(Il Giornale, 22/7/2015) - Siamo a un passo dalla guerra civile. Lo Stato e la Chiesa, i due poteri secolare e spirituale, si rendono conto che gli italiani non solo non si fidano più di nessuna autorità, ma si sentono traditi e umiliati per il fatto che antepongono l’interesse dei clandestini a quello degli italiani? 
Non si era mai visto che i sindacati di Polizia condannino ripetutamente il ministro dell’Interno e dicano di vergognarsi perché vengono obbligati a usare il manganello contro gente perbene. Tutto ciò in un contesto in cui i cittadini, per tutelare legittimamente il valore delle proprie case e per salvaguardare un sistema di vita improntato alla civiltà e alla sicurezza, ormai non si fanno più scrupoli a insorgere  contro le decisioni calate dall’alto di ospitare i clandestini sul proprio territorio. Non era mai successo che il ministro dell’Interno licenzi in tronco un prefetto, in realtà colpevole di aver obbedito agli ordini e brutalmente usato come vittima sacrificale per placare gli animi dei sindaci, contrari ad ospitare i clandestini e a dover corrispondere loro quote dei loro bilanci sempre più erosi dalla voracità di uno Stato ladrone. E che dire del prefetto di Roma che considera razzisti gli italiani perché difendono i propri diritti e promette che, a prescindere dall’atteggiamento degli italiani, i clandestini verranno comunque insediati? Quanto al parroco che vieta l’ingresso in chiesa ai razzisti italiani nel nome di Gesù e chiamando in causa Papa Francesco, è la testimonianza dell’orientamento prevalente in seno a questa nuova Chiesa che esalta la povertà quasi fosse la condizione per la santità, incurante del fatto che gli italiani sono condannati ad essere poveri dalla dittatura finanziaria, eurocratica e partitocratica.
È incredibile l’ostinazione con cui lo Stato si mette contro i propri cittadini pur di favorire l’invasione di clandestini. Renzi ed Alfano la considerano come un fenomeno naturale pari alla migrazione degli uccelli, ritengono che sia assolutamente pacifico che se in Libia si scannano l’Italia debba spalancare le porte a tutti coloro che accampano una ragione anziché un’altra per mettere piede nel Paese del Bengodi. In una famiglia, se i genitori dovessero occuparsi e destinare le loro risorse non ai propri figli ma a degli estranei, finirebbero in galera. Eppure questo Stato anziché occuparsi e destinare le risorse degli italiani agli italiani stessi, elargisce a piene mani denari, servizi e diritti a stranieri di cui oltretutto non sappiamo nulla, dal momento che si presentano sprovvisti di documenti e declinano le generalità a piacimento.
Così come è sconvolgente l’atteggiamento di una Chiesa che si limita ad attuare solo la prima parte dell'esortazione di Gesù “ama il prossimo tuo”, trascurando del tutto la seconda parte “così come ami te stesso”, che significa occuparsi legittimamente del proprio bene e salvaguardare il proprio interesse. Ci vorrebbe un concilio per chiarire una volta per tutte il concetto di “prossimo”. Perché mai secondo questo Papa il prossimo è obbligatoriamente chi sbarca a Lampedusa accampando motivazioni arbitrarie e comunque tutte da verificare, quando per tutti gli italiani il prossimo è giustamente il figlio che non avrà mai un posto di lavoro stabile, il padre disoccupato, il nonno che non potendo sopravvivere con una pensione inferiore ai 500 euro è costretto ad allungare le mani nel cassonetto dell’immondizia per cercare degli avanzi commestibili? Possibile che questo Stato e questa Chiesa non si rendono conto che gli italiani non ce la fanno più?