Lo spontaneo sorgere nella società italiana di numerose realtà aggregative, di vario assetto e consistenza, aventi finalità culturali e politiche assai simili e talvolta identiche, mostra in tutta chiarezza che un “comune sentire”, quando i tempi sono “maturi”, si manifesta ovunque, comunque e sempre in risposta a bisogni primari. Bisogni, come tali, sofferti, percepiti e manifestati liberamente dai cittadini, come risposta veritiera, autentica, non manipolata da alcuno, in quanto, appunto, riconosciuta e condivisa.

La libertà di aggregarsi e di manifestare uniti un pensiero concorde costituisce la prima estrinsecazione di democrazia popolare, inequivocabilmente proveniente “dal basso”, carica di realismo, positività e attese.

Sta a chi si assume il compito di “operare politicamente”, proponendosi alla pubblica opinione per rispondere a questi bisogni, non solo il compito di realizzarli, ma soprattutto di non tradirli.

Chi scrive ha 73 anni e un passato denso di attività pubblica. Non è motivato da ambizioni personali, ma solo dal bisogno di veder realizzato un bene comune, cui presumibilmente tutti puntano, o dovrebbero puntare,senza peraltro attendersi in prima persona posizioni di preminenza, o visibilità  o tornaconto. Può dire serenamente “, ho già dato” e ci ho “messo la faccia”. Si attende una rinascita di orgoglio e di volontà democratica e partecipativa che rimetta in piedi l’Italia: questa è la sua  ambizione, per questo s’impegna, mettendo a disposizione un’esperienza di vita nonché ciò che dall’esperienza ha  appreso. Il tutto  in spirito di servizio, finalizzato al bene comune .Non gli  servono né cerca specifici riconoscimenti, a prescindere da eventuali meriti, né se  li aspetta. Chi vuol lavorare con “gli umani”, se umanamente conosce se stesso e gli altri, ha già conseguito una buona risposta immunitaria nei confronti delle illusioni e delle delusioni. Nell’interpretazione di questo ruolo”di promotore di alleanze” non si ritiene né unico, né indispensabile.

Ciò premesso penso che sia chiaro il motivo per cui mi sono impegnato ad avvicinare fra loro nuovi partiti e associazioni fra loro compatibili. La frammentazione e le ambizioni personali non aiutano certo a realizzare ciò che la gente si attende. Occorre costruire l’unione degli intenti e dare forza concreta ai programmi. I primi passi di una democrazia si estrinsecano in un rapporto di forze. La disunione non dà forza ed emargina gli attori dagli ambiti in cui i rapporti si giocano. La disunione e i particolarismi  tradiscono  le attese, di tutti e di ciascuno.

Ci vuole, chiarezza e umiltà. Non si  disconosce il valore motivante dell’ambizione o il legittimo desiderio di salvaguardare  una leadership conseguita e meritata nel proprio gruppo o partito di appartenenza. Una consociazione di aggregazioni, se si riconosce in una funzione di supporto e promozione del bene pubblico, deve partire da un esempio di umiltà dei Capi, da un autentico spirito di servizio ai cittadini di questo paese. La massima ambizione sia il bene pubblico. E ovvio, naturale e comprensibile, soprattutto in politica, che i soggetti più attivi e capaci puntino ad un ruolo preminente. Ed un buon capo è una grande forza, ma la lotta per conquistare quella posizione può essere l’inizio di una disgregazione, o l’ostacolo all’unione.

Non credo utile che si antepongano pretese di leadership alla costruzione di una buona alleanza fra aggregazioni,che abbiano riconosciuto l’esigenza dell’unità. Ricordiamo che una politica forte è quella che sa costruire ricomposizione. Ripeto :ricomposizione. E dobbiamo essere forti.

E’ pur vero che in certi tentativi di unire aggregazioni, gli attori in campo clamorosamente falliscono. C’è infatti qualcuno che può rispondere così alla richiesta di alleanza : “Vogliamo procedere assieme? Va bene, siete i benvenuti, accomodatevi pure nei vagoni di coda, sempre che ci sia posto, perché qui è stata data a me la responsabilità di condurre il convoglio e non posso dismetterla.”

Pare evidente che debba essere cercato un approccio su basi assai diverse,nell’interesse di tutti e soprattutto di coloro che presumiamo di voler rappresentare e tutelare. Cioè i cittadini. Che deluderemmo anche col nostro muoverci in ordine sparso.

Nella ricerca di un metodo, di uno stile e di un approccio corretto a stipulare un’alleanza tra soggetti aggregativi e aggreganti, non ritengo di poter essere né l’unico, né il solo a tentar di indicare itinerari e mete. Chiunque sia sinceramente motivato nei confronti del nostro paese è  chiamato a dare un apporto

all’unità di forze disperse e divise.

Dalla mia esperienza ricavo alcuni dati. Sono riuscito nella mia storia di dirigente scolastico a costruire un’associazione nazionale unitaria di dirigenti scolastici, di cui fui per alcuni anni leader  nazionale. Non  fu facile né comodo cercare di mettere assieme personaggi affetti da sindrome di isolamento professionale, militanti o tesserati di 5 o 6 sindacati diversi e di una miriade di partiti. Ho dovuto mandar giù “rospi” a non finire, e ho preso tanti di quei calci sotto il tavolo, da distruggere le caviglie al più forte centrattacco. Ne ho dedotto che per far politica bisogna saper affrontare “una dieta di rospi” e resistere ai calci, soprattutto di chi ti sta più vicino.

Per dirle in altre parole, per costruire unione e realizzare ricomposizione, più che svolgere una funzione “empatica”,occorre saper interpretare una funzione “epatica”: come il fegato, appunto,che salvaguarda l’integrità di un organismo filtrando e trattenendo i “veleni”. Ed evitando di restituirli all’organismo.

Non è facile. Io credo, però, che gli italiani siano “gente di fegato”. Fra noi qualcuno certamente saprà interpretare questo ruolo.

Questa voleva essere una premessa, una dichiarazione d’intenti, ad un programma politico condiviso,fra gruppi e partiti da porre fianco a fianco, in un unico fronte compatto..

Preliminare e necessaria. E’ aperta ad ogni utile contributo,utile a rimuovere ostacoli al dialogo e alla ricerca di unione.