Cari amici buon pomeriggio. Dal primo Governo dell’Italia repubblicana presieduto da Alcide De Gasperi il 13 luglio 1946, al Governo Draghi costituto il 13 febbraio 2021, che ha rassegnato le dimissioni il 14 luglio 2022 e le ha reiterate oggi 21 luglio, in Italia si sono succeduti 67 governi in 76 anni, con una durata media di un anno e poco più di un mese per ciascun Governo. Il Governo Draghi è durato circa un anno e cinque mesi.

Nessun Governo italiano ha portato a termine la legislatura di cinque anni. Il Governo che è durato di più è stato il secondo Governo Berlusconi, rimasto in carica dall’11 giugno 2001 al 23 aprile 2005, in totale 1412 giorni, pari a 3 anni e 8 mesi. Questa realtà ci fa toccare con mano che la nostra democrazia è intrinsecamente inadeguata a garantire la governabilità dell’Italia.

È difficile dire se sia finita l’esperienza politica di Mario Draghi. È la personalità italiana più autorevole e altolocata nella grande finanza globalizzata; è l’unico di cui l’Unione Europea si fida per continuare a elargire i complessivi 191,5 miliardi del cosiddetto Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza); è l’unico che gode della stima incondizionata dell’amministrazione americana di Biden.
Da mesi si ventila l’ipotesi che Draghi possa diventare il nuovo Segretario generale della Nato e, alla luce di ciò, si spiegherebbe la scelta di impegnare pubblicamente l’Italia nella guerra al fianco dell’Ucraina contro la Russia, al punto di proclamare lo stato d’emergenza per ragioni belliche, unico Stato dell’Europa occidentale a farlo pur non confinando né con la Russia né con l’Ucraina.

Draghi ha tentato il colpaccio ma non c’è riuscito. Dopo aver ispirato la divisione del M5S operata dal suo fidato Luigi Di Maio, Draghi avrebbe voluto imporre formalmente la sua dittatura personale, obbligando i partiti della coalizione a sottomettersi incondizionatamente alle sue scelte.
Nel suo ultimo discorso politico al Senato, ieri 20 luglio, Draghi ha detto: «Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese. I partiti e voi parlamentari, siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che poi si è affievolito? Siamo qui, in quest'aula, oggi, a questo punto della discussione, perché e solo perché gli italiani lo hanno chiesto. Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani. Ritengo che un Presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori debba avere in Parlamento il sostegno più ampio possibile». Quel «sostegno più ampio possibile» è l’eufemismo che sta per dittatura personale ma che Draghi non ha avuto.
Draghi ha calcato la mano sui soldi che devono arrivare dall’Unione Europea nell’ambito del Pnrr: «Abbiamo già ricevuto dalla Commissione Europea 45,9 miliardi di euro, a cui si aggiungeranno nelle prossime settimane ulteriori 21 miliardi, per un totale di quasi 67 miliardi. Entro la fine di quest'anno, dobbiamo raggiungere 55 obiettivi, che ci permetteranno di ricevere una nuova rata da 19 miliardi di euro».
Tuttavia la Lega e Forza Italia, in aggiunta al M5S, non hanno votato la fiducia a Draghi, anche se l’ha comunque ottenuta. Nell’incontro che c’è stato a Palazzo Chigi sempre ieri, Draghi ha categoricamente rifiutato la richiesta di Salvini di procedere a un rimpasto governativo escludendo il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e il ministro della Salute Roberto Speranza. Draghi avrebbe risposto che la Lamorgese e Speranza sono «intoccabili».
Questa mattina Draghi si è presentato alla Camera dei Deputati per l’ultima volta in veste di Presidente del Consiglio. Le agenzie di stampa filo-governative ci dicono che Draghi si è commosso assistendo all’applauso corale dei deputati del Partito Democratico e ha detto: «Certe volte anche il cuore dei banchieri centrali viene usato». Il 12 luglio, in un intervento fatto durante una cena nella Sede della Stampa estera a Roma, Draghi aveva raccontato una barzelletta che si concludeva dicendo che «il cuore di un banchiere centrale non viene mai usato». Dopo quest’ultima battuta Draghi si è recato al Quirinale e ha reiterato al Presidente della Repubblica le proprie dimissioni che diventano pertanto definitive. A questo punto inizia ufficialmente la campagna elettorale che, di fatto, non è mai cessata.

La nostra democrazia è malata perché i partiti di Governo fanno contemporaneamente l’opposizione al Governo, essendo esclusivamente interessati a carpire il consenso degli elettori costi quel che costi. Il male profondo della nostra democrazia ha raggiunto l’apice proprio con il Governo Draghi, concretizzando una partitocrazia consociativa dove, partiti di estrazione diversa ma senza più ideali e valori, sono stati insieme solo per spartirsi il potere e il fiume ininterrotto di denaro pubblico.
La Casa della Civiltà ha elaborato una proposta di rifondazione dello Stato che mette al centro i Comuni, a cui spetta l’amministrazione locale e lo sviluppo del territorio, con un’unica tassa pagata direttamente ai Comuni di cui una quota va a uno Stato più autorevole ma non autoritario, retto da un Capo dello Stato scelto da un «Parlamento dei Sindaci» e votato dal popolo, che assume il potere esecutivo garantendo la governabilità dello Stato.
Andiamo avanti a testa alta e con la schiena dritta, forti di verità e con il coraggio della libertà. Con l’aiuto del Signore insieme ce la faremo.

Magdi Cristiano Allam
Fondatore e Presidente della Comunità Casa della Civiltà

Giovedì 21 luglio 2022