Buongiorno amici. Alla fine ha prevalso il  “Metodo d’Hondt”, il “Manuale Cencelli” con cui in seno all’Unione Europa si spartiscono ruoli, poltrone e un fiume di denaro, sulla base della logica di una fetta della torta a ciascuno, per accontentare tutti e non dispiacere a nessuno, in proporzione al proprio peso politico. Da sempre l’Unione Europa opera come una realtà consociativa, dove la maggioranza e l’opposizione sono entità complementari nel legittimare il comune potere che consente loro di beneficiare di privilegi, un potere supremo fondato e strutturato per auto-perpetuarsi, decidendo rigorosamente nei minimi dettagli ciò che ciascun attore di una grande messinscena può fare e ciò che non può fare, lasciando liberi tutti di sfogarsi a parole per colorire il teatrino della politica dandogli una facciata di democrazia, ma a condizione di  non intaccare le fondamenta di un sistema che nella sostanza è una dittatura.

È così che nel vertice più lungo della storia dell’Unione Europea, chiamato a dare una risposta unitaria alla più grave recessione economica dal dopoguerra conseguente alla pandemia di Coronavirus, dopo 92 ore di negoziati presentati a noi spettatori come un duro braccio di ferro tra i “responsabili”, gli Stati più duramente colpiti dalla crisi e interessati ad avere più aiuti possibili (Italia e Spagna), i “frugali”, gli Stati più rigorosi nel rispetto dei conti comunitari (Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia), e i “mediatori”, che sono stati Germania e Francia interessati a confermare il loro primato politico, il gigante europeo ha partorito un topolino, frutto di un compromesso probabilmente stabilito sin dall’inizio ma che per renderlo accettabile ci è stato offerto come uno spettacolo drammatico a lieto fine.

Si era partiti dall’idea di un “Recovery Fund”, presentato enfaticamente come “Next Generation EU”, che avrebbe dovuto essere pari a circa mille miliardi di euro a fondo perduto per aiutare gli Stati più in difficoltà economica e rilanciare lo sviluppo dell’Unione Europea, e si è arrivati a un accordo di 750 miliardi di euro, suddivisi in soli 390 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 360 miliardi di prestiti da restituire con gli interessi. 

Per ottenere il consenso degli Stati “frugali”, oltre a aver ottenuto la drastica riduzione dei sussidi a fondo perduto, sono state aumentate a loro beneficio le rettifiche forfettarie del bilancio europeo, nome come “rebates”, un meccanismo di rimborso voluto dalla Gran Bretagna, e che assegnerà alla Danimarca 377 milioni di euro (a fronte dei precedenti 197 milioni), all'Austria 565 milioni (raddoppiando i precedenti 237 milioni), alla Svezia circa un miliardo (prima erano 798 milioni), all’Olanda 1,9 miliardi (contro 1,5 miliardi precedenti) e alla Germania 3,67 miliardi (senza alcun incremento). 

In teoria è un compromesso che accontenta tutti. Ma per l’Italia non è propriamente così. La quota assegnata all’Italia dal “Recovery Fund” è di circa 209 miliardi di euro, di cui solo 82 miliardi di sussidi a fondo perduto e 127 miliardi di prestiti da restituire con gli interessi. Di fatto questo “Recovery Fund” ha unificato la logica delle sovvenzioni a fondo perduto per cui è stato concepito e grazie a cui è stato salutato positivamente dagli Stati più in difficoltà economica, con la logica del prestito propria del “Mes”, il “Meccanismo Europeo di Stabilità” o “Fondo salva-Stati”, che in Italia è avversato dal M5S, dallo stesso Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nonché dalla Lega e da Fratelli d’Italia. Dobbiamo prendere atto che il teatrino politico messo in scena dai capi di Stato e di Governo europei ha consentito di accreditare la logica del Mes e di rendere accettabile ciò che si escludeva categoricamente fino a 92 ore fa.

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio designato dal M5S e che votava per il Partito Democratico, nonostante un esito oggettivamente deludente, ha detto raggiante “Siamo soddisfatti: abbiamo approvato un piano di rilancio ambizioso e adeguato alla crisi che stiamo vivendo. Abbiamo conseguito questo risultato tutelando la dignità del nostro Paese e l'autonomia delle istituzioni comunitarie". Paolo Gentiloni, il Commissario per l’Economia dell’Unione Europea, del Partito Democratico, sostiene che “è la più importante decisione economica dall'introduzione dell'euro". 

Cari amici, sull’Unione Europea e sull’euro la penso in modo radicalmente diverso da Conte e Gentiloni. Ci sono prove inconfutabili, attestate da sette Premi Nobel per l’Economia ma che una semplice casalinga è in grado di confermare, che l’euro è stato lo strumento che ha causato la devastazione dell’economia dell’Italia e il drastico impoverimento degli italiani. Questa Unione Europea ci ha tolto la sovranità monetaria, economica, alimentare, legislativa e giudiziaria, ha scardinato le fondamenta della nostra civiltà rinnegando le nostre radici cristiane, contrastando la famiglia naturale, legittimando il relativismo e la cultura della morte, promuovendo l’invasione di clandestini e favorendo l’islamizzazione dell’Europa. L’Italia non è più uno Stato sovrano e ha sostanzialmente perso la propria indipendenza. L’esito deludente e umiliante del vertice europeo dedicato al cosiddetto “Recovery Fund” conferma che prima ci liberiamo di questa dittatura europea e della prospettiva di un Nuovo Ordine Mondiale assoggettato alla grande finanza speculativa globalizzata, è meglio sarà per l’Italia e per gli italiani. É l’ennesima conferma che l’Italia deve riscattare al più presto la propria sovranità, a partire dalla sovranità monetaria, per realizzare l’interesse supremo dell’Italia e conseguire il bene primario degli italiani Andiamo avanti forti di verità e con il coraggio della libertà. Insieme ce la faremo.