Pare talvolta a me, cittadino qualsiasi, perso nella realtà caotica di questa società così poco sociale, deluso da  una politica più apolitica dell’antipolitica, attonito di fronte alle prospettive di un futuro brumoso, disorientato dall’oblio dei valori di riferimento, oggetto, questi sì, di autentica “rottamazione”, che occorra ritrovare il bandolo della matassa, per rimettere ordine nei pensieri e reagire allo sconcerto. Per riprendere, ancora una volta, un percorso costruttivo. E uscire dal labirinto.

Uno dei meandri di questo labirinto è costituito dal nostro assetto giuridico statale. Si dovrebbe parlar prima di irrinunciabili fondamenti valoriali, sopra solo accennati, ma mi limito qui ad esser “cittadino qualsiasi”, che “vola basso”, volutamente, e bada al sodo. Con pochi rilievi, per necessaria brevità.

Dentro al  labirinto c’è questo nostro Stato, che è “ meno Stato” (e più Repubblica) dopo la modifica del titolo V della Costituzione, per quanto recita il 1° comma dell’art.114. Che è “molto meno Stato” da quando la UE preordina all’80 per cento le linee guida, se non i contenuti stessi, delle leggi (con buona pace della Costituzione italiana) che i nostri organi legislativi dovrebbero poi autonomamente emanare. Che però  risorge dalle sue ceneri, come l’Araba Fenice,  ridiventando “più Stato” di prima, quando il Governo interviene a modificare pesantemente le autonomie locali, o ad accentrare poteri ed interventi secondo modi e stili che paiono almeno incongrui con le dottrine e i principi su  autonomie e  decentramento, basi del rinnovato Titolo V.

Per non parlare del Governo tecnico, magicamente apparso alla fine del precedente Governo dimissionario, ma non dimissionato, e sostituito secondo una prassi irrituale . E qui sembra proprio che  la Costituzione passi, definitivamente, dalla buona pace all’oblio.

Quanti motivi ci sarebbero stati, in questi ultimi anni, per scendere in piazza a difesa della Costituzione. Perché fintanto  questa Carta  è vigente, va rispettata e applicata, ancorché abbia parti superate e altre discutibili. E proprio pensando a questo, seguo le manifestazioni studentesche, contro i tagli sull’istruzione pubblica. Si reclama in piazza il rispetto della Costituzione, per i diritti della scuola. Ed è sacrosanto. Ma rilevo squilibri nella protesta e nella partecipazione. E anche nell’informazione, che certe  proteste diffonde e altre ignora.

Con tutte le ingiurie fatte alla Costituzione e al popolo in nome dell’Europa dei banchieri e dell’euro che ci affama, con il “golpe tecnico del governo fiscale”, solo pochi coraggiosi  hanno  osato denunciare l’attentato alla Costituzione. E dei pochi scesi in piazza per questo, non parla nessuno.  Sulla scuola, siamo d’accordo.  Ma  anche la politica per la scuola è parte del tutto. E consegue ad altro, e più grave, che è stato fatto prima, e per cui poco si è protestato. Quelli che, definendosi progressisti, ancora si attardano a giudicare con logori parametri  di “destra-sinistra” (secondo il  linguaggio corrente), perché mai non hanno nulla da eccepire contro il Governo attuale (anzi lo appoggiano) che è “il più di destra” che ci sia stato, tagliando sanità, scuola, welfare, pensioni, ecc.? E intanto la Costituzione è massacrata in termini di sovranità , che appartiene al popolo, ma  viene espropriata senza consultare i titolari; in termini di potere legislativo,ceduto in gran parte all’Europa, che non è nemmeno un super- stato o una federazione; in termini di assetti istituzionali dismessi a Maastricht, a Lisbona ecc. con trattati in  conflitto o in dissonanza con la Costituzione; passati per internazionali, ma di fatto sovranazionali, senza averne titolo. E invochiamo la Costituzione per  le “offese” alla scuola, e non utilizziamo l’occasione per denunciare che è la Costituzione stessa che riceve le maggiori offese, e non solo in rapporto alla scuola? E della dittatura dei mercati, non si dice nulla? Dobbiamo obbedire ai mercati, dipendere dai mercati, regolarci sui mercati, commisurare spese sociali, investimenti e tasse secondo i mercati. Ma chi sono i “signori mercati”? Che effetto hanno sulla democrazia? Che posto hanno nella Costituzione?

