Ogni islamico accolto in Europa, è un po' come l’acquisto di un biglietto alla lotteria del terrorismo. Ovviamente la stragrande maggioranza dei biglietti non saranno vincenti, ma più se ne acquistano, maggiori sono le probabilità che venga estratto un terrorista, oppure il padre, il nonno, o il bisnonno di un terrorista.

Queste geniali righe del mio amico Stefano Cattaneo, riassumono quello che sta succedendo. Il problema terrorismo, peraltro è un problema minore. Capisco che trovarsi con le gambe spappolate o direttamente defunti sia sgradevole e che, per coloro cui è successo, possa essere irritante essere definiti un problema minore, ma se ci mettiamo a fare i conti dei morti ammazzati sul suolo europeo dal terrorismo islamico, otteniamo una cifra ben più piccola dei morti uccisi sulle strade il sabato sera. La grandiosità del terrorismo islamico è il famoso detto “colpirne uno per educarne mille”. Erano tutti Charlie, ma l’incredibile armata dei difensori della libertà si è un po’ spampanata come i soffioni nella brezza della sera, e ora non c'è più un accidenti di nessuno: la parola islam in Francia è stata giudiziosamente cancellata dalla quarta di copertina dei pochi saggi che osano esserne critici. L’autocensura e la vigliaccheria sono problemi ben maggiori, l’ingresso spropositato di un’immigrazione aggressiva, anche se nessuno mette nessuna bomba, distruggerà la nostra economia e il nostro tessuto sociale.

In una giornata come quella di venerdì, mentre notizie folli ma prevedibili si inseguivano, ho voluto ricordare la mia famiglia. Quando ero bambina, mio padre me ne raccontò la storia. Discendevamo, secondo lui, da un ramo cadetto che si era andato a disperdere nel Meridione, di una famiglia di Genova, in realtà originaria dalla Corsica, la parte settentrionale, dove in effetti poco distante da Macinaggio c’è la torre dei De Mari o Da Mare e lì, nel dodicesimo secolo, o forse in quello prima o in quello dopo, tale Barbara De Mari, vedova, combatté contro i saraceni per proteggere la sua vita e quelli di coloro che le erano affidati. Dice la leggenda che combattesse con un’ascia e non con la spada, perché lei era femmina e la spada non le toccava, o più semplicemente perché un’ascia è un’arma dove la forza si concentra su un filo più corto e quindi anche una donna nonostante la minore forza muscolare può dare un colpo mortale.

Quella dei pirati saraceni è una tragedia dimenticata e quando un popolo dimentica e rinnega la propria storia si sta candidando a diventare un popolo di schiavi o un popolo di morti. Per secoli e secoli le navi di schiavisti hanno solcato il Mediterraneo per depredare le coste di milioni di uomini. Le coste sono state abbandonate, i porti si sono insabbiati e impaludati, la Magna Grecia è diventata una terra di contadini e pecorai analfabeti. La Corsica e la Sardegna sono civiltà di contadini e pastori e non di marinai perché le coste erano abbandonate, dalle coste veniva la morte, venivano i saraceni, veniva il nemico. Nell’islam è vietato rendere schiavo un musulmano. Gli schiavi non potevano riprodursi, come in Brasile e negli Stati Uniti, perché i loro figli sarebbero stati probabilmente islamici, non avrebbero potuto essere schiavi, quindi morivano nel giro di pochi anni senza discendenza, senza lasciare traccia, così che sono stati dimenticati. Dato che siamo intelligenti e la buttiamo sul ridere, sul dramma delle donne rapite abbiamo scritto Il ratto nel Serraglio e Un’italiana ad Algeri, e poi quella tragedia l’abbiamo dimenticata.

Guardavo il mare, un mare che era stato difeso dalla Repubblica Veneta, e ascoltavo la voce di mio padre. I popoli che hanno dimenticato che la libertà e la terra si difendono, sono destinati a essere popoli di schiavi o di morti.