Di questo passo, le prossime elezioni Politiche 2013 rischiano di essere un momento di condensazione del generale malcontento verso la gestione dello Stato da parte del sistema dei partiti. Le forze “anti-casta”, come il movimento M5S di Beppe Grillo, se resisterà il “porcellum”, avranno a portata di mano una grossa opportunità per entrare nel sistema parlamentare e, forse, agguantare il premio di maggioranza alla Camera, scardinando un assetto politico consolidato.

In questo modo, a parere di alcuni, si procede a piccoli passi verso una situazione pericolosamente simile a quella che precedette la rivoluzione francese. Gli scandali sono oramai diffusi su tutto il territorio nazionale, ad ogni livello di governo, dal  comune alla regione, per non parlare delle Camere. Sono segnali evidenti che questa forma di democrazia rappresentativa adottata in Italia non funziona più.

Occorre ripensarla, introdurre al più presto dei correttivi: anzitutto nella scelta delle persone, con una legge elettorale adeguata, come proposto nel libro Stella e Corona (Solfanelli Editore, II Ed. 2012), scritto insieme con Giorgio Galli, con la versione aggiornata che uscirà nel prossimo libro “Ricostruire la Democrazia”. Non solo regole, c’è bisogno anche di una maggiore interazione tra eletti ed elettori, è indispensabile che i  rappresentanti ascoltino gli elettori con una certa frequenza, su tutti i temi principali dell’azione politica e del vivere quotidiano (oggi ascoltano solo le lobby).

L’esplosione dei social network e di internet in genere, rende fattibile tale interazione in tempi rapidissimi e a costi irrisori. Non è più pensabile che i membri del Parlamento, consiglieri regionali o comunali, una volta eletti si sottraggano al confronto con gli elettori, per ripresentarsi dopo cinque anni, come se nulla fosse, sotto il paravento del principio che vieta il mandato imperativo.

Il mandato elettorale deve essere bilanciato, in modo che non diventi una delega in bianco. La contromisura può essere quella di introdurre dosi massicce di democrazia diretta che obblighino gli eletti al confronto con il territorio e i problemi concreti della gente. In questi ultimi anni anche la partecipazione popolare diretta è stata svilita e mortificata, è sufficiente citare i casi delle proposte di legge di iniziativa popolare che giacciono in Parlamento, senza risposta, nella più totale noncuranza dei parlamentari. L’obiettivo dovrebbe essere quello di ricostruire una  Democrazia attiva, con una diversa concezione del rapporto tra cittadini e eletti.

L’esperienza della 2° Repubblica è esaurita, come sono esauriti i leader politici che l’hanno animata in questi ultimi vent’anni. I principali partiti sono in agonia, per cui potrà succedere veramente di tutto, dopo le Politiche 2013. E’ il momento di lavorare per la futura Terza Repubblica, da costruire dal basso, evitando “assemblee costituenti” con complicate riforme costituzionali fatte da soliti navigati politici.

Si dovrebbe semplicemente prevedere un diverso mix tra strumenti di democrazia rappresentativa e democrazia diretta, correggendo l’uso distorto dei  referendum fatto fino ad ora, ripristinando un controllo sull’operato degli eletti, che i partiti non sono più in grado di assicurare, ma che è indispensabile per la moralità pubblica.

Sono da chidere una volta per tutte le finte contrapposizioni: tra sinistra e destra (sono insieme che governano da quasi un anno), tra berlusconiani e antiberlusconiani (idem), tra nordisti e sudisti. La bella notizia è che c’è fermento in tutt’Italia. Nell’epicentro di tutti gli scandali, a Roma, la terra trema, stanno implodendo le vecchie costruzioni ideologiche della destra e della sinistra, proprio alla vigilia del voto per il Campidoglio e per la disastrata Regione Lazio.

La conferma è giunta pochi giorni fa via mail. Più o meno a queste stesse considerazioni sono giunti un gruppo di intellettuali romani (con un appello via mail, tramite le colonne del Manifesto e dal sito web www.amigi.org), tra questi Piero Bevilacqua, Franco Ferrarotti, Maria Immacolata Macioti, Giovanni Valentini e altri, che hanno lanciato un grido di allarme e un’invocazione dal titolo “È questa la Roma che vogliamo”.

Finalmente la sinistra intellettuale esce dai salotti, osserva che la città è in netto peggioramento, i politici di sinistra e di destra non hanno impresso un cambio di marcia nella vivibilità urbana, nella gestione dei beni comuni (acqua, trasporti, scuole ecc..).  Le alternanze in Campidoglio hanno prodotto solo sovrapposizioni di gruppi di potere. Osservano che[1]:

Se vogliamo imprimere una svolta al governo della nostra città, uscire realmente dalle false suggestioni del ‘Modello Roma’ e costruire una vera alternativa di governo, dobbiamo smettere di ‘giocare’ alle elezioni e alle sue regole truccate e dichiarare solennemente tutti insieme, con forza e con nettezza, che occorre superare una concezione della democrazia basata esclusivamente sul principio della delega, per porre al centro del dibattito pubblico il progetto di una nuova democrazia. “

Ognuno ha il suo male, al nord ha imperversato e imperversa il ‘Modello Sesto’, come stanno dimostrando le indagini dei magistrati di Monza. L’antidoto è nella democrazia attiva, non passiva, a tutti i livelli di governo del Paese e degli enti territoriali, con forme reali di democrazia diretta, quella che artigianalmente propone anche Grillo. Infatti, concludono così: “Va riaffermato invece che il voto non è una delega in bianco a scadenza fissa,  ma solo un momento della partecipazione popolare che non si esaurisce  col voto e che, accanto agli istituti della democrazia rappresentativa, occorre rafforzare gli istituti della democrazia diretta”.

Da nord a sud, il problema è identico, occorre chiudere l’epoca dei professionisti della politica, dei brontosauri passati indenni dalla prima alla seconda Repubblica. Gente che non ha nulla da dare alla società, ma solo da prendere per saziare una voracità senza fine. A Roma come a Milano, il prossimo passo dovrebbe essere identico: meno trucchi nelle elezioni e più controllo sull’operato di questa ‘casta di eletti’. Se si vuole uscire da questo pantano, tutti devono fare la loro parte, dopo se si vuole, si potrà ritornare a litigare come don Camillo e Peppone.