RELAZIONE PRESENTATA AL CONVEGNO SULLA LIBERTA’ RELIGIOSA DEI CRISTIANI (MEMORIAL ORIANA FALLACI - FIRENZE, 16 SETTEMBRE 2012)

Signore e signori, buongiorno. Dividerò il mio intervento in due parti. Nella prima, intendo presentare brevemente l’associazione “Vincere la paura” (“Overcoming fear”), costituita nello scorso mese di giugno per iniziativa della Dott.ssa Valentina Colombo, esperta di geopolitica del mondo islamico, e collegata al movimento politico “Io amo l’Italia”, fondato dall’europarlamentare ed ex vicedirettore del Corriere della Sera Magdi Cristiano Allam, convertitosi al cristianesimo e battezzato dal Sommo Pontefice Benedetto XVI nella notte di Pasqua del 2008, di cui faccio parte assieme ad altri avvocati.

L’associazione nasce dalla consapevolezza che la minaccia jihadista ha ormai travalicato i limiti geografici del mondo islamico (che l’islam peraltro non riconosce, considerandoli un retaggio di imposizioni coloniali occidentali) e si è insediata in tutta Europa, grazie alla connivenza dei paesi occidentali con le nazioni esportatrici di petrolio ed all’ideologia del relativismo, del multiculturalismo e del terzomondismo, che si traducono in legislazioni particolarmente tolleranti e favorevoli nei confronti dell’immigrazione islamica e degli usi e costumi della stessa sharia.

Una delle tecniche del jihad è la costante intimidazione dell’avversario e la sua demonizzazione, che qualcuno ha definito “reductio ad Hitlerum”. Chiunque, in nome della libertà di espressione, si permette di criticare i comportamenti tenuti in vita da Maometto, che per i fedeli musulmani assumono valore normativo, o di evidenziare gli aspetti della civiltà islamica che appaiono più problematici alla luce della cultura occidentale (sia dal punto di vista del cristianesimo, sia da quello più propriamente laico che trova espressione nei cataloghi dei “diritti umani”) viene immediatamente tacciato di essere un nemico dell’islam, reazionario, additato a pericolo pubblico da imbavagliare e spesso, quando diviene oggetto di “fatwa”, deve temere per la sua stessa incolumità personale, al punto da dover emigrare o vivere sotto tutela addirittura dentro casa propria. Celebri sono i casi, per restare ai più famosi, di Salman Rushdie, Ayaan Hirsi Ali e dello stesso Magdi Cristiano Allam, personalità tra loro assai diverse quanto a riferimenti valoriali e formazione culturale, che si sono ritrovati accomunati dall’essere minacciati di morte da integralisti islamici per quanto contenuto nei loro scritti. Inoltre, nelle nostre metropoli occidentali vi è tutto un sottobosco di situazioni in cui persone di religione cristiana (a volte immigrate da paesi musulmani proprio per sfuggire alla persecuzione) si ritrovano minacciate da fanatici musulmani e vedono compromessa la loro libertà personale, ma che non balzano agli onori della cronaca perché non coinvolgono personaggi di primo piano. Recentemente, lo cito solo a titolo di esempio, mi sono occupato professionalmente della difesa di una madre di famiglia egiziana di religione copta la quale, fuggita in Italia dall’Egitto per sottrarsi ad atroci vessazioni (porta ancora sul volto i segni di una sfregiatura con l’acido subita da giovane) si è ritrovata perseguitata, oltraggiata e minacciata da un estremista islamico per le vie di Milano! Si tratta di fenomeni purtroppo in crescita, anche se, ripeto, i media se ne occupano solo quando ci scappa il morto oppure quando ad essere vittima di simili minacce o violenze sono personaggi di spicco del mondo politico, culturale o intellettuale. Altro fenomeno da non sottovalutare è la tendenza, da parte degli immigrati islamici che vengono a contatto con una civiltà che a loro appare inaccettabile, moralmente corrotta e decadente (e sotto questo aspetto dobbiamo riconoscere che possono avere le loro ragioni), a rifiutare i costumi di vita occidentali ed a rifugiarsi nella sharia, quanto meno per individuare i comportamenti da tenere all’interno delle loro famiglie. Così abbiamo avuto in Italia casi di ragazze adolescenti uccise in modo rituale dai loro stessi congiunti di sesso maschile perché, ad esempio, avevano iniziato una relazione con un ragazzo italiano non musulmano oppure perché rifiutavano il velo e si vestivano con un abbigliamento uguale a quello dei loro coetanei italiani, giudicato troppo occidentale e quindi sconveniente. Anche qui, posso limitarmi a ricordare i due casi più tragici e famosi, quelli di Hina e Sanaa, uccise in Italia – un paese che si definisce laico - dai loro stessi familiari in quanto rivendicavano nei loro comportamenti quotidiani un’indipendenza incompatibile con i dettami della sharia.

