Cari amici, tre anni fa, il 7 gennaio 2015, si consumò la strage dei vignettisti del settimanale satirico francese Charlie pHebdo. Due terroristi islamici, i fratelli Kouachi, massacrarono con raffiche di mitra 12 persone, tra cui due poliziotti della vigilanza. Da allora in Francia il terrorismo islamico ha perpetrato una serie di attentati che complessivamente hanno provocato oltre 240 morti. L’allora Presidente francese Hollande decretò lo stato d’emergenza solo dopo la strage del Bataclan del 13 novembre 2015. Ma lo scorso 31 ottobre l’attuale Presidente Macron ha abolito lo stato d’emergenza pur prendendo atto della sua efficacia: 11 moschee chiuse, 32 attentati sventati, 4457 perquisizioni amministrative, 625 armi sequestrate.

La verità è che la sicurezza è estremamente impegnativa sul piano organizzativo e incredibilmente onerosa in un Paese con circa 16 mila sospetti terroristi islamici, classificati come pericolosi, e dove risiedono oltre 10 milioni di musulmani, con almeno 2 milioni di musulmani praticanti che frequentano abitualmente le moschee. In questo contesto si stima che per garantire la sicurezza ventiquattr’ore su ventiquattro ci vorrebbero 300 mila uomini dediti alla prevenzione degli attentati terroristici islamici. I costi sono proibitivi.

Sono costi proibitivi anche per Charlie Hebdo. Il direttore Laurent Sourisseau, in arte Riss, nel numero speciale che ricorda il terzo anniversario della strage, rivela che il settimanale è costretto a operare in una sede segreta, con i giornalisti rinchiusi come in un rifugio blindato e sottoposti a misure di massima sicurezza, con equipaggiamenti costosi e un servizio di agenti privati a presidio della redazione. “Questi investimenti e questa protezione hanno un prezzo. Tutto compreso, arrivano tra 1 e 1,5 milioni di euro all’anno, interamente a carico del giornale”. Questo, ha aggiunto, significa che la redazione deve vendere almeno “800.000 copie all’anno” solo per finanziare la sua sicurezza. Oltre una copia su due serve alla sicurezza del giornale. Ecco perché per il direttore di Charlie Hebdo la libertà d’espressione è diventata un “prodotto di lusso“. E conclude: “Fino a quando Charlie potrà sostenere un tale peso finanziario? Nessuno può dirlo”.

In prima pagina dell’edizione speciale di Charlie Hebdo è disegnata la porta di un bunker da cui spunta timidamente il volto di un redattore di Charlie. “Il calendario dell’Isis? – afferma – Abbiamo già dato…”. Il tutto corredato dalla scritta: “Tre anni in una scatola di conserve”. 

Cari amici, la verità è che nel bunker a vivere come in una scatola di conserve ci siamo tutti noi. Perché di fatto quest’Europa s’illude che la guerra scatenata dal terrorismo islamico potrà essere sopita ignorandola e potrà essere vinta affidandoci ai cosiddetti “musulmani moderati”, identificati nelle organizzazioni che controllano le moschee. Quest’Europa per liberarsi dai terroristi tagliagole si è consegnata ai terroristi taglialingue. Non ci sono scorciatoie: dobbiamo combattere e sconfiggere sia i terroristi tagliagole sia i terroristi taglialingue.