Ma è così che si tutela la funzione e il valore della scuola di stato? La domanda, come si suol dire, “sorge spontanea”. E viene di conseguenza a quel che è successo in un liceo romano, e alle letture che sono state proposte agli studenti in quella sede. Un certo brano, tratto da un romanzo di Melania Mazzucco, è stato largamente riportato da tutti i mezzi di informazione, e ciò mi toglie dall’onere di riproporlo, ancorché virgolettato.

E’ stato da molti definito “osceno” per la descrizione particolareggiata di un rapporto omosessuale fra maschi. Anche le difese “d’ufficio” di quella “scelta didattica” fatte da personaggi significativi di una certa area politica, nonché dall’attuale ministro dell’Istruzione, sono apparse imbarazzate e stentate. Talvolta capziose... Qualcuno ha tentato di spostare e dirottare le contestazioni, derubricandole come reazioni oscurantiste derivanti da moralismo di matrice religiosa. Laicamente ragionando, a mio avviso, la religione (almeno quella prevalente da noi) può anche tranquillamente esser tenuta fuori dalla polemica, come si potrà dedurre più avanti dal discorso. Anche se comunque, e con pieno diritto, ogni credente può esprimere sul caso opinioni coerenti alla propria fede. Ogni opinione, onestamente motivata, è lecita.

Per evitare "bigottismi" inutili tanto quanto i "bigottismi laicisti" di chi ha tentato di difendere l’indifendibile, cerchiamo di ragionare sui fatti.

La letteratura d’ogni epoca e paese, e non solo quella classica, è piena di pagine "pepate". Anche alcuni degli autori che studiavamo a scuola, e lo sapevamo, pagine di quel genere ne avevano scritte. E ce le siamo sempre andate a cercare in biblioteca, nelle versioni integrali delle opere, di cui a scuola ci somministravano solo brani scelti, in raccolte antologiche. Quindi, ai nostri tempi, bene o male che fosse, di Catullo, per fare un esempio, ci proponevano quel che era proponibile e il resto, quello "pepato", ce lo andavamo a cercare noi che amavamo il latino e non solo, tanto più che sui libri di testo non c’erano stralci "imbarazzanti". O se c’erano, secondo l’età degli studenti e l’ordine di scuola, non erano oggetto di studio. Quelli fra noi che il latino non l'amavano proprio, nel tempo libero avevano altro da fare, piuttosto che cercar di capire cosa significassero "cinedus" o "pathicus". Gli insegnanti più "arditi", o più aperti, sapevano spingersi oltre perché avevano il gusto (cioè il buon gusto), la cultura e la finezza per alludere, o esporre, o citare con garbo ciò che altrimenti sarebbe stato solo triviale.

E qui mi pare che si collochi il nocciolo del problema: non è la questione del "proibito" o "haram" per dirlo alla maniera talebana, e tanto più oggi che i ragazzini ne sanno più di noi. E' questione di acume e di coscienza della nobiltà dell'educare che ti indica i modi, e li riempie di senso, per affrontare qualsiasi (e sottolineo qualsiasi) questione. E qualsiasi sia il tema, evidentemente di valore didattico indiscusso, si suppone. Ma poiché le questioni e i territori dello scibile da esplorare sono infiniti, come lo è lo spazio della cultura, siamo proprio sicuri che con tutto quel che c'è da imparare, non ci fosse proprio niente di meglio da scegliere, in quel certo liceo, per rendere operativa la libertà di insegnamento, e pur su quello specifico e delicato argomento? Ma c’è qualcos’altro che potrebbe frapporsi fra la “pedagogia” e la “Scuola”. Allorquando, per esempio, l’insegnamento venisse “curvato” a esigenze ideologiche, o peggio, di settarismo politico. Si presume che, pedagogicamente parlando, la scelta degli autori da leggere non dipenda da motivazioni ideologiche di parte. Viceversa, nella realtà dei fatti, la scelta può anche essere ideologica. Certi brani possono essere letti, con la dovuta accortezza educativa, "nonostante" se ne conoscano i contenuti. Oppure possono essere letti proprio "in virtù" di quei contenuti. Tra questi due casi possibili è collocato un nodo problematico di non poco conto, sotto l’aspetto della funzione e della responsabilità educativa, dell’alto significato civico e civile del servizio scolastico e della Scuola come Istituzione Pubblica, della coscienza e della competenza didattico-pedagogica. Un nodo non estraneo anche al rapporto tra libertà di insegnamento e limiti posti dal rispetto della legalità, quella legalità cui tante volte ci si appella solo per difendere interessi di parte, e attaccare la parte avversa. O, all’opposto, per accusare chi si appella alla legalità, di usare la legge contro la libertà, il progresso, la cultura. E qui se il settarismo dilagante s’impadronisce dell’argomento, la frittata è fatta.

