Cari amici buongiorno. Dobbiamo ringraziare quel pozzo di scienza e coscienza che è Luigi Di Maio per aver messo in discussione il pilastro di una democrazia appiattita nella sua dimensione rappresentativa, «uno vale uno», ed affermato il principio «uno non vale l’altro», che potrebbe appartenere a una democrazia o a un sistema non democratico che mettono al centro la governabilità premiando la meritocrazia.

Lo scorso 22 giugno, annunciando in una conferenza stampa le sue dimissioni dal M5S, Di Maio ha detto: «Mi sono interrogato a lungo sul percorso che il M5s ha deciso di intraprendere, un percorso che guarda al passato, ci siamo ancorati a vecchi modelli. Era necessario aprirsi al confronto. In questi giorni alcuni di noi sono stati messi di fronte a un bivio, scegliere tra le posizioni del proprio partito e la statura e la credibilità dell’Italia. Noi non abbiamo avuto dubbi da che parte stare. Ognuno di noi dovrebbe considerare la politica come una missione. Voglio dire grazie al M5s per tutto quello che ha fatto per me, sono anche convinto di aver ricambiato dando il massimo per il Movimento in tutti questi anni. Sono stati anni intensi, ricchi di emozioni, successi ma anche grandi sofferenze e quella di oggi è una scelta sofferta che non avrei mai immaginato di fare. Oggi io e tanti colleghi e amici lasciamo il M5s, quella che da domani non sarà più la prima forza politica in Parlamento. Da oggi inizia un nuovo percorso, con persone che hanno scelto di guardare al futuro. Abbiamo bisogno di aggregare le migliori capacità e talenti di questo Paese perché uno non vale l’altro».

Senza il principio «uno vale uno» Di Maio, ex venditore di bibite allo Stadio San Paolo di Napoli, senza una laurea, senza esperienze professionali qualificate, bocciato alle elezioni comunali a Pomigliano d’Arco nel 2010 dove ottenne solo 59 preferenze, entrato in Parlamento nel 2013 con appena 189 preferenze alle «elezioni parlamentarie» del M5S Movimento 5 Stelle, catapultato ai vertici del Potere grazie allo straordinario successo elettorale del M5S alle elezioni politiche del 2013 e soprattutto del 2018 promettendo agli italiani il reddito di cittadinanza in cambio del voto, Di Maio non sarebbe mai diventato prima Ministro dello Sviluppo economico e Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali nonché Vice-Presidente del Consiglio dei Ministri, e successivamente Ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale.

Di Maio ha annunciato la nascita di un nuovo soggetto politico dal nome del tutto banale «Insieme per il Futuro». Di fatto è un’iniziativa per perpetuare il proprio potere e di tutti i parlamentari del M5S che non avrebbero potuto ricandidarsi alle prossime elezioni politiche del 2023 avendo già fatto due mandati, conformemente allo Statuto del M5S. «Insieme» comprende, oltre a Di Maio e al Presidente della Camera Roberto Fico, i Ministri per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà e delle Politiche giovanili Fabiana Dadone, il Vice-Ministro dell’Economia Laura Castelli, il Sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, il Sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia, il Capogruppo alla Camera Davide Crippa, l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, l’ex Ministro delle Riforme Riccardo Fraccaro, il Presidente della Commissione d’inchiesta sulle banche Carla Ruocco, il Presidente della Commissione Politiche Ue Sergio Battelli, il Presidente della Commissione Affari costituzionali Giuseppe Brescia, il Questore alla Camera Francesco D’Uva, il Tesoriere del M5s Claudio Cominardi, il Capogruppo al Senato Vito Crimi, il Vice-Presidente del Senato Paola Taverna, l’ex ministro Danilo Toninelli, il Questore al Senato Laura Bottici e il Presidente della Commissione Bilancio al Senato Daniele Pesco.
«Insieme per il Futuro» è sostanzialmente la scelta dei non candidabili del M5S di mettersi in proprio per potersi candidare, dove per «Futuro» si intende il loro futuro politico, non quello dell’Italia e degli italiani.

Nel libro scritto dal “grillino“ Alessandro Pirrone, si afferma che «“Uno vale Uno“ significa democrazia, significa che si decide insieme, che c’è spazio per la partecipazione di tutti e che nessuno fa per gli altri o conta di più. Significa rifiutare una logica che ci ha portati tanto al fascismo in passato che allo strapotere dei leader di partito oggi. Nella pratica del M5S si intende tradurlo con la possibilità di voto, attraverso internet, per le scelte da condividere, pensando al modello dei referendum propositivi svizzeri. Uno vale Uno vuol dire anche partecipazione, in alternativa al modello di delega e rappresentanza. Nessuno vale tanti. Uno vale Uno vuol dire che il tuo voto pesa come il mio e che ognuno di noi ha diritto al proprio parere senza, perciò, vincolare le decisioni prese dal gruppo. Uno vale uno significa, quindi, rispettare il parere altrui e le decisioni assunte dalla maggioranza facendole proprie.»
Lo stesso Pirrone si è contraddetto quando il 9 agosto si dimise da Assessore ai Lavori pubblici del IV Municipio di Roma, dopo aver schiaffeggiato il suo compagno di partito, il
Consigliere comunale Domenico Milano che l’aveva schernito verbalmente, e disse: «La base dovrebbe farsi un esame di coscienza. Non tutti quelli che sono stati eletti meritano di restare al loro posto. Se davvero vogliamo cambiare l’Italia, chi non ha le capacità di amministrare dovrebbe lasciare l’incarico». Quindi in quella circostanza l’apologeta del motto “uno vale uno”, di fatto sostenne “uno non vale l’altro”.

Questa democrazia è implosa perché strutturalmente si regge su una flagrante contraddizione: afferma il principio «uno vale uno» nella fase elettiva, dove il voto di un elettore vale quanto quello di un altro; ma afferma il principio «uno non vale l’altro» nella fase esecutiva, dove si vorrebbe far primeggiare la governabilità sulla rappresentatività, la meritocrazia sul consenso popolare, di fatto tradendo il voto degli elettori e affermando dei Governi che rinnegano la sovranità popolare.
È stato il caso del Governo Conte sostenuto dal M5S e dalla Lega e, ancor di più, del Governo Draghi che sostanzia una partitocrazia consociativa che si è fatta beffe del mandato degli elettori e che si giustifica con la spartizione del Potere costi quel che costi.

Cari amici, è arrivato il momento di ripensare il mito della democrazia nel tragico contesto in cui siamo precipitati, della partitocrazia consociativa, di una civiltà decaduta, di uno Stato collassato, di una Giustizia morta, di un’economia devastata, di una società sessualmente e moralmente pervertita, di una popolazione condannata all’estinzione, di un’Italia senza più indipendenza e sovranità, sempre più fagocitati dal Nuovo Ordine Mondiale capeggiato dalla grande finanza speculativa globalizzata e dalla Cina capital-comunista.
Dobbiamo rimettere al centro il bene primario degli italiani e l’interesse supremo dell’Italia. Il sistema di governo della sfera pubblica deve essere al servizio dei cittadini. Tutte le sovrastrutture onerose, corrotte, inefficienti e vessatorie vanno eliminate. Serve un’autentica rivoluzione culturale, civile e politica per realizzare un traguardo vitale e ambizioso.

Andiamo avanti a testa alta e con la schiena dritta, forti di verità e con il coraggio della libertà. Con l’aiuto del Signore insieme ce la faremo.

Magdi Cristiano Allam
Fondatore e Presidente della Comunità Casa della Civiltà

Giovedì 30 giugno 2022