Buongiorno amici. Non piango facilmente. Ma questa mattina mi sono commosso vedendo un video, registrato ieri, lunedì 23 aprile, nel suo lettino dell’ospedale pediatrico Alder Hey di Liverpool, che ritrae il piccolo Alfie Evans con gli occhi aperti, che sbatte le palpebre, che segue con lo sguardo le parole del padre, che succhia il ciuccio in bocca come farebbe qualsiasi bambino di 23 mesi. 

Poi ho provato una rabbia incontenibile leggendo che il giudice d’Appello britannico, Anthony Hayden, ha ordinato di staccare la spina del respiratore che tiene in vita Alfie, nonostante la strenua opposizione dei genitori e la straordinaria decisione del Governo italiano di concedergli la cittadinanza italiana, chiedendo il suo immediato trasferimento in Italia per essere accolto nell’Ospedale Bambin Gesù, grazie all’interessamento personale di Papa Francesco. Thomas Alfie, il padre, ha comunicato che il distacco del respiratore è effettivamente avvenuto alle ore 21,17, corrispondenti alle 22,17 in Italia. 

Ebbene non ho potuto trattenere le lacrime quando ho letto che, subito dopo il distacco del respiratore, Tom e Kate, i due giovani genitori di Alfie si sono avvicendati nel praticargli la respirazione bocca a bocca e che Alfie era ancora vivo nove ore dopo il distacco del respiratore. Fino alle ore 8,30 italiane Alfie era ancora vivo. 

Cari amici, pensate all’orrore che ha devastato la mente e l’animo di due giovani genitori alla vista del loro figlioletto che muore sotto i loro occhi perché gli negano l’ossigeno vitale per la sua sopravvivenza. Pensate alla loro reazione naturale ma al tempo stesso ispirata da una volontà sovrumana di far trionfare la vita del proprio figlioletto salvandolo dall’atroce morte per soffocamento ordinata dalla crudeltà di medici e di giudici che hanno venduto la loro anima al dio denaro, condannando a morte un innocente perché tenerlo in vita costerebbe troppo al bilancio della sanità pubblica. Pensate a Tom Evans e Kate James, il padre e la madre, entrambi giovani, che si attaccano alla boccuccia di Alfie per dargli il loro respiro, per tenerlo in vita sostituendosi ai suoi piccoli polmoni e al respiratore meccanico che dalle 22,17 di ieri ha smesso di dargli ossigeno. 

Cari amici, denunciamo denunciamo questa criminale condanna a morte di un bambino di 23 mesi che respira, vede, capisce, è consapevole di ciò che accade attorno a lui, reagisce alle stimolazioni esterne, succhia il ciuccio, alza le braccia e le riabbassa gradualmente controllando i muscoli. Denunciamo la detenzione forzata in un ospedale pediatrico pubblico di un bambino di 23 mesi nonostante l’opposizione dei genitori. 

Denunciamo l’ostinata cattiveria d’animo del giudice che si è opposto al trasferimento in Italia del piccolo Alfie, nonostante la richiesta ufficiale del Governo italiano e la concessione della cittadinanza italiana al piccolo Alfie. 

Denunciamo la barbarie dell’esecuzione della sentenza di morte tramite soffocamento di un innocente, staccandogli il respiratore che gli inalava l’ossigeno ai polmoni. 

Denunciamo l’immortalità dei medici dell’Alder Hey Children Hospital e dei giudici della Corte Suprema della Gran Bretagna e della Corte Europea per i diritti dell’uomo che hanno fatto prevalere il denaro rispetto alla vita, hanno condannato a morte un bambino vivo, attivo e conscio perché costerebbe troppo il trattamento ospedaliero tramite cui respira e viene alimentato. 

Cari amici, diffondiamo il più possibile la nostra solidarietà e il nostro affetto a Tom e Kate, i due giovani genitori che si avvicendano nel praticare la respirazione bocca a bocca del figlioletto Alfie per tenerlo in vita. Sono due veri eroi che si battono non solo per salvare il loro figlioletto, ma per il trionfo della vita sulla morte. 

Facciamo sentire forte il nostro appello affinché la Magistratura e il Governo della Gran Bretagna ordinino la riattivazione del respiratore e il trasferimento di Alfie in Italia. 

Noi italiani lo abbracceremo forte e gli doneremo tutto ciò che si renderà possibile affinché possa vivere. Vivere. Vivere. Vivere. Perché il dono immenso della vita è la vita stessa.