da l'Opinione -  Missione di Torino in Israele e Palestina: dal 2 al 5 giugno, sei aziende piemontesi, assieme al sindaco di Torino Piero Fassino.

Oltre ai contatti commerciali e gli incontri istituzionali, di cui si è detto ampiamente nelle cronache quotidiane, altri aspetti della missione, molto meno noti, sono in realtà estremamente rivelatori.

Il Medio Oriente non è un luogo in cui si possa fare semplicemente business, senza toccare temi epocali come il processo di pace, il riconoscimento di Israele, il rapporto fra Islam e Cristianesimo e fra Cristianesimo ed Ebraismo.

 

E infatti, puntualmente, questi problemi sono saltati fuori tutti e senza sconti. Della missione faceva parte anche la Comunità Ebraica di Torino, rappresentata dal suo vicepresidente Emanuel Segre Amar. Ebbene, non ha potuto mettere piede nei Territori contesi, dunque non ha potuto prender parte all'incontro con Mahmoud Abbas (Abu Mazen) a Ramallah, tanto per dirne uno. 

 

La "linea verde", quella dell'armistizio del 1949 (Prima Guerra Arabo-Israeliana) è ancora vista come una barriera insuperabile, anche per i funzionari dell'ambasciata italiana… che non possono andare oltre, per non riconoscere l'"occupazione" israeliana del 1967. Possono recarsi al Consolato italiano dei Territori palestinesi, perché è terra italiana. E possono prendere parte a incontri tripartiti a Hebron, ma solo su auto del Consolato italiano. Ma non possono andare al di là di quello che era il muro divisorio di Gerusalemme fino alla Guerra dei Sei Giorni. Non c'è da stupirsi che nelle cronache italiane si parli sempre di "governo di Tel Aviv", anche se Netanyahu è a Gerusalemme: dalle nostre parti quella città non è mai stata riconosciuta quale capitale dello Stato ebraico. Emanuel Segre Amar è però cittadino italiano. Ebreo, ma italiano, non un cittadino israeliano, tantomeno un "colono" dei "Territori occupati". Il fatto che sia stato escluso dalla visita, sa molto di "Palestina Judenfrei"? Ma forse siamo noi troppo paranoici. Altro piccolo dettaglio che non fa notizia: nessuna delegazione internazionale, nemmeno quella piemontese, visita la mostra su Erode il Grande (fiore all'occhiello del Museo Ebraico di Gerusalemme). 
Per la controparte palestinese, gli ebrei non hanno mai avuto nulla a che fare con la terra che abitano. Si tratta di uno Stato artificiale costruito nel 1948 come "compenso per la Shoah". Una mostra sulla civiltà ebraica pre-diaspora, l'esposizione di reperti archeologici ebraici dell'epoca di un re che visse sotto l'egida dell'Impero di Augusto, dimostrerebbero ai palestinesi che esiste, da tempo immemore, anche un altro popolo su quella terra. Forse è per questo motivo che né Obama né Fassino vengono accompagnati in quelle sale d'esposizione? Ma forse siamo noi troppo paranoici. Segre Amar, non potendo metter piede in terra palestinese, ha dovuto limitarsi ad inviare una lettera ad Abu Mazen, per mano di Piero Fassino. In questa lettera si ricorda al leader dell'Autorità Palestinese che Israele è stata riconosciuta nel 1948 dalla maggioranza delle nazioni rappresentate all'Onu.

«La pace può arrivare solo con il riconoscimento, nel Medio Oriente, di Israele quale Stato nazionale del popolo ebraico - scrive Segre Amar - così come è stato stabilito dalla Legge Internazionale in occasione della Conferenza di San Remo del 1920; l'inserimento dello Stato di Israele in tutte le mappe usate nelle scuole del mondo musulmano, specialmente in quelle palestinesi; la promozione di interazioni fra scienziati, studenti, artisti e atleti; l'abbandono della politica di delegittimazione di Israele nelle Nazioni Unite; la messa al bando di gruppi terroristi dediti all'uccisione di civili israeliani e alla distruzione di Israele; la fine del boicottaggio economico contro Israele e, infine, ma non da ultimo, la proclamazione di editti religiosi che vietano l'uccisione di "infedeli". Signor Presidente, i soldati israeliani non usano bambini come scudi umani quando ingaggiano scontri a fuoco con i terroristi, le scuole e i campi estivi israeliani non fanno il lavaggio del cervello agli scolari per spingerli a commettere atti di violenza contro civili. I religiosi israeliani non tessono le lodi ai bambini che partecipano ad azioni terroristiche».

Abbas, ad oggi, non ha ancora risposto. Ma forse non ha avuto tempo. La Missione Torino ha anche partecipato ad un incontro con monsignor Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme. Anche in questo caso, gli è stata recapitata una lettera, stavolta da parte di Silvana De Mari, presidente dell'associazione Salviamo i Cristiani (fondata da Magdi Cristiano Allam).

 

«Siamo tra le poche persone, pochissime, che in questo momento si stanno preoccupando di organizzare e coordinare gli aiuti ai Cristiani in fuga dalla Siria, Le ricordo che tra gli scopi ufficialmente dichiarati di non pochi dei contendenti in campo c'è il progetto di purificare la Siria dalla Cristianità - scrive la De Mari - La Siria di San Paolo sarà purificata dalla jihad islamica esattamente come purificata dalla Cristianità è il luogo che attualmente si chiama Turchia, luogo santo per il Cristianesimo, dove è stata scritta l'Apocalisse di San Giovanni, dove la Cristianità è uscita dalla clandestinità. Dove un milione e mezzo di cristiani armeni sono stati cancellati dalla faccia della terra come scarafaggi, come esseri inferiori. 
Nel luogo dove è stata scritta l'Apocalisse di San Giovanni di cristiani non ce n'è nemmeno uno. Sono circa 108 i cristiani rapiti in questo momento in Siria, è una tattica per far finanziare la jihad e per spingerli all'esodo, così da terminare la pulizia etnica».

Monsignor Fouad Twal, ad oggi, non ha ancora risposto a questa lettera. In compenso, durante l'incontro con la delegazione piemontese, ha spiegato che coi Territori palestinesi i rapporti siano ottimi. Mentre con le autorità israeliane sono pessimi e che «l'occupazione fa male a occupante ed occupato». Il patriarcato gestisce 31 scuole a Gaza e «I figli di Hamas vengono da noi». Già, a proposito di Gaza: quel territorio governato da un gruppo, Hamas, inserito nella lista nera delle organizzazioni terroriste dell'Unione Europea, ma in quel caso non ci sono problemi a intrattenere rapporti economici e politici. Torino, assieme a Barcellona (Spagna), Cascais (Portogallo), Dunkerque (Francia) e Tromso (Norvegia) è gemellata con Gaza. Fa parte delle città di "EuroGaza". Fassino ha promesso aiuti per lo smaltimento dei rifiuti, considerato un grave problema dall'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati, finanziata lautamente dal governo italiano (oltre che da una rete di supporto di comunità locali) che gestisce i 2/3 dei servizi di Gaza, molto più di Hamas. Disse un commerciante armeno incontrato da Segre Amar, col quale dialogava sulla questione del genocidio armeno: «voi europei, se pensate di aver fatto qualcosa che non va bene, vi scusate, e magari pagate anche un indennizzo. Ma in Medio Oriente non funziona così, qui non si riconoscono mai i propri sbagli. Qui tutti hanno sempre ragione, basta dirlo e continuare a ripeterlo, fino a quando la gente ci crederà». Benvenuti nel "nostro" Medio Oriente.