Di fronte a minacce di questo tipo, di cui ancora troppo pochi sono consapevoli, occorre reagire. Per questo motivo, come accennavo, è stata fondata l’associazione “Vincere la paura”, che ha lo scopo di salvaguardare, in senso lato, la libertà di parola, di espressione e di religione in Italia, in Europa e nel mondo arabo-islamico. In modo particolare, detta associazione si occuperà di fornire sostegno legale e, qualora possibile, finanziario a chiunque sia bersaglio del cosiddetto “jihad legale”, a chiunque venga imposta la conversione per potere celebrare il proprio matrimonio civile con una donna musulmana, a chiunque venga minacciato o subisca violenza in nome di una tradizione o di una religione, a chiunque sia vittima di segregazione, maltrattamenti e discriminazione in nome di una religione, a chiunque venga più in generale minacciato e  quindi limitato nella propria libertà di religione ed espressione. Parimenti fornirà informazione corretta sulle suddette tematiche. L’Associazione si prefigge altresì di arginare le azioni di tutti coloro, singole persone e associazioni, che cercano di limitare e sopprimere la libertà di espressione e di religione su argomenti quali l’islam, l’islam radicale, il terrorismo e il finanziamento del terrorismo, la libertà religiosa, ricorrendo allo strumento legale oppure facendo varare leggi sull’istigazione all’odio e leggi anti-diffamazione, leggi contro l’islamofobia. Vittime di queste procedure legali sono analisti, politici, giornalisti, famosi e non, e semplici cittadini. D’altro canto vittime della discriminazione per motivi religiosi e legati alla tradizione sono spesso donne. L’Associazione si occuperà anche di tutti quei musulmani/e che vengono accusati, direttamente o indirettamente, di apostasia al fine di tutelarli/e e garantire loro la totale libertà nel vivere e praticare la propria fede. 

Mi auguro che l’associazione “Vincere la paura” possa trovare sostegno a livello internazionale ed inserirsi in un network che le consenta di operare al meglio per il raggiungimento dei propri fini.

Questo per quanto riguarda la prima parte del mio intervento.

Nella seconda, più breve, vorrei accennare ad un fenomeno, a mio avviso preoccupante, che coinvolge i mezzi di informazione occidentali. Prendo spunto da quanto ho ascoltato un paio di sere fa mentre ero sintonizzato su un celebre canale satellitare italiano, dove nel corso di una trasmissione di approfondimento sui tumulti esplosi nel mondo islamico, a seguito del controverso film americano su Maometto, si sono alternati a parlare due tra i commentatori più in voga nei salotti televisivi, entrambi esperti di geopolitica, Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes, e Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali. Entrambi questi commentatori, sia pur con sfumature diverse, hanno accreditato la tesi che la Fratellanza Musulmana, che è andata al potere attraverso elezioni formalmente democratiche dopo il rovesciamento dei regimi dittatoriali esistenti di Ben Alì, Mubarak e Gheddafi, sarebbe un movimento tutto sommato pacifico, democratico e moderato con cui l’Occidente, volente o nolente, può e deve rassegnarsi a convivere, quanto meno per evitare derive integraliste ancora peggiori, mentre i sommovimenti conseguenti alla diffusione del film su Maometto (ma in realtà sappiamo che, almeno nel caso dell’assalto all’ambasciata americana in Libia, si trattava di azioni pianificate da tempo, che aspettavano solo il pretesto per essere messe in pratica) sarebbero opera dei movimenti salafiti legati ad Al Qaida, il cui obiettivo sarebbe quello di far fallire le rivoluzioni che nei media occidentali vanno sotto il nome di “primavera araba” (primavera perché, dopo l’inverno dei dittatori sostenuti dall’Occidente, avrebbe finalmente spalancato le porte della democrazia e del benessere alle popolazioni di quelle terre).

Mi sia permesso dissentire dall’opinione di così autorevoli studiosi. Le rivoluzioni che hanno interessato, e che continuano tuttora ad interessare (vedi Siria), i paesi arabi a maggioranza islamica, non sono un argine alla presa del potere da parte delle organizzazioni radicali di stampo salafita, ma piuttosto ne costituiscono il preludio. Infatti, a parte il fatto che esistono evidenti aree di contiguità tra questi movimenti, apparentemente in competizione tra loro, rimane il fatto, innegabile, che Fratelli musulmani e terroristi salafiti, se differiscono quanto a strategia, hanno in realtà un unico comune obiettivo, consistente nella totale islamizzazione della società, con la riduzione delle minoranze non musulmane (cristiani in primis per ragioni storiche) al ruolo di “dhimmi” privati dei diritti più basilari, tra cui quello alla vita, all’integrità ed incolumità personale e dei propri beni ed alla libertà di praticare la religione cristiana. Ne abbiamo avuto una dimostrazione quanto mai lampante proprio in questi giorni. Violenze e proteste così diffuse e prolungate, in tutto il mondo islamico, sarebbero state inimmaginabili fino a poco più di un anno fa, quando erano al potere i tanto disprezzati regimi dittatoriali. Dobbiamo quindi toglierci dalla testa che le rivoluzioni e la democrazia siano per forza una cosa buona, mentre in realtà in determinati contesti, quale appunto quello islamico, sono il preludio di una terribile persecuzione per i cristiani abitanti di quelle terre, che se non interveniamo (e se non interverremo saremo moralmente complici) potrà assumere dimensioni apocalittiche. Grazie.