sistema finanziario; occorre produrre BTP “sicuri” da collocare sul mercato per remunerare investitori.
E’ chiaro che produrre debito pubblico è necessario avere deficit annuali, cioè spendere più di quello che si incassa attraverso la tassazione; questi deficit però, potrebbero essere eccessivi e creare dell'inflazione (che deriverebbe da un aumento della domanda interna) od anche condurre ad una svalutazione della moneta, cosa che renderebbe i bonds governativi non più sicuri a causa delle eventuali  perdite sul cambio.
Quindi da una parte ci vogliono tutti questi titoli come i BTP altrimenti il sistema finanziario ne soffre, dall'altra però i governi devono assicurare agli investitori finanziari che comprando questi bonds non avranno perdite dovute a inflazione e svalutazione.
L’unica via per giungere a questo risultato è fare come l'Italia!
Occorre in primis, un bel debito pubblico come quello italiano, che costa un 4- 5% di PIL di interessi l'anno; in secondo luogo, lo Stato deve spendere meno di quello che incassa verso i cittadini italiani (impoverendoli), perché così garantisce agli investitori finanziari che non ci sarà inflazione ed infine, restando nell’Euro, gli investitori non soffriranno  alcun rischio di cambio.
Dato che questi bonds devono rendere ogni anno, ma senza rischio per gli investitori, il Governo deve fare un avanzo di bilancio "primario" (T – G > 0), in modo da non inflazionare mai neanche un poco l'economia reale e rimanere dentro l'Euro che a differenza della infida Lira, garantisce agli investitori offrendo un rendimento reale senza rischio di cambio.
Questo concetto, questo piano potremmo dire, discusso apertamente tra i banchieri centrali di tutto l'Occidente ed i rappresentanti dei mega fondi, richiede per l'Italia l'austerity ad oltranza e rimanere nell'Euro. Perché senza bonds come i nostri BTP, che sono il terzo mercato al mondo per dimensione del debito pubblico, la piramide del mercato finanziario globale non funziona.
Oggi ognuno nell'economia globale ha un suo ruolo: gli americani hanno quello della polizia internazionale, i tedeschi producono macchinari complicati e veicoli di lusso, i cinesi producono quasi tutte le merci di bassa- media qualità, i giapponesi esportano tecnologia e l’Italia produce BTP!
Sotto l'innocente apparenza del discutere "come far funzionare meglio il mercato finanziario" (che parrebbe essere l'unico vero problema dell'umanità) nel paper della BIS si teorizza apertamente che lo Stato è al servizio della rendita finanziaria, che la sua funzione è garantire che chi ha soldi li possa accumulare senza rischio, vivendo di rendita, senza usarli nell'economia ed  investirli in qualche cosa di reale.
Il governo italiano, dal Novembre 2011 in poi, osserva in maniera assoluta le indicazioni che provengono dal sistema finanziario globale, imponendo tasse che strangolano l’economia reale e realizzando Avanzi Primari consistenti (nel 2019, l’Avanzo Primario stimato dovrebbe essere del 4,5% del PIL!!!). La ripresa economica fin quando si seguiranno queste linee d’azione demenziali, è e resterà un miraggio.