L’utilizzo delle varie materie prime minerali o agricole per produrre beni di consumo e soddisfare la domanda dei cittadini è preceduto da una serie di lavorazioni che, oltre ai prodotti, comportano la produzione di scarti denominati “rifiuti industriali”.

I prodotti acquistati e utilizzati dal consumatore per periodi di tempo brevi-lunghi nel momento in cui gettati per disfarsene vengono invece denominati “rifiuti urbani”.

In altre parole per i rifiuti industriali la quantità di materie prime equivale a quella dei prodotti sommata a quella dei rifiuti, mentre per i rifiuti urbani la quantità dei prodotti acquistati equivale al peso dei rifiuti gettati.

Il rifiuto, in entrambi i casi, rappresenta una parte delle materie prime e dei prodotti acquistati non più “utilizzati” dall’uomo, ma comunque “diversamente utilizzabili” diminuendo notevolmente il loro costo di smaltimento.

Una scrupolosa e valida gestione del ciclo integrato dei rifiuti permette così di trasformare il rifiuto in risorsa sia attraverso il recupero e riutilizzo dei materiali derivanti dai prodotti in disuso che attraverso la valorizzazione energetica degli scarti.

Tale scopo può essere raggiunto accelerando e ottimizzando la Raccolta Differenziata, già in atto ma a percentuali troppo basse soprattutto nelle aree meridionali del nostro territorio, l’unico sistema per rendere virtuoso un ciclo della gestione dei rifiuti direttamente proporzionali all’utilizzo dei prodotti utilizzati dai cittadini e indice dello sviluppo economico di una nazione.

E’ importante sottolineare che alla base dello sviluppo economico in Italia, e anche in altre nazioni, contribuiscono centinaia di migliaia di imprese, la stragrande maggioranza costituita da medie, piccole o piccolissime imprese il cui scopo è quello di fornire nuovi prodotti, migliori, graditi e possibilmente più economici.

Purtroppo è triste constatare che il principale freno alla ripresa e al mantenimento di uno sviluppo economico giusto e adeguato è rappresentato dalla globalizzazione, oggi in atto e che rende molto più difficile mantenere in attività queste piccole realtà imprenditoriali, aggravata altresì da una regolamentazione caotica e gestita da una amministrazione pubblica alquanto inefficiente e negativamente soggetta al potere politico.

Per una nuova crescita del Paese è necessario applicare una nuova politica per le imprese improntata su pochi e semplici punti di riferimento:

1)-Maggiore efficienza amministrativa con tempi rapidi e certi nell’esame delle pratiche con controlli seri per garantire a tutti di operare nelle stesse condizioni. E’ meglio dei contributi economici a favore delle imprese che solitamente sono concepiti per fare assistenzialismo e clientelismo, utilie sicuramente per rafforzare il potere politico dei pochi e soliti rappresentanti istituzionali.

2)-Rendere più agevole l’accesso al credito bancario, oggi riservato a pochi, a grandi imprese o gruppi ormai consolidati.

3)-Abolizione di piani inutili, utili esclusivamente per spartizioni di gruppi di potere, con conseguenti privilegi e incentivazione della corruzione.

4)-Stabilire regole serie e severe, ma certe.

5)-Potenziare l’attività amministrativa eliminando completamente l’ingerenza politica. Gli uffici pubblici attualmente sono carenti di professionalità anche se abbondano di personale e di consulenti, spesso utili alle sfere d’influenza dei vari politici di turno.

6)-Affermare una politica mirata a migliorare la qualità della vita, bloccando la recessione attualmente in atto e innescando uno sviluppo sostenibile basato su pochi e semplici principi, quali:

-migliorare l’ambiente,

-promuovere sia l’attività pubblica che quella privata,

-creare nuovi posti di lavoro arginando la fuga dei giovani,

-agevolare i meno abbienti, anche con riduzioni fiscali.