Nel 2007, Aqsa Parvez, una 16enne musulmana pachistana che viveva a Toronto è stata strangolata dal marito. Il suo crimine era quello di aver scelto – da donna libera in Canada – di non indossare il hijab, il velo islamico. Nel 2012, in un altro episodio sempre avvenuto in Canada, quattro donne musulmane sono state uccise dai loro familiari per essersi rifiutate di indossare il hijab, preferendo gli abiti occidentali.
E quindi? E quindi il 15 febbraio 2016 sotto l'egida del Comune di Ottawa, la capitale del Canada, si è svolta la Giornata del hijab. Il fatto che un governo accetti di celebrare una Giornata per testimoniare solidarietà con chi indossa il hijab, equivale ad accettare una sistema giuridico radicale che è in netto contrasto con i valori democratici del Canada e oltrepassa la linea che separa Chiesa e Stato. Essere favorevoli all'uso dello hijab significa approvare il primo passo verso un'ideologia estremista che porta ai delitti d'onore, alla pratica della mutilazione genitale femminile (MGF) e all'oppressione delle donne, e li giustifica.
Il termine Eurabia, coiato dalla scrittrice Bat Ye'or, indica l'inchinarsi dell'Europa all'islamizzazione, ma l'illusione che il continente americano sia indenne dal suicidio è un concetto che possiamo accantonare. Come è successo? Le università statunitensi e canadesi accettano contributi non statali da privati, anche provenienti dall'estero. Da trenta anni fiumi di denaro stanno arrivando da Arabia Saudita e Qatar alle università canadesi e statunitensi, che quindi si sono sempre più spostate su posizioni filoislamiche, filopalestinesi, anticristiane, antidemocratiche e antisioniste. Da queste università sono usciti e stanno uscendo personalità politiche, intellettuali e giornalisti islamicamente corretti che per pochi spiccioli o gratis si sono offerti come cavallo di Troia del disastro.