(Il Giornale) - Festeggiare la strage di Parigi distribuendo caramelle alla popolazione. È successo a Sirte, dove i terroristi dello “Stato islamico” dell'Isis hanno immortalato le loro gesta pubblicando in Rete alcune foto titolate: "La gioia dei musulmani per il successo degli attacchi benedetti a Parigi”. È l'ennesima testimonianza della cultura della morte che anima il terrorismo islamico. 

Nel comunicato con cui l'Isis ha rivendicato le stragi del 13 novembre, si esalta il suicidio-omicidio dei terroristi: “Un gruppo che ha divorziato dalla vita di quaggiù ha avanzato verso il proprio nemico, cercando la morte nel sentiero di Allah, soccorrendo la propria religione, il suo Profeta e i suoi alleati, e volendo umiliare i suoi nemici. Sono stati veritieri con Allah, noi li consideriamo come tali. Allah ha conquistato tramite le loro mani e ha gettato la paura nel cuore dei crociati nella loro stessa terra. (…) Allah ha facilitato i nostri fratelli e ha accordato loro quello che speravano (il martirio), hanno fatto esplodere le loro cinture esplosive dopo aver esaurito le loro munizioni. Che Allah li accetti tra i martiri e ci permetta di raggiungerli”.

La cultura della morte è pienamente legittimata da Allah nel Corano:
«Allah ha comprato dai credenti le loro vite e i loro beni dando in cambio
il Paradiso, poiché combattono sul sentiero di Allah, uccidono e sono uccisi (…) Chi, più di Allah, rispetta i patti? Rallegratevi del baratto che avete fatto. Questo è il successo più grande». (9, 111)
«Combattano dunque sul sentiero di Allah, coloro che barattano la vita terrena con l’altra. A chi combatte per la causa di Allah, sia ucciso o vittorioso, daremo presto ricompensa immensa». (4,74)
«E non chiamare morti coloro che sono stati uccisi sulla via di Allah, anzi, vivi sono, nutriti di Grazia presso il Signore!». (3, 169)

La cultura della morte è incarnata dalla realtà di Maometto. Nel 627 egli decapitò personalmente centinaia di ebrei maschi adulti della tribù dei Banu Quraiza. Nella Sira, la sua biografia ufficiale, redatta da Ibn Ishaq (trad. Guillaume, p. 464) si legge: “Poi [i Banu Quraiza] si arresero e l’inviato li rinchiuse a Medina nel quartiere della figlia di Harith, una donna dei Banu Najjar. Poi l’Inviato uscì nel mercato di Medina e vi scavò dei fossati. Poi li mandò a prendere e li decapitò in quei fossati. […] Erano 600 o 700 in tutto, anche se alcuni parlano di 800 o 900. Mentre venivano portati a gruppi dall’Inviato chiedevano a Kaab che cosa ne sarebbe stato di loro. Rispose: “Non lo avete capito? Non vedete che lui continua a chiamare e nessuno torna indietro? Per Dio è morte!” Questo continuò fino a che non ebbe finito con tutti loro”.

È consuetudine dei terroristi islamici palestinesi di Hamas distribuire caramelle per festeggiare le stragi degli israeliani. E non si tratta affatto di un fatto isolato. Subito dopo l'11 settembre 2001, si videro folle festeggiare ovunque nei paesi a maggioranza islamica, mentre un sondaggio rivelò che ben il 97% dei musulmani nel mondo erano d'accordo con i terroristi di Bin Laden che avevano abbattuto le due Torri Gemelle e massacrato circa 3000 innocenti. 
Questa cultura della morte, che porta i terroristi islamici a dirci con il sorriso “così come voi amate la vita, noi amiamo la morte”, è la loro vera arma di fronte a cui noi siamo disarmati. Loro hanno sferrato una guerra per affermare ovunque nel mondo la cultura della morte. Noi dobbiamo combattere per difendere il nostro diritto alla vita.