Cari amici buongiorno. Nel trentesimo anniversario della strage del magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti di Polizia della sua scorta in via D’Amelio a Palermo, perpetrata il 19 luglio 1992, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha denunciato «oscuri tentativi di deviare le indagini», mentre il Presidente del Consiglio Mario Draghi facendo riferimento alla strage del magistrato Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e di tre agenti di Polizia della scorta avvenuta cinquantasette giorni prima, il 23 maggio 1992 a Capaci sull’autostrada dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, ha detto che «la sua morte rimane una macchia sulla nostra storia e sulle nostre istituzioni che non seppero proteggerlo».

Queste le parole in cui Mattarella, trent’anni dopo la strage di Paolo Borsellino, afferma che bisogna «far luce» sulla vicenda: «Preservarne la memoria vuol dire rinnovare questo impegno nel tenace perseguimento del valore della legge, del diniego nei confronti del compromesso, dell’acquiescenza e dell’indifferenza che aprono la strada alla sopraffazione. Il suo ricordo impone di guardare alla realtà con spirito di verità, dal quale l’intera comunità non può prescindere. Quell’anelito di verità che è indispensabile nelle aule di giustizia affinché i processi ancora in corso disvelino appieno le responsabilità di quel crudele attentato e degli oscuri tentativi di deviare le indagini, consentendo così al Paese di fare luce sul proprio passato e poter progredire nel presente».

Anche Draghi ha detto che «dobbiamo continuare nella ricerca della verità»: «Nel celebrare il lavoro di Borsellino, il suo coraggio, il suo senso del dovere e dello Stato dobbiamo continuare nella ricerca della verità sullo stragismo mafioso e intensificare il nostro impegno contro le mafie. È il modo migliore per commemorare chi ha perso la vita al servizio dell’Italia, per mostrare concreta vicinanza ai loro cari. L'uccisione di Giovanni Falcone cinquantasette giorni prima non aveva scalfito la determinazione di Borsellino nel portare avanti le indagini su Cosa Nostra. La sua morte rimane una macchia sulla nostra storia e sulle nostre istituzioni che non seppero proteggerlo».

Eppure dai processi sono stati ufficialmente individuati sia i mandanti sia gli esecutori materiali, tutti della Mafia. Perché dunque, trent’anni dopo le stragi di Falcone e Borsellino, Mattarella dice che bisogna «far luce» e denuncia «oscuri tentativi di deviare le indagini»? Perché Draghi afferma «dobbiamo continuare nella ricerca della verità», e condanna lo Stato per la strage di Falcone perché «la sua morte rimane una macchia sulla nostra storia e sulle nostre istituzioni che non seppero proteggerlo»?

Cari amici, il lato oscuro su cui bisogna far luce è il rapporto tra lo Stato e la Mafia, tra politici, magistrati, dirigenti delle Forze dell’ordine, imprenditori, banchieri e personaggi additati come appartenenti alla criminalità organizzata. Ciò che va chiarito è se veramente c’è una netta linea di demarcazione tra lo Stato e la Mafia, tra chi è depositario del potere legittimo e chi sostanzia un contropotere illegittimo, tra chi detiene legalmente il denaro e chi se ne appropria illegalmente, oppure se tra lo Stato e la Mafia c’è compenetrazione, contiguità e collusione come lasciano trasparire mille indizi collegati alla trattativa che c’è stata tra lo Stato e la Mafia.
La vera storia delle stragi terroristiche e mafiose che hanno colpito Aldo Moro, Carlo Alberto Della Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, limitandoci ai nomi più conosciuti, è ancora da scoprire e riscrivere. Solo quando si affermerà la verità su queste stragi, questo Stato collassato potrà essere rifondato e corrispondere al bene primario degli italiani e all’interesse supremo dell’Italia.
Andiamo avanti a testa alta e con la schiena dritta, forti di verità e con il coraggio della libertà. Con l’aiuto del Signore insieme ce la faremo.

Magdi Cristiano Allam
Fondatore e Presidente della Comunità Casa della Civiltà

Mercoledì 20 luglio 2022