Malgrado la mobilitazione della Chiesa cattolica ieri alla giovane “tata” cingalese Rizana Nafeek è stata tagliata la testa. Era arrivata in Arabia sulle orme di migliaia di altre ragazze dello Sri Lanka, trafficata da agenzie senza scrupoli che avevano dichiarato che aveva 23 anni e non i suoi effettivi 17.

Aveva trovato lavoro come “tata” presso una ricca famiglia di Ryad che l’aveva messa ad accudire il decimo figlio neonato, ma dopo 10 giorni il bimbo le è morto tra le braccia. Una fatalità secondo la ragazza e secondo le organizzazioni per i diritti umani che spiegano che, condotta alla polizia e torturata la giovane è stata costretta a firmare un foglio scritto in arabo (a lei incomprensibile) dove annetteva le proprie colpe.

Una volta tradotto la ragazza ha sconfessato tutto, ma ormai la sentenza era scritta e a nulla sono vale le proteste del suo paese e quelle di Asian Human Right Watch secondo cui “non c’è dubbio che l’accusa di omicidio contro Rizana è sbagliataLe leggi in Arabia saudita sono molto al di sotto di ogni norma di legalità e procedura investigativa universalmente accettate. Nel suo processo, non è stata rispettata alcuna garanzia di trasparenza”.

Anche la Chiesa ha espresso orrore per l’uccisione della minorenne e ha ricordato che sono migliaia le donne cingalesi, filippine e indonesiane che vengono assunte nei paesi arabi ma poi finiscono schiave e vittime di violenze. Naturalmente nessuno ne parla per non disturbare gli emiri del petrolio e così nel braccio della morte saudita ci sono 140 persone, di cui oltre 100 lavoratori stranieri spesso arrestati con l’accusa di “propaganda” cristiana.

Vi immaginate le paginate di denunce se succedesse in Iran?

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SN