Spesso si pensa che in un’amministrazione comunale non sia possibile promuovere politiche a difesa dei valori non negoziabili, in particolare della vita e della famiglia naturale, ma è vero il contrario. Infatti, pur nell’impossibilità di abolire le norme nazionali contro la vita (quali la legge 194/78 sulla legalizzazione dell’aborto), è possibile attuare a livello locale (comunale, provinciale, regionale) serie politiche a tutela della vita e della famiglia, per contrastare il “genocidio censurato” dell’aborto e gli altri attacchi alla persona e alla famiglia naturale.

È mia premura, in questo articolo, illustrarvi come ciò sia possibile.

È utile riflettere su questi punti anche nella prospettiva di stilare un “Patto per la dignità della persona, per la vita e per la famiglia”, facendolo firmare ai nostri candidati alle comunali, e ai responsabili delle attività di volontariato di settore.

VITA

1) E’ fondamentale avviare la collaborazione con il volontariato prolife (ad es. il Movimento per la Vitahttp://www.federvitapiemonte.it, il Comitato Verità e Vita http://www.comitatoveritaevita.it ). Queste associazioni così volenterose possono dare un grande sostegno alla maternità, ed occorrerebbe potenziarne l’attività. Sarebbe auspicabile la promozione dei progetti benemeriti dei movimenti prolife, che spesso sono poco conosciuti; ad esempio dovrebbero essere pubblicizzati, attraverso gli strumenti di comunicazione dell’ente locale, il numero verde SOS Vita, il Progetto Gemma, le Culle per la Vita.

2) I consultori familiari devono indirizzare le donne intenzionate ad abortire verso il volontariato prolife per un colloquio. A questo fine sarebbe opportuno riportare, nei comuni dove ci si presenta, la realtà del protocollo di intesa che il Comune di Forlì ha firmato con i movimenti prolife del luogo, riducendo il ricorso all’aborto del 9%.

3) Un reale sostegno alla maternità potrebbe consistere nell’offrire alle donne con gravidanze difficili un sostegno economico continuativo nel tempo, prendendo esempio dal progetto “Nasko” della Regione Lombardia (http://www.famiglia.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=Redazionale_P&childpagename=DG_Famiglia%2FDetail&cid=1213380543168&packedargs=NoSlotForSitePlan%3Dtrue%26menu-to-render%3D1213276891234&pagename=DG_FAMWrapper ).

Si devono inoltre rendere disponibili strutture residenziali per l’accoglienza temporanea di madri in difficoltà. Sono utili delle convenzioni, secondo il principio di sussidiarietà, con associazioni strettamente di impronta prolife (si veda il caso di Trento, che grazie a incentivi di questo tipo ha un tasso di natalità di 1,6 figli per donna, il più alto in Italia).

4) Occorre favorire i congedi parentali e le politiche a favore delle neomamme per permettere loro di rimanere a casa nel primo anno di vita del bambino.

5) È importantissimo agire culturalmente: per questo sarebbe auspicabile che il comune pubblicasse materiale informativo da distribuire alle donne e alle famiglie, per informarle dei loro diritti negli ambienti lavorativi e delle agevolazioni di cui possono usufruire.

Ci si deve battere anche per una rivalutazione della maternità e della famiglia, promovendo modelli sani e riconoscendo l’importanza per la società del nucleo familiare.

6) Il comune si deve fare promotore della sepoltura dei feti in uno spazio del cimitero ad essi riservato. Questo, oltre a riconoscere loro dignità di persona, trasmetterebbe sicuramente un importante messaggio a livello culturale (è possibile una collaborazione con l’Associazione Difendere la Vita con Maria, http://www.advm.org/).

Un’altra strategia culturale potrebbe prevedere di stabilire in uno spazio cimiteriale e/o in altri spazi pubblici una lapide commemorativa dedicata ai bambini non nati.

7) È necessario promuovere le cure palliative. Nell’ambito degli stati vegetativi e dei casi di disabilità grave, il comune dovrebbe finanziare dei sussidi per le famiglie, favorendo l’assistenza domiciliare del malato al fine di rispettare la dignità della persona anche in quelle condizioni.

FAMIGLIA

8) Sarebbe utile stabilire, come punto programmatico, l’entrata della città in cui ci si candida nel “Network italiano di città per la famiglia”, che unisce ad oggi 54 Comuni provenienti da tutto il territorio nazionale, impegnati a promuovere politiche a sostegno della famiglia.

Il protocollo d’intesa tra i Comuni, che sta alla base del Network, è finalizzato al mutuo scambio di esperienze sulle politiche locali a misura di famiglia e alla possibilità di dar vita, insieme ad un coordinamento aperto, all’adesione di altri Comuni che condividano tale impegno.

Il Network si pone quindi come luogo adatto sia alla condivisione di politiche locali e strumenti amministrativi, sia alla formazione degli amministratori e dei tecnici dei Comuni aderenti.

Sull’esempio di Parma, si potrebbe basare la propria attività su una carta valori incentrata sulla famiglia, e su meccanismi di presidio delle scelte secondo una prospettiva family friend.

9) Occorrerebbe istituire una Consulta delle Famiglie (dove per famiglia si intende quella naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna).

La Consulta è un organo con funzioni consultive e propositive, composto dai rappresentanti delle famiglie, e si è dimostrata fondamentale per la stesura di importanti accordi tra comune e associazioni (si potrebbe studiare ad esempio la collaborazione con il Forum delle Associazioni Familiari http://www.forumfamiglie.org/, e con l’Associazione Nazionale Famiglie Numerosehttp://www.famiglienumerose.org ).

