(Il Giornale, 3 giugno 2016) - Settanta anni dopo, la logora recita della “Festa della Repubblica” si è trasformata nello spettacolo che anticipa la “Fine della Repubblica”. A festeggiare sul palcoscenico della sfilata ai Fori imperiali c'erano i becchini, ansiosi di impartire il colpo di grazia a ciò che resta dell'indipendenza, sovranità e dignità della Repubblica.

Con spregiudicatezza hanno reso omaggio alla Tomba del Milite Ignoto, si sono inchinati di fronte al sacrificio di milioni di italiani che con la loro morte hanno dato vita all'Italia, mentre fino a un attimo prima hanno sostenuto che bisogna abbattere le frontiere e le identità nazionali, perché l'Italia è una "zavorra" che ostacola la realizzazione degli "Stati Uniti d'Europa".

Per un giorno hanno esaltato il valore della "Patria", dopo che pubblicamente hanno criminalizzato come  “razzisti”, “nazionalisti”, “antieuropeisti” e “anacronistici” coloro che coltivano l'amore per l'Italia. 

Hanno tessuto le lodi della Costituzione varata dai “Padri fondatori” della Repubblica, mentre si apprestano a calpestarla con il referendum d'Autunno. 

Gli italiani devono scegliere: o difendiamo l'Italia per essere noi stessi a casa nostra, o diventeremo sudditi del Nuovo Ordine Mondiale.

In questo senso il referendum costituzionale di Ottobre ha un valore molto forte, simbolico e politico. Un governo e una maggioranza che in Parlamento hanno votato una riforma non condivisa da larga parte delle Camere possono essere battuti con il “no” alla consultazione. Una consultazione alla quale Renzi ha dato un valore enorme.

Ma la road map passa anche, in una certa misura, dal voto amministrativo: Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna. Votano città importanti. E il premier teme di perdere in più di una. Se così fosse sarebbe un segnale evidente per lui e per i suoi.