Buona domenica amici. Ventotto anni fa, il 12 luglio 1992, mia madre morì e fui io stesso a seppellirla nel cimitero a ridosso della Grande Moschea del Profeta Maometto a Medina, la seconda città santa dell’islam, in Arabia Saudita. 

La rigida ideologia wahhabita vigente vieta il culto dei morti. Quindi non si possono mettere delle lapidi che attestino il luogo della sepoltura e ricordino i nostri cari ai posteri. In un eccesso di disumanità periodicamente le ruspe scavano, prelevano i corpi o i resti e li gettano altrove. Perché il fedele musulmano deve venerare solo Allah. 

Ed è così che non ho più la possibilità di raccogliermi in preghiera sul luogo della sua sepoltura. 

Ma lei è sempre viva dentro di me. A lei oggi dedico la mia riflessione e rinnovo la mia eterna gratitudine per avermi donato la vita e aver scelto di dedicare la sua vita per crescermi ed educarmi nel migliore dei modi possibili. A lei devo ciò che sono. Grazie mamma. 

 

A mamma Safeya

 

Rivedo il tuo sguardo tenerissimo 

specchio dell’innocenza radicata nell’anima

con gli occhi di un’orfana persi nel vuoto 

privata degli affetti e sfortunata in amore.

 

Giovane mamma temprata dalla sofferenza 

hai donato al tuo unico figlio tutta te stessa 

concependomi come la missione di vita

per regalarmi quella felicità che ti fu negata.

 

Per te l’islam è stato un’ancora di certezza

la fede ha compensato le ingiustizie terrene 

ma per un destino che non è mai casuale

mi hai affidato a un’educazione cristiana.

 

Da adulta con uno sforzo immane

imparasti a leggere per recitare il Corano

e a scrivere per potermi inviare delle lettere

che ad oggi mi commuovo solo a toccarle.

 

Il duro lavoro ti ha portato in giro per il mondo

ho patito immensamente per la tua lontananza

il collegio è stato una straordinaria scuola di vita

ma ho pianto spesso in una solitudine incolmabile.

 

I miei studi e soprattutto il mio amore per l’Italia

la tua scelta di vivere nella terra più sacra dell’islam 

ci hanno confinato in due mondi inconciliabili

condannandoci a una dolorosa frattura familiare.

 

Ricordo l’ultima volta che ci siamo rivisti 

isolata dietro il vetro per un male incurabile 

incrociandosi i nostri sguardi hanno condiviso 

che l’essenza della vita è la vita stessa.

 

Le mie lacrime adagiando il tuo corpo

in una fossa scavata e subito ricoperta

poco distante dalla tomba di Maometto 

realizzando il tuo ultimo desiderio. 

 

Senza una lapide sei fisicamente scomparsa 

gli inflessibili custodi dell’ortodossia islamica 

reprimono l’umana devozione per i propri cari

da vivi e da morti ci si sottomette solo ad Allah. 

 

Ma tu sei sempre viva dentro di me

ciò che io sono me l’hai donato tu

l’amore assoluto e la dedizione totale

alla causa che dà un senso compiuto alla vita.

 

Ti rivedrò quando toccherà a me

guardare la vita per l’ultima volta

ti abbraccerò forte come non ho fatto mai

nulla e nessuno ci separerà mai più.