Come è possibile che la Costituzione possa essere usata e strumentalizzata, per le parti che fan comodo, a scopo ideologico e settario?

Questo strano “uso” o “disuso”della nostra Costituzione non è nemmeno ascrivibile all’esistenza di un’altra e superiore, Carta Costituzionale Europea. Che non c’è. Al suo posto esistono i Trattati, in particolare il TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, ex-Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea), il TUE (Trattato sull'Unione Europea o Trattato di Maastricht) e il Trattato di Lisbona. Questi tre Trattati fungono, “lato sensu”, da surrogato della "Costituzione" Europea. Ma il Trattato Costituzionale Europeo non è entrato mai in vigore , e comunque consiste solo in una bozza di  "trattato costituzionale”. Un ibrido, quindi, e non una Costituzione vera e propria per uno Stato Europeo, presumibilmente federale, che non c’è e di cui ancora poco si parla. Né ci può essere una Costituzione senza Stato.

Di più. Nella confusione tra Costituzioni vigenti, ma usate secondo convenienza, e Costituzioni  “in fieri”, ma forse più operative di quelle vere, una sorta di “super-legge” si aggira per la Comunità e si esplicita nel perentorio proclama del  “ce lo chiede l’Europa”. Che forse dovremmo pronunciare “Oiropa”, alla tedesca.

Però anche in questo caso, l’alternanza tra uso e disuso non si ferma alla frontiera. In Italia, infatti, è da lungo tempo in discussione la legge elettorale. E si dovrebbe votare fra 7 mesi. Ma  l’Europa ha dal 2003 posto dei precisi “paletti”. Infatti l’Assemblea Parlamentare del Consiglio europeo ha stabilito quanto segue: “Gli elementi fondamentali del diritto elettorale, e in particolare del sistema elettorale propriamente detto, la composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione delle circoscrizioni non devono poter essere modificati nell’anno che precede l'elezione, o dovrebbero essere legittimati a livello costituzionale o ad un livello superiore a quello della legge ordinaria".  Notare il riferimento al “livello costituzionale”, che potrebbe suggerire qualche ironia, pari a quella che faremmo se ricordassimo , anche qui, che “ce lo chiede l’Europa”.

Il quadro che si desume da tutto questo è la diffusa incongruenza di un quadro scoordinato di normative su livelli giuridici diversi e  forse arbitrariamente assunti, nonché la confusione delle regole e gli abusi che la confusione genera. In gran parte prodotta dal rapporto politico-istituzionale con il “non-stato” e “non-super-stato” in cui la UE si incarna e configura. Con ricadute sul nostro quadro normativo e Costituzionale,probabilmente logorato anche dalle incongruenze giuridiche del rapporto con la UE.

Il danno è ormai fatto e bisogna porvi rimedio.

A fronte della prossima tornata elettorale è chiaro che qualsiasi programma politico non potrà prescindere, almeno in prospettiva, da una ipotesi di riassetto costituzionale, prima interno per la nostra Italia che come Stato comunque c’è, e solo successivamente per l’Europa, che come federazione di Stati è tutta da progettare e costruire. E su basi del tutto diverse dall’Unione attuale.

Quel che è certo è che occorre rimetter mano alla Costituzione per restituirle la forza e il valore che deve avere, come irrinunciabile e condiviso punto di riferimento democratico dell’intera vita sociale e politica dell’Italia. Non eludibile quando fa comodo.