(lindipendenza.it) - Che botta! In tre giorni abbiamo avuto una mezza rivoluzione politica, con epicentro Milano. A partire da venerdì è iniziata una vera e propria over dose mediatica, compressa nello spazio di un week end lungo. Oggi, molto probabilmente, ci sarà solo una brevissima schiarita, in attesa di conoscere i risultati completi delle elezioni regionali in Sicilia. Dopo di che altro temporale, non solo su Milano, esteso a Roma e all’Italia. In un batter d’occhio sta cambiando il panorama politico, dopo mesi e mesi di guerra di trincea e sotterranea.
I due fatti principali sono accaduti venerdì scorso a Milano: il primo è la condanna del Cavaliere a quattro anni di carcere per evasione fiscale, il secondo è lo scioglimento del Consiglio regionale della Lombardia dopo aver approvato, all’ultimo secondo, una nuova legge elettorale tramite un maxi emendamento concordato tra tutte le forze politiche presenti in consiglio.
A mio personale parere il fatto più grave è il secondo perchè, bene o male, la condanna rappresenta solo un episodio di una lunga guerra, che da quasi vent’anni oppone una parte della magistratura a Berlusconi.
Se non ci fosse stata la conferenza stampa convocata in fretta e furia sabato pomeriggio l’episodio, pur sgradevole, non avrebbe avuto alcun effetto politico.
Invece sabato 27 ottobre, alle ore 17, fermi tutti, davanti al televisore per vedere che cosa avrebbe fatto e detto Silvio. Per farla breve, ha portato sul piano politico la sentenza giudiziaria, e fin qui niente di nuovo.
La novità, se così si può chiamare, è stata questa: in una sala riccamente addobbata, con scenografia da set teatrale, si è consumata una “anteprima” dello spettacolo che verrà proposto nei prossimi mesi a Montecitorio. Però la compagnia teatrale non si è fatta vedere, si è visto e sentito solo il tenore-protagonista che ha tentato un assolo. Impresa difficile, in parte riuscita.
E’ comparso sulla scena molto tirato, appesantito dalla responsabilità che lui stesso si addossa: parte con voce bassa e gutturale, non sembra ingranare, dopo un po’ prende confidenza, trova l’ispirazione. La voce sale, anche senza la musica dell’orchestra, echeggia e risuona nell’improvvisato teatro.
E’ una voce forte autorevole, convincente, si vede che ha mestiere e sa modulare il canto per toccare gli animi.
L’anziano tenore, forse, a quel punto, pensa di avere ancora molto fiato in corpo, invece di ridiscendere chiudendo in bellezza il lungo assolo, tira avanti toccando tutte le corde del suo vasto repertorio.
Un errore madornale, butta al vento un’occasione importante per dimostare in anteprima che cosa è in grado di fare ancora.
Arriva così la mesta chiusura, affidata al suo aiutante di campo, che spiega dei dettagli tecnici, che ben poco interessano il pubblico.
In conclusione, ecco una delle morali che si possono trarre da questa storia: certamente ora il Cavaliere non può più tornare indietro, deve per forza andare a Roma, a palazzo Montecitorio e far vedere che non ha scherzato, che l’età c’è, ma ha ancora molta voce per suonarle ai Tecnici. Se occorre farsi sentire anche al di là del Tevere, è in grado di tirare fuori i “maroni”, di comporre un coro di tanti giovani cantanti ai quali certo non mancherà il fiato