Tornando alla Scuola, probabilmente è andata in disuso una certa etica e pratica della “prudentia”, quella dote che, nella sua radice latina, fonde e amalgama prudenza, giudizio, senno, intelligenza, saggezza e scienza... I nostri vecchi professori non erano certo degli sprovveduti. Riprendendo l’esempio di Catullo, ne conoscevano i passaggi proponibili e quelli “critici”. Così come conoscevano la psicologia adolescenziale. E se anche avessero voluto avventurarsi nella spiegazione di “passaggi scabrosi “, sarebbero stati assai misurati e, sottolineo, prudenti nel senso “alto” del termine, astenendosi dal qualsiasi giudizio implicito che potesse equivocamente far intendere certi comportamenti come proponibili, o come modelli, pur in una realistica e disincantata presa d’atto della variegata fenomenologia comportamentale umana.

Tornando al tema dell’omosessualità, nel contesto di un discorso educativo, il “nocciolo” sta nel rispetto dovuto ad ogni persona in quanto tale, cui occorre richiamare i giovani, in quanto l’esser persona non è subordinato alle sue caratteristiche costitutive, di genere o di identità varie ed eventuali. Ognuno è persona umana. E per conseguire educativamente questo traguardo non credo manchino strumenti didattici idonei. Né credo che gli insegnanti d’oggi siano meno capaci di quelli di ieri, anche se si muovono in un contesto sociale e politico-ideologico irto di problemi. Discutendone a distanza con una stimabilissima collega, di parere positivo sul romanzo della Mazzucco, la stessa finiva comunque per affermare, rispetto ai passaggi più scabrosi, che “è vero che quelle righe graffiano la sensibilità. Però se pensiamo ai problemi sociali devastanti che affliggono gli omosessuali…”. Le ho risposto: è vero che quei passaggi “graffiano” gli adulti, ma gli adolescenti li scorticano. E la prima regola è non nuocere, soprattutto in educazione. Poi, l’individuare gli omosessuali “come vittime” non abilita a trattar a quel modo l’ancor fragile personalità degli adolescenti, per renderli meglio edotti del dramma. Rimango perplesso e allarmato di fronte a chi segnala la presenza di “una devastante avversione omofobica” nel nostro paese. Sono ben noti i casi di intolleranza e discriminazione, ma anche i loro limiti, senza voler né sminuire né ingigantire. Da noi il mondo dell'arte, della TV, della stampa ecc. è popolato, come dappertutto, anche di omosessuali di successo. E’ invece certamente vero, che a livello planetario, vi sono aree in cui l’omosessualità è una condizione assai rischiosa.

Nel mondo islamico agli omosessuali, a seconda dei paesi, è riservata la pena della prigione, la fustigazione pubblica, la lapidazione o l'impiccagione. Da noi ci sono settori politici che appoggiano una politica filo-islamica e anti- cristiana. Approvano la costruzione delle moschee che sono la prima fonte dell’integralismo. Sono quegli stessi settori politici che da noi sono assai critici verso le scuole private, e ciò non di meno appoggiano l'istituzione di "madrase" in Italia, dove i bimbetti musulmani devono a forza imparare a memoria il Corano. Se l'islam procederà così da noi, sono prevedibili grossi problemi per gli omosessuali. E quelli sì saranno problemi devastanti, e proprio grazie a coloro che mai e poi mai, per scelta settaria e ideologica, direbbero una mezza parola critica sull'islam.

Purtroppo settarismi faziosi e vittimismi strumentali si fronteggiano su una tragica altalena, che cerca persino di colpevolizzare la libertà d’opinione e di pensiero. Anche le “fobie” (cioè le paure) se oggettivamente e onestamente motivate, intellettualmente parlando, possono essere opinioni, non colpe. La "libertà di pensiero" è quella che ci consente di discernere, di sostenere razionalmente le nostre opinioni e di non rinunciare mai ad onestà e raziocinio. In qualsiasi ambito e soprattutto a scuola.