10) Sarebbe opportuno istituire:

a) una tessera per i trasporti pubblici con quota unica agevolata per

-famiglie numerose (da 3-4 figli in su)

-famiglie in precarie condizioni economiche

-famiglie con soggetti “deboli”(disabili, anziani ecc.)

b) una family card (necessaria per l’acquisto dei beni essenziali) per le famiglie di cui sopra

c) un quoziente familiare nel Comune, correggendo il quoziente ISEE.

Si potrebbe prendere spunto dal quoziente di Parma

(http://www.gruppifamiglia.it/anno2011/quoziente%20parma%20regolamento.pdf,http://www.gruppifamiglia.it/anno2011/quoziente%20Parma.pdf ), oppure si potrebbe pensare ad un Fattore Famiglia con l’applicazione di una no tax area (http://www.gruppifamiglia.it/anno2011/Fattore%20famiglia.pdf )

 

11) L’edilizia residenziale sia agevolata se riserva una quota di alloggi per future giovani coppie.

12) Le tariffe, le rette comunali e i tributi dovrebbero tenere conto del carico familiare ed essere rapportati al numero dei componenti della famiglia, oltre che al reddito. Ad esempio si potrebbe dare alla TARSU (tassa per i rifiuti) un limite al numero massimo dei componenti del nucleo familiare che vengono inclusi nel conteggio (da 6 a 4).

In particolare le tasse siano agevolate per le categorie elencate al punto 10 a.

È opportuno che nel valutare i contributi e le agevolazioni da concedere alle famiglie, i figli vengano conteggiati dal concepimento (poiché le spese iniziano fin da allora).

 

13) Occorrerebbe potenziare gli asili nidi comunali (soprattutto quelli privati convenzionati) puntando a fare più convenzioni possibili con enti privati, associazioni e parrocchie, in modo da abbattere le liste d’attesa. È bene tener conto della proporzione dei costi: un asilo comunale costa il doppio di uno convenzionato (13mila euro all’anno contro 7mila).

 

14) Si potrebbe valutare la possibilità di istituire uno “stipendio” per le casalinghe (come già proposto da Magdi Cristiano in occasione delle elezioni in Basilicata), eliminando così eventuali ostacoli lavorativi alla maternità.

DIGNITÀ DELLA PERSONA

15) È quanto mai necessario istituire “sportelli” di informazione comunali mirati sulle varie tematiche:

  • “Sportello vita”. Se non si possono espellere gli abortisti dagli sportelli di informazione, vi sia almeno garantita la presenza dei prolife che informino la donna su cos’è veramente l’aborto, e che le propongano soluzioni ai problemi di qualsiasi natura che la inducono a voler abortire. Il pluralismo dell’informazione tanto osannato dalle sinistre sia garantito anche in questo senso.
  • “Sportello famiglia”, a cui potrebbe essere associato uno sportello per le coppie in crisi, in modo da favorire la conciliazione come alternativa reale alla separazione
  • “Sportello identità sessuale”, destinato a persone con problemi di identità sessuale che chiedano aiuto, per aiutarli a riscoprire la loro eterosessualità e a riconciliarsi con il proprio sesso naturale (è possibile a questo fine studiare una collaborazione con il dottor Roberto Marchesini, tra i massimi esperti in Italia su queste problematiche. Si potrebbe inoltre trarre spunto dall’esperienza “Amico segreto” della Regione Lombardia: http://www.amicosegreto.it/index.html)
  • Sportello disabili
  • Sportello di contrasto alla dipendenza da droga, alcool, gioco d’azzardo
  • Sportello anti-usura

16) Occorre fornire sostegno ai soggetti disabili, nella scuola e in famiglia, e creare una città “a misura di disabile”, eliminando le barriere architettoniche.

17) Bisogna sostenere l’assistenza agli anziani (sia a livello economico e psicologico, sia per le esigenze quotidiane e le necessità di compagnia), anche in questo caso accordandosi con le associazioni attive nel settore (ad es. l’Associazione SEA, Servizio Emergenza Anziani, http://www.seaitalia.org, ecc.)

18) Il comune si faccia promotore di politiche di contrasto alla prostituzione che puntino al recupero delle vittime del racket e alla sanzione penale certa dei clienti e di chi sostiene la tratta.

Un modello potrebbe essere l’ordinanza antiprostituzione del Comune di Roma dove, secondo i dati della questura capitolina, in soli tre mesi il sindaco è riuscito a diminuire fortemente il fenomeno prostituzione.

L’ordinanza antiprostituzione dovrebbe puntare soprattutto sull’effetto deterrente della sanzione penale ai clienti.

19) È importante garantire che i recenti tagli non vadano a incidere sui servizi per disabili (fisici e neuro-psichiatrici). Vanno quindi sostenuti i servizi che li riguardano e finanziate e promosse le cooperative che favoriscono il loro reinserimento sociale.

Un’attenzione particolare va riservata all’autismo: le persone affette da tale malattia stanno aumentando esponenzialmente nella società.

La diagnosi di autismo oggi avviene entro i tre anni, ma gli interventi socio-assistenziali riabilitativi (SSER) partono dai sei anni: è indispensabile abbassare ai tre anni la possibilità di accesso ai servizi delle cooperative specializzate nell’autismo.

(Si ringraziano per i suggerimenti la professoressa Maria Paola Tripoli e per la revisione finale della forma Paola Bettella)