Raif Badawi, un giovane cittadino saudita, è stato condannato a una crudele punizione: mille colpi di frusta –“dati molto duramente”, recita la sentenza– 50 alla settimana per 20 settimane, ossia per cinque mesi; seguiti da 10 anni di carcere e da un’ingente ammenda. Di fatto una condanna a morte per mezzo di tortura. La sua vita è in pericolo.

Raif Badawi è uno scrittore 31enne, un “blogger” e attivista per i diritti umani, che risulta abbia solo tentato pacatamente di proporre concetti di pensiero illuminista al governo e all’élite religiosa dell’Arabia Saudita, dalla sua casa di Gedda.
Lo ha fatto soprattutto attraverso un sito web e un forum pubblico chiamato “Free Saudi Liberals”. La pena che gli è stata inflitta è stata motivata per aver scritto, ad esempio:
“Il mio impegno è (...) rifiutare ogni oppressione in nome della religione (...) un obiettivo che raggiungeremo in pace e nel rispetto della legge”.
Pare sia a causa di pensieri “sovversivi” come questi che le autorità saudite lo hanno punito con una tale crudeltà da farsi così giudicare in tutto il mondo moderno come un branco di miserabili primitivi bigotti e sadici.
Raif Badawi ha ricevuto il 9 gennaio 2015 la prima delle venti “rate” di frustrate: 50 colpi ogni volta, inflitti su schiena e gambe al termine della preghiera di mezzogiorno del venerdì a Gedda davanti alla moschea di al-Jafali, dall’altra parte della strada in cui si trova il Ministero degli Esteri, circondato da una folla di invasati urlanti.
Ferito gravemente –è diabetico e fisicamente gracile– rischia di morire prima della fine della pena.
I medici hanno consigliato di rimandare la successiva sessione, e per ora non risulta sia stato sottoposto a ulteriori fustigazioni.
Nel frattempo, è stata avviata una campagna internazionale di pressioni “civili” per il suo rilascio. Rete Informatica, quotidiani, riviste, radio, televisioni in vari Paesi dell’Occidente si sono occupati della sua vicenda. Tutti concordano nel dire che la punizione inflittagli è crudele, disumana, degradante, e che le frustrate equivalgono alla tortura = illegale secondo il diritto internazionale.
Le critiche mosse contro questa oscena barbarie dei sauditi stanno raggiungendo livelli elevati in Europa e nel Nord America.
Il verdetto, in effetti, è una lenta, sanguinaria e straziante condanna a morte di un uomo la cui sola preoccupazione era quella di parlare garbatamente e onestamente a suoi concittadini, in un paese così retrogrado da preferire gli oltraggi, le ingiustizie, le vergogne le crudeltà dell’Arabia del VII secolo a qualsiasi principio etico (come ad esempio la civiltà e la clemenza) del XXI secolo – della cui tecnica i sauditi sono tuttavia ben felici di avvalersi.
I sauditi non possono avere entrambe le cose. Per certi versi, sono molto contenti del mondo moderno, disposti a costruire enormi grattacieli, beneficiare delle tecnologie, dei lussi e delle tante moderne comodità che il mondo occidentale offre loro, e che possono permettersi in cambio dell’unica merce di valore che possiedono: il loro petrolio (che tuttavia non durerà in eterno…). Da un altro punto di vista, rifiutano tutto ciò che rende forte l’Occidente = la libertà di coscienza, di pensiero, di parola e di comunicazione, la democrazia, un ruolo paritario delle donne nella società, il rispetto di “religioni” e filosofie diverse (purché non sovversive…), l’accettazione del diritto internazionale e il rispetto dei più elementari diritti umani.
Se Raif Badawi sarà nuovamente frustrato, e se di conseguenza dovesse morire, la reputazione dell’Arabia Saudita, già trascinata nel fango da questa trista vicenda, sprofonderà a un livello oltre il quale non potrà mai più riconquistare la fiducia o l’appoggio di alcuno.

Anche noi privati cittadini italiani possiamo fare qualcosa: ad esempio escludere ogni e qualsiasi rapporto con i sauditi musulmani “veri” e con i loro sostenitori.

La vicenda di Raif Badawi è un valido monito per chiunque sostenga la infondatezza della “islamofobia” (avete finalmente capito, o rinnegati compagni progressisti ?!) = anche una vicenda come quella pienamente la giustifica.