(Il Giornale) - Per i terroristi islamici dell’Isis il dio denaro conta più di Allah. Lo conferma l’atroce decapitazione di Abdul-Rahman Peter Edward Kassig, ostaggio americano convertito all’islam oltre un anno fa, subito dopo il suo sequestro. È una brutta notizia per i familiari degli ostaggi americani e britannici, anche qualora dovessero convertirsi all’islam, perché i loro governi si oppongono categoricamente al pagamento del riscatto richiesto in cambio del loro rilascio. Prima di avvicinare la lama al collo, il boia ha giustificato il barbaro crimine con il fatto che Kassig “ha combattuto contro i musulmani in Iraq quando era soldato”, ma non ha fatto alcuna menzione della sua conversione all’islam.

Simile sorte era toccata al giornalista americano James Wright Foley, la cui decapitazione è stata resa nota lo scorso 19 agosto, che si era anche lui convertito all’islam durante la sua prigionia. Ora abbiamo la certezza che per i terroristi islamici la conversione all’islam è del tutto irrilevante. Così come non esitano a decapitare i musulmani che combattono sul fronte avverso e più in generale tutti coloro che non si sottomettono al loro potere. Se ne ha avuta riprova con le immagini della decapitazione di 15 soldati siriani, presenti nello stesso video diffuso ieri che mostra la testa mozzata di Kassig.

Da un’inchiesta del New York Times emerge che gli ostaggi occidentali nelle mani dei terroristi islamici dell’Isis vengono divisi per gruppi a secondo della possibilità di ottenere il pagamento del riscatto, con un differente tenore di trattamento. Sono soprattutto gli ostaggi americani e britannici a subire torture al limite della morte, legati al muro, appesi a testa in giù, sottoposti a finte esecuzioni e all’atroce pratica del waterboarding, il quasi annegamento che provoca danni polmonari e cerebrali.

In linea di massima i paesi europei accondiscendono al riscatto, a cominciare da Italia, Francia, Germania e Spagna. In un video dello scorso 24 ottobre il giornalista John Cantlie, ostaggio e che collabora con l’Isis, dice: “Non si scherza quando si tratta di negoziati. Gli europei hanno capito”. Conferma che in cambio del riscatto sono stati liberati 16 cittadini europei, tra cui 2 giornalisti spagnoli e 4 francesi. Riferendosi invece agli ostaggi americani e britannici, Cantlie dice: “Per noi tutti è chiaro che ci troviamo in grossi guai. I nostri governi hanno scelto di non negoziare con lo Stato islamico attraverso le nostre famiglie e gli amici. E mentre tutti gli altri soddisfacevano le condizioni per il rilascio, per noi non c’era nessun accordo”.

Una fonte dei Servizi segreti britannici impegnato nella liberazione degli ostaggi, ha confermato a Newsweek che la decapitazione degli ostaggi americani e britannici “è dovuta a questioni economiche, non per ragioni religiose o politiche. Non si è voluto accondiscendere alle richieste economiche dell’Isis”. Bisogna tener presente che l’Isis alza di parecchio il prezzo quando si tratta di ostaggi americani. Mentre ad esempio l’Italia ha pagato 6 milioni di euro per il rilascio lo scorso 26 maggio dell’italo-svizzero Federico Motka, “solo” 1 milione di euro per il rilascio di Marco Vallisa rapito in Libia lo scorso 5 luglio e probabilmente la stessa cifra sarà stata pagata per il rilascio di Gianluca Salviato rapito sempre in Libia nel marzo 2014, mentre la Francia ha pagato 14 milioni di dollari per il rilascio di 4 connazionali, per la liberazione di Foley l’Isis aveva chiesto 100 milioni di euro.

Per lo Stato islamico i riscatti sono vitali perché ha una crescente necessità di denaro contante per poter acquisire le sue necessità tramite il contrabbando alle frontiere, dove è costretto a svendere a metà prezzo il suo greggio e ad acquistare a prezzi maggiorati la benzina, i prodotti alimentari e le armi. Secondo Fuad Hussein, capo di Gabinetto del presidente curdo-iracheno Masoud Barzani, lo Stato islamico dispone di 200 mila miliziani e deve provvedere al fabbisogno di 12 milioni di persone residenti su un territorio pari a un terzo di Iraq e Siria. È del tutto evidente che l’economia è il vero tallone d’Achille dello Stato islamico. È sicuramente più facile confezionare un video con una testa mozzata esibita dal boia invocando Allah, che governare uno Stato assicurando il pane e lealtà dei cittadini.