Negli anni 70 e 80 ho viaggiato molto nei paesi islamici, incluso il Sudan. Erano paesi di gente normale che viveva in maniera normale. Al Cairo, mentre eravamo in visita le piramidi, mio marito lanciò delle inequivocabili occhiate di desiderio ai magnifici panini alla melanzana che una signora stava distribuendo la sua famiglia. La famiglia insistette per dividere i panini con noi. Il Cairo era un luogo di gentilezza. Camminavamo per le strade, e quando incrociavamo lo sguardo delle persone, loro ci sorridevano. Una donna su 10, forse, aveva la testa coperta da un fazzoletto. Sono inciampata e caduta: tre persone si sono precipitate a rialzarmi e hanno insistito per offrirmi un tè alla menta.

Oggi sarebbe impensabile. Sono andata al Cairo l'ultima volta nel 2003 e ho giurato che non avrebbero visto la mia faccia mai più. I turisti non possono più camminare per le strade, il rischio di aggressione è troppo alto.

Sul pullman c'erano guardie armate. Le strade erano sovraffollate di gente: la delirante politica demografica di cinque o otto figli per madre evidentemente dava i suoi maledetti frutti. Tutte le donne aveva una testa coperta, molte avevano coperto il viso. Nessuno sorrideva. Gli sguardi di odio erano frequenti.

Cos'è successo in trent'anni? L'analfabetismo è diminuito. Questa non è una notizia bellissima in tutte le civiltà, è causa di miglioramento di qualsiasi lato della vita civile, meno che nell’islam.

Fino agli anni '70 la stragrande maggioranza degli uomini semplicemente non conosceva il Corano. L'onorevole idea di cosa accidenti ci fosse scritto. Il Corano non lascia scampo. “Uccidi gli infedeli  ovunque si trovino”, è un ordine tremendo. La predicazione di Khomeini ha cominciato l'effetto domino e ora ci ha portato al bravo terrorista della porta accanto, il bravo ragazzo che improvvisamente riempie di pezzi di ferro una pentola e diventa uno  sterminatore.

Quel ragazzo sta semplicemente ubbidendo al libro sacro, sta uccidendo gli  infedeli dove questi si trovano.

Eppure ci sono persone, incluso il Papa,  che in cima ai loro pensieri c'è ben altro, guarda caso il conflitto tra israeliani e palestinesi. Nel discorso di Pasqua questa è stata la prima attenzione del Papa. Io mi sarei presa il disturbo di ricordare per primi i cristiani nigeriani bruciati vivi nella loro chiese, e ho trovato agghiacciante che perfino il capo del cattolicesimo cada nella trappola di ritenere importante, anzi fondamentale, il più grave del pianeta, un falso problema che diventerà risolvibile solo quando tutti finalmente smetteranno di occuparsene. Moltissimi, evidentemente perfino al Papa, sono caduti nella trappola di pensare che questo sia il primo problema del mondo. Quindi il mondo potrebbe avere la pace se solo Israele facesse la cortesia di scomparire: gli israeliani potrebbero abbandonare per esempio una terra che hanno pagato, che hanno dissodato, che hanno reso un giardino, che hanno difeso soli contro tutti, e ritornare dei randagi senza terra, con la sopravvivenza  affidata alle benevolenza o alla furia  omicida del dittatore di turno. Allora tutti saranno buoni, l’islam diventerà più il simpatico, i suoi sterminati sudditi non vorranno più uccidergli fedeli, ma si limiteranno a prenderli  a martellate sull’alluce.

Sono desolata di dare una delusione a tutti: l’islam deve conquistare il mondo. Non solo il piccolo stato di Israele che con un coraggio da leone continua a resistere, ma il mondo: e le prime terre subito dopo Israele sono l’Andalusia, ma soprattutto Roma.

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Contrariamente al nostro Papa, io spero che la pace in Medio Oriente non ci sia, perché fino a quando i palestinesi non riconosceranno Israele, fino a quando i paesi islamici resteranno bloccati sui tre No di Khartum del 1967, no negoziati, no pace, no riconoscimento di Israele, la pace possibile è la distruzione di Israele.

Quindi  è venuto il momento del coraggio, il momento di riconoscere che il problema del mondo non è l'esistenza di Israele, ma la violenza dell'islam.

La conquista di Roma non sarà militare. Sarà sufficiente la demografia. Esiste una fatwa  che ordina alle donne islamiche di venire a partorire in Europa, meglio se in Italia.

Il mondo occidentale non ha riconosciuto al popolo d'Israele il diritto di esistere e di avere la propria capitale, Gerusalemme.

Tra trent'anni saremo costretti a combattere per salvaguardare il nostro diritto ad avere la nostra terra e la nostra capitale sarà messa in ginocchio, a meno che non rinsaviamo subito, che sarebbe una bella idea.

Tutto questo discorso a cosa porta? A una constatazione banale. Il compito di un ministro, il ministro di una democrazia, non è di fare le cose giuste e le cose belle, nemmeno le cose buone, ma di fare gli interessi dei cittadini del paese. Non è nostro interesse la presenza di cittadini islamici nel nostro paese. Noi abbiamo Roma, considerata dai musulmani la quarta città santa dell'islam. Per noi è dannatamente pericoloso.