L'Associazione italiana medici per l’ambiente – Isde denuncia il fatto che “ad  un anno dalle drammatiche conclusioni  dello studio Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da arsenico nelle acque potabili nelle popolazioni residenti nei comuni del Lazio, ancora  pochi, inadeguati ed insufficienti gli interventi a tutela della salute delle popolazioni dell’Alto Lazio”.

Nell’aprile del 2012 si concludeva lo studio “Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da arsenico nelle acque potabili nelle popolazioni residenti nei comuni del Lazio”, realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale della Regione Lazio

( http://www.deplazio.net/it/attivita/79 ).

Il 20 ottobre 2012 presso la sede dell’Ordine dei Medici – Chirurghi di Viterbo,  la dottoressa Antonella Litta, referente dell’Associazione italiana medici per l’ambiente -Isde  (International Society of Doctors for the Environment ) e il  dottor Luciano Sordini, segretario della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale -  sezione di Viterbo,  presentavano in una conferenza stampa i dati rilevanti e preoccupanti di questo studio circa  mortalità e malattie correlate all’esposizione all’arsenico nei  cittadini  residenti  in tutti i comuni  interessati della Provincia di Viterbo.

Questo studio documenta una situazione sanitaria estremamente grave e preoccupante in particolare nell’Alto Lazio e si  legge a pag 42 : “L’indagine evidenzia eccessi di incidenza e mortalità nei Comuni con livelli stimati per il periodo 2005-2010 per patologie associabili ad esposizione ad arsenico (tumori del polmone e della vescica, ipertensione, patologie ischemiche, patologie respiratorie, diabete)” .

A pagina 8: “I risultati dell’indagine evidenziano alcuni eccessi di mortalità, di prevalenza e di incidenza, per patologie per le quali è stata già evidenziata nella letteratura internazionale un’associazione con esposizione ad arsenico (gruppo di comuni a maggior esposizione nella provincia di Viterbo: Caprarola, Castel Sant’Elia, Civita Castellana, Fabrica di Roma, Carbognano, Capranica, Nepi, Ronciglione) e nei comuni esposti della provincia di Latina.

E nelle conclusioni: “ I risultati indicano la necessità di un continuo monitoraggio dei livelli di contaminazione da As delle acque e  di interventi di sanità pubblica per assicurare il rispetto dei limiti previsti dalla legislazione attualmente  in vigore (direttiva 98/83/EC, As<10 μg/L)”.

Ad  un anno di distanza dalla conclusione di questo studio al quale si aggiungono anche i risultati  della ricerca “Arsenico urinario speciato quale biomarcatore dell’esposizione alimentare all’arsenico inorganico in popolazioni residenti in aree ricche di arsenico nel Lazio”, che  confermano la contaminazione da arsenico anche attraverso gli alimenti, l’Associazione italiana medici per l'ambiente di Viterbo deve purtroppo continuare a denunciare l’inadeguatezza, l’insufficienza e  la quasi  totale assenza di interventi a tutela della salute delle popolazioni dell’Alto Lazio.

L’Isde di Viterbo chiede  pertanto che si avviino subito  programmi di prevenzione relativi alle patologie correlate all’esposizione cronica all’arsenico e al fluoro ed evidenziate dal succitato lavoro di ricerca, studi  di tipo osservazionale dello stato di salute delle popolazioni e in particolare dello stato di salute dei bambini, anche per i noti effetti  tossici e cancerogeni dell’arsenico sullo sviluppo neurocerebrale fetale e pediatrico.

E’ necessario che si rispetti subito,  in concreto  e finalmente il diritto alla salute come sancito dall’articolo 32 della Carta costituzionale e le vigenti disposizioni di legge in materia di potabilità e salubrità delle acque ovvero:  realizzare interventi rapidi e risolutivi per la completa dearsenificazione delle acque ad uso potabile e per l’avvio di una informazione corretta e diffusa rivolta a tutti i cittadini  delle aree interessate e in particolare per quelli residenti nei Comuni  dell’Alto Lazio interessati da questa problematica, e  nelle scuole, negli ambulatori medici, nelle strutture militari e carcerarie; nella fase di realizzazione degli impianti, che appare ancora  molto lontana e problematica nella maggior parte dei casi, utilizzare immediatamente forme alternative di approvvigionamento idrico, anche mediante autobotti, per tutta la popolazione e in particolare per le donne in gravidanza, i neonati, i bambini, i malati e le industrie alimentari.

E’ da tenere sempre ben  presente  infatti che l’arsenico è classificato dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (I.A.R.C.)  come elemento cancerogeno certo di classe 1 e posto in diretta correlazione con  molte patologie oncologiche e in particolare con il tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute; una consistente documentazione scientifica lo correla anche  ai tumori del fegato e del colon.

E che sempre l’assunzione cronica di  questo elemento tossico e cancerogeno, è  indicata anche quale responsabile di  patologie cardiovascolari; neurologiche; diabete di tipo 2; lesioni cutanee; disturbi respiratori; disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche.

E’ per  queste ragioni che il Decreto Legislativo 31/2001, in recepimento della Direttiva europea 98/83 fissava già da allora il limite massimo del contenuto di arsenico in 10 microgrammi/litro, per le acque destinate ad uso potabile e per il loro utilizzo nelle preparazioni alimentari e per queste stesse ragioni che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)  raccomanda valori di arsenico il più possibile prossimi allo zero.

 

Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde

(International Society of Doctors for the Environment) di Viterbo

Viterbo, 16 aprile 2013

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