L’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) è un’Organizzazione Internazionale, di diritto inter-nazionale: i suoi soggetti giuridici sono le Nazioni. Ciascun Membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio - dall’Italia alla Francia, dalla Colombia alla Cina, dall’India agli USA, da Gibuti alla Tunisia – dispone di un voto (art. IX:1 del Trattato OMC) e annualmente versa il proprio contributo finanziario al bilancio dell’Organizzazione (art. VII:4 del Trattato OMC: “Ciascun Membro versa senza indugio all’OMC la sua quota delle spese dell’OMC …”).

All’Organizzazione Mondiale del Commercio l’Unione Europea non ha personalità giuridica, non ha alcun diritto di voto, non versa alcun contributo finanziario. L’Unione Europa figura anch’essa nella lista dei membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio ma, poiché la duplicazione è evidentemente priva di senso (come potrebbe essere membro l’UE se lo sono già i singoli stati europei?), in realtà essa, non avendo, notoriamente, i requisiti soggettivi (art. XII:1 del Trattato OMC) previsti dallo stesso Trattato istitutivo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio per essere Membro dell’Organizzazione, non è titolare di nessuna delle reali prerogative giuridiche (diritti e doveri) dei Membri OMC. Correttamente, il Segretariato dell’Organizzazione Mondiale del Commercio colloca l’Unione Europea tra i gruppi negoziali (http://www.wto.org/english/tratop_e/dda_e/negotiating_groups_e.htm), quei gruppi cioè, come il G-90, il G-10, il G-20, il “gruppo del paragrafo 6” o il gruppo delle Economie piccole e vulnerabili, formati da alcune nazioni (“countries”) a fini di coordinamento nei negoziati (“Molte nazioni hanno formato coalizioni nell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Questi gruppi spesso parlano con una sola voce, facendo ricorso ad un singolo coordinatore o ad un team negoziale). Presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio, dunque, l’Unione Europea non ha nulla a che vedere con il sistema di regole ed organi definito dai trattati comunitari: presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio l’UE è soltanto un portavoce giornaliero degli Stati che le affidano, quel giorno, tale compito. Se l’Italia o la Francia intendono cancellare questo portavoce non devono far altro che esercitare autonomamente il proprio diritto di voto e dunque le prerogative che si associano al loro status di Membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Per l’Organizzazione Mondiale del Commercio i trattati comunitari sono, in poche parole, carta straccia. In sintesi: il gigante di Bruxelles e di Ventotene per il diritto internazionale è un mostruoso ectoplasma.

A Bali, il 7 dicembre, la Conferenza Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, che è l’organo supremo dell’Organizzazione e si compone dei Ministri degli Stati Membri, ha adottato, all’unanimità (le deliberazioni dell’Organizzazione Mondiale del Commercio vengono assunte all’unanimità), uno storico documento, la “Dichiarazione Ministeriale di Bali” (documento WT/MIN(13)/DEC/W/1/Rev.1, disponibile on line: https://mc9.wto.org/system/files/documents/decw1r1.pdf), che contiene richiami ad una serie di altri importanti documenti, a loro volta adottati da diversi organi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. A Bali per il popolo cinese ha votato il Ministro del Commercio dello Stato della Cina, Hucheng Gao; per il popolo egiziano ha votato il Ministro dello Stato d’Egitto, Mounir Abdel-Nour; per il popolo israeliano ha votato il Ministro dell’Economia dello Stato d’Israele, Naftali Bennett; per il popolo del Lesotho, il Ministro del Commercio del Lesotho, Sekhulumi Ntsoaol. Se domandate chi ha votato a Bali per il popolo italiano, dai tecnici e dagli organi ufficiali vi sentirete balbettare risposte strane e incerte. Pur mancando di coglierne le implicazioni, la verità fu esposta chiaramente dal Ministro Zaia, pochi anni fa: “Normalmente – ha precisato il Ministro Zaia – alle sessioni ministeriali è il negoziatore comunitario che esprime il voto a nome dell’Unione Europea. Ma occorre ricordare – ha precisato il ministro – che l’Italia e gli altri Stati membri dell’UE sono tutti a pieno titolo  Membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio per la quale in particolare l’Italia partecipa al finanziamento  con una quota annua di 7,5 milioni di euro. L’Italia, pertanto, è uno dei 152 Membri del WTO ed ha diritto al voto …” (Comunicato stampa del Ministero delle politiche agricole, 10 luglio 2008).

Alla Conferenza Ministeriale di Bali il Governo italiano era rappresentato dal Viceministro dello Sviluppo Economico, on. Calenda, il quale, nel documento ufficiale depositato dall’Italia, ha dichiarato: “Il Governo italiano ritiene che il cosiddetto ‘Pacchetto di Bali’ presentato dal Direttore Generale Azevedo sia un accordo equo e bilanciato”, e ha poi aggiunto: “L’Italia ritiene, infatti, che a Ginevra sia stato raggiunto un buon compromesso. Ciononostante, in qualità di Stato membro dell’Unione Europea, siamo disposti a continuare la discussione con altri membri dell’OMC …”.

Siamo alle solite: la mitologica prospettiva dello Stato europeista prevale sulla realtà, sul diritto, sulla responsabilità di rappresentare gli italiani. La questione è epocale ma dal 15 aprile 1994, data in cui a Marrakech fu siglato il Trattato che istituiva l’Organizzazione Mondiale del Commercio, non è mai stata affrontata. Forse è giunto il tempo di farlo. Il 7 marzo 1994, trentotto giorni prima che i governi nazionali di tutto il mondo si incontrassero a Marrakech (15 aprile 1994) per dare vita all’Organizzazione Mondiale del Commercio, si riunì il Consiglio Europeo per valutare chi, tra le nazioni europee e la Commissione UE, avesse titolo a firmare il nuovo Trattato: in verità anziché una riunione politica sarebbe stato sufficiente ricordarsi che, non essendo uno Stato, l’Unione Europea non aveva alcun titolo per aspirare a sottoscrivere quel Trattato. Alla fine del Consiglio Europeo del 7 marzo 1994 furono messe a verbale le due seguenti opposte dichiarazioni, palesemente inconciliabili: “La Commissione ritiene che l’Atto finale e gli accordi allegati sono di competenza esclusiva della Comunità Europea”; “I rappresentanti dei governi degli Stati Membri hanno concordato … di procedere alla firma … a nome dei loro governi”. Ora come allora, la domanda resta: chi vota per il popolo italiano? Anziché risolvere, una volta per tutte, il dilemma, nel 1994 si tentò di eluderlo e tacitarlo. E così a Marrakech firmarono tutti: la Commissione Europea, il Rappresentante del Consiglio Europeo, i Rappresentanti dei Governi dei singoli Stati. Il Parlamento italiano ratificò il Trattato istitutivo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio con la legge n. 747 del 29.12.1994.

Non ci si rese conto degli effetti dirompenti dell’istituzione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio: con la firma di Marrakech e con la successiva ratifica parlamentare, lo Stato italiano riassumeva in capo a sé tutti i diritti di Nazione, molti dei quali erano stati precedentemente accentrati in capo agli organi comunitari. Nel 1994 il mercato globale soppiantava definitivamente le prospettive del mercato comune europeo e il sistema giuridico dell’Organizzazione Mondiale del Commercio dissolveva definitivamente il sistema comunitario. Il Trattato OMC non può convivere con i Trattati comunitari e dunque, implicitamente, li abrogò. I soggetti protagonisti del nuovo scenario, fondato sul diritto internazionale, sono le Nazioni e tra queste c’è certamente l’Italia. Molti non capirono: “La ratifica supera di fatto la diatriba di carattere giuridico-formale su quale fosse l’organo istituzionale competente all’approvazione” (1994, dichiarazione del Ministro del Commercio con l’estero, Giorgio Bernini). Molti, qualcuno per incredulità, qualcuno per superficialità, qualcun altro per chissà quali altre ragioni, per venti anni hanno irresponsabilmente evitato di porsi domande. Anche chi ha intuito, anziché correre verso la verità, ha preferito fermarsi, frenato forse dalla paura, forse amico più dei dotti colleghi europeisti che della verità stessa. “Fino a un ventennio fa, si poteva a ragione notare l’inadeguatezza del diritto relative alle organizzazioni internazionali .. Ma .. nell’ultimo quarto di secolo l’ordine giuridico globale ha fatto passi da gigante, per cui il diritto gioca in esso un ruolo determinante … Al centro del sistema vi è l’OMC. Attraverso il commercio, questo finisce per regolare – o, meglio, finisce per prestare la sua forza regolatoria – ad autorità diverse, per l’applicazione di regole che riguardano i settori più disparati, dall’ambiente all’agricoltura, alla fauna, alla salute, alla sicurezza alimentare” (Sabino Cassese, oggi giudice costituzionale, “Oltre lo Stato”, Laterza, 2006).

Questa diabolica congiura europeista del silenzio è sinora riuscita a tacitare la questione, così peraltro deformando il quadro entro il quale devono essere assunti gli orientamenti strategici dei decisori politici: “Il negoziato Unione europea – Cina sul WTO viene chiuso il 19 maggio 2000. A questo punto per i singoli Stati europei l’adesione è un atto dovuto” (la dichiarazione, palesemente insensata, è del prof. Giulio Tremonti). Ai pastrocchi di Marrakech fanno seguito dunque, da vent’anni, pastrocchi su pastrocchi (15 aprile 1994-15 aprile 2009: 15 anni di Organizzazione Mondiale del Commercio, 15 anni di pastrocchi europeisti, Dario Ciccarelli, Rivista di Cooperazione giuridica internazionale, n. 34/2010, http://www.dariociccarelli.org/wp-content/uploads/2012/10/15-ANNI-DI-ORGANIZZAZIONE-MONDIALE-DEL-COMMERCIO-15-ANNI-DI-PASTROCCHI-EUROPEISTI.pdf).

Per tentare di nascondere la fine dell’UE gli organi dello Stato italiano, ossequiosamente aderendo agli indirizzi e ai sogni europeisti, negano rilevanza a quel che accade nel mondo e così tradiscono, ogni giorno, la nazione e i princìpi fondamentali della Costituzione (“La questione sollevata dall’onorevole Bastianetto, perché si accenni all’unità europea, non è stata esaminata dalla Commissione. Però, raccogliendo alcune impressioni, ho compreso che non potrebbe avere l’unanimità dei voti. L’aspirazione all’unità europea è un principio italianissimo; pensatori italiani hanno posto in luce che l’Europa è per noi una seconda patria. E’ parso, però, che anche in questo momento storico, un ordinamento internazionale può e deve andare oltre i confini d’Europa”  - Intervento dell’on. Meuccio Ruini, seduta plenaria dell’Assemblea Costituente, sessione pomeridiana del 24 marzo 1947, discussione sul testo dell’art. 11 Cost.).

Il 6 dicembre 2005 fu adottato il primo, finora unico, emendamento agli Accordi dell'Organizzazione Mondiale del Commercio siglati a Marrakech il 15 aprile 1994: si tratta di un emendamento in materia di farmaci salva-vita (cd. "TRIPs amendment") volto a salvare migliaia di vite umane. Ebbene, l'emendamento adottato a Ginevra nel 2005 non è mai stato portato all'attenzione del Parlamento italiano ai fini della ratifica. Anziché seguire le procedure previste dal Trattato dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (art. X:3), che prevede la ratifica da parte dei Parlamenti degli Stati Membri dell’OMC, e anziché seguire le procedure di ratifica contemplate dal Trattato di Marrakech (che, come detto, fu ratificato dal Parlamento italiano con la Legge n. 747/1994), per la ratifica dell’emendamento TRIPs fu adottata una “strana” procedura europeista, palesemente illegittima, attraverso la quale alla ratifica avrebbe inteso provvedere, atteggiandosi a Stato senza esserlo, l’Unione Europea (http://www.wto.org/english/tratop_e/trips_e/amendment_e.htm).

Forse è tempo di svegliarsi dal sogno. Forse, grazie all’accordo di Bali, possiamo renderci conto che ha trionfato il diritto internazionale (lo ius gentium, il “diritto delle genti”) e che dunque il diabolico progetto di un sistema europeista che, isolandosi dal mondo ed imponendosi ad esso, presumesse di disegnare la perfezione terrena è, vivaddio, miseramente fallito.

(Dario Ciccarelli, italiano al servizio esclusivo della Nazione - www.dariociccarelli.org)