(Fonte: http://gek60.altervista.org/2013/06/benedetto-xvi-ed-il-prof-giacinto-auriti-leuro-non-vale-niente/)

Oggi più che mai è interessante studiare la storia dello stimatissimo compianto prof. Giacinto Auriti, il quale, con la sua grande cultura e con il fervente desiderio di diffondere una vera politica di destra sociale (giustizia ed equità), mise in discussine il potere e la proprietà della moneta, fondando, nel suo paese di nascita – a sue spese – una moneta in argento che nel 2002 di fatto sostituì l’euro.
Le teorie del prof. Auriti, ancora studiate dai grandi economisti di livello mondiale, anche se molte volte snobbate e derise (ci mancherebbe, guai a dire la verità), misero in seria difficoltà la Banca d’Italia che, ovviamente, si trovò dinanzi ad un privato cittadino che, a sue spese, emetteva moneta in argento ed era seguito da tutti i suoi concittadini.
Il professor Auriti, difatti, ispirandosi alla Dottrina sociale della Chiesa, volle restituire la proprietà della moneta al cittadino e non solo l’illusione del possesso.
Dovete sapere che attualmente, noi non siamo proprietari della moneta che abbiamo, ma ne siamo solo portatori e, sempre secondo il prof. Auriti, la moneta attuale non ha alcun valore intrinseco, in quanto le riserve auree, depositate al momento dell’emissione di carta moneta, sono state abolite.
In pratica, ogni qual volta si emette moneta e la si distribuisce, non si fa altro che incrementare il debito pubblico che, alla fine, ricade sulle spalle del comune cittadino.
Quindi, secondo il saggio professore, il popolo è «doppiamente cornuto», in primis perché lavora per guadagnare qualcosa che non è di sua proprietà, ovvero l’euro che è solo in prestito, ed in secondo luogo perché il suo lavoro, che porta all’emissione di carta moneta, fa sì che il popolo abbia sulla testa l’incremento quotidiano di debito pubblico dato dall’emissione di euro da parte di Bankitalia.
Anni prima, come possiamo ben vedere da questo video[1], fu lo stesso Cardinale Ratzinger, attuale “Papa emerito” Benedetto XVI, ad elogiare il lavoro, gli studi e la messa in opera di una reale moneta da parte del prof. Auriti. Anche molti Cardinali, all’epoca dei fatti, espressero il loro pare favorevole.
L’unico modo, difatti, per restituire il potere al lavoratore, è quello, secondo Dottrina sociale della Chiesa, di corrispondergli equo compenso, commisurato al suo lavoro, in moneta con reale valore intrinseco (non moneta fittizia come lo è l’euro – insieme di bit).
Se io, libero commerciante, da domani decido di rifiutare gli euro e di accettare solo moneta in argento, sono addirittura condannato penalmente, in quanto sono obbligato a dover accettare qualcosa che non ha valore.
Il prof. Auriti, fece cadere su se stessa questa torre fatta di menzogne e di schiavismo.
Qui di seguito vi elenco qualche piccola nozione tratta da Wikipedia[2], solamente per farvi capire di chi e di cosa vi sto parlando:
Giacinto Auriti (Guardiagrele, 10 ottobre 1923 – Roma, 11 agosto 2006) è stato un giurista, saggista e politico italiano.
Laureatosi a Roma, è stato tra i docenti fondatori della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Teramo, della quale è stato anche preside. Ha insegnato Diritto della navigazione, Diritto internazionale, Diritto privato comparato e Teoria generale del diritto. Ha fondato la cosiddetta «scuola di Teramo» nel campo del diritto. È autore di alcuni testi di Diritto della navigazione.
Nell’ultimo periodo della sua vita, pur senza aver mai compiuto studi di teoria economica, ma partendo dagli argomenti trattati dal poeta statunitense Ezra Pound, ha fortemente sostenuto che l’emissione di moneta, senza riserve e titoli di Stato a garanzia per la realizzazione di opere pubbliche, non creerebbe inflazione in quanto corrisposto da un eguale aumento della ricchezza reale, e che le banche centrali ricaverebbero profitti indebiti dal signoraggio sulla cartamoneta, dando origine in tal modo al debito pubblico.
Il prof. Auriti ha condotto una serie di iniziative come segretario generale del «Sindacato Antiusura» (SAUS) e come legale rappresentante dell’associazione culturale «Alternativa sociale per la proprietà di popolo».
Tra queste ha chiesto al Tribunale di Roma di dichiarare «la moneta, all’atto della emissione, di proprietà dei cittadini italiani ed illegittimo l’attuale sistema dell’emissione monetaria, che trasforma la Banca Centrale da ente gestore ad ente proprietario dei valori monetari».
La richiesta viene respinta e il Tribunale condanna Auriti al pagamento di 10 milioni di lire[3].
In seguito due progetti di legge, il n.1282 dell’11 gennaio 1995, presentato dal senatore Luigi Natali, ed il n.1889 dell’11 febbraio 1997, del senatore Antonino Monteleone di Alleanza Nazionale, hanno riproposto le tesi di Auriti, anche se il Senato non le ha mai discusse.
Il prof. Auriti ha condotto nel 2000 un esperimento nella sua cittadina natale Guardiagrele emettendo (il SIMEC).
L’iniziativa ha avuto un discreto successo, perché i SIMEC erano ceduti alla pari in cambio di lire e ritirati al doppio del valore originario. I costi relativi furono sostenuti dallo stesso Giacinto Auriti.
In seguito ad un intervento della Guardia di Finanza i SIMEC in circolazione vennero però confiscati; nonostante la successiva revoca del sequestro, l’esperimento fu interrotto.
L’esperimento, che nelle intenzioni avrebbe dovuto mettere alla prova le teorie di Auriti, è costato allo stesso una condanna a 4 mesi per raccolta abusiva del risparmio.
Il Sindacato antiusura nel 2001 ha promosso un disegno di legge di iniziativa popolare[4], che però non è stato appoggiato dalla raccolta delle firme necessarie.
Nel 2004 il prof. Auriti si è candidato alle elezioni del Parlamento europeo nella lista «Alternativa Sociale» di Alessandra Mussolini. Le teorie poundiane di Auriti sono proprie di alcuni movimenti politici dell’estrema destra e del sindacato UGL, nei cui programmi si trova, per esempio, la proposta del reddito di cittadinanza e del credito sociale.
La Banca d’Italia, opponendosi attraverso i suoi avvocati alla richiesta di Auriti, ha scritto: «la visione della moneta e delle funzioni monetarie che l’attore intende accreditare è palesemente distorta e completamente infondata [...] l’accettazione da parte della collettività, lungi dall’essere causa del valore della moneta, ne rappresenta in realtà solo l’effetto, sicché il sillogismo deve essere rovesciato: non è vero che la moneta vale in quanto è accettata, ma semmai, come la storia e la cronaca stanno a dimostrare, che essa è accettata solo in quanto abbia un valore. Di qui la necessità che tale valore, rispondendo ad un fondamentale interesse pubblico, sia difeso e garantito dalle Pubbliche Autorità, funzione nei moderni stati affidata alle banche centrali».
Il batter moneta, ha continuato la Banca d’Italia è espressione della sovranità statale, e quindi «il valore della moneta trae il proprio fondamento solo ed unicamente da norme dell’ordinamento statale, che, per solito, disciplinano minutamente la creazione e la circolazione della moneta, ne sanciscono l’efficacia liberatoria, ne sanzionano la mancata accettazione in pagamento e tutelano la fede pubblica contro la sua falsificazione ed alterazione».
A proposito della questione della proprietà della moneta, sollevata da Auriti nell’ambito dello stesso procedimento, la Banca d’Italia ha sostenuto: «la domanda attorea è poi, anche nel merito, destituita del benché minimo fondamento [...] perché si basa sulla premessa, completamente errata che manchi nel nostro ordinamento una norma di legge che indichi il proprietario della moneta all’atto dell’emissione».
L’appropriazione della moneta da parte della Banca d’Italia, ha continuato il ragionamento della Banca, secondo Auriti «si baserebbe su una consuetudine interpretativa contra legem»; ha fatto, inoltre, notare la Banca che: «i biglietti appena prodotti dall’officina fabbricazione biglietti della Banca d’Italia costituiscono una semplice merce di proprietà della Banca Centrale, che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative spese[5]». Acquistano la funzione e il valore di moneta solo quando la Banca d’Italia li immette nel mercato e ne trasferisce la proprietà ai percettori. L’immissione dei biglietti avviene con operazioni che la Banca in autonomia conclude «con il Tesoro, con il sistema bancario, con l’estero e con i mercati monetari e finanziari, operazioni tutte previste e compiutamente disciplinate dalla legge e dallo statuto della Banca d’Italia[6]».
Bankitalia, in sostanza, ha definito «abnorme e campata in aria» la teoria di Auriti per la quale «esisterebbe una consuetudine interpretativa contra legem, in base alla quale la Banca Centrale all’atto dell’emissione mutua allo Stato italiano ed alla Collettività Nazionale, tutto il denaro che pone in circolazione».
La Banca ha aggiunto che la moneta è immessa nel mercato in base ad operazioni previste e disciplinate dalla legge, con le quali la Banca d’Italia cede la proprietà dei biglietti. Questi come circolante vengono registrati nel passivo nella contabilità della Banca che acquista in contropartita o riceve in pegno beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che finiscono nell’attivo. Inoltre la Gazzetta Ufficiale, come prescrive la legge, riporta mensilmente tali operazioni; considerato che essa stessa si assume le spese di fabbricazione dei biglietti e l’imposta di bollo, mentre gli utili annuali, effettuati i prelevamenