Buongiorno amici! Ieri sono stato nuovamente censurato e bloccato da Facebook. Ieri questa piattaforma concepita per favorire la comunicazione virtuale in seno a comunità che condividono delle idee, mi ha per l'ennesima volta impedito di inserire dei contenuti, dopo aver totalmente bloccato l'accesso al profilo per alcune ore. Si potevano inserire dei commenti ma non era possibile aggiornarlo inserendo dei post, articoli o immagini. 
L'articolo incriminato riguardava l'esplosione della guerriglia a Tor Sapienza. Aveva una foto della rivolta violenta di immigrati a Rosarno, mentre il testo era ripreso dal sito di Il Tempo con una mia analisi in cui chiedo di rimandare a casa loro i clandestini.
Escludendo che il blocco possa essere dovuto alla foto o al testo ripreso dal sito di un quotidiano romano, deduco che ciò che secondo Facebook violerebbe gli "standard della comunità" è la mia analisi.
Ebbene si dà il caso che in Italia la Costituzione e le leggi tutelino la libertà d'espressione e di critica anche rigorosi e radicali, fintantoché non si traducano in apologia di razzismo o incitamento all'odio e alla violenza razziale. Se io chiedo al governo italiano di bloccare l'accoglienza dei clandestini e di rimandare a casa quelli che non possiamo mantenere perché ci sono fin troppi italiani poveri, questo non né razzismo né incitamento alla violenza, bensì una legittima rivendicazione che sottintende l'azione politica del governo legittimo di uno Stato sovrano.
A questo punto è chiaro che gli "standard della comunità" che sostanziano la "democrazia informatica" di Facebook violano la nostra Costituzione e le nostre leggi. Il fatto che il comportamento arbitrario dei gestori di Facebook sia la conseguenza di gruppi di pressione a me ostili che segnalano dei contenuti che violerebbero gli "standard della comunità", accredita il fatto che Facebook è in balia di gruppi organizzati il cui obiettivo è eliminare le voci critiche, il dissenso legittimo, l'opposizione alle posizioni di chi non si conforma ai loro diktat. 
Ed è così che Facebook si trasforma di fatto in uno strumento della "dittatura informatica". Forse non è nelle intenzioni dei suoi titolari e dei gestori, che restano anonimi e inaccessibili quasi fossero un'entità trascendente, ma è un dato di fatto che Facebook diventa strumento di repressione delle idee se si presta e si sottomette al comportamento arbitrario dei professionisti della censura delle idee libere nel nome del politicamente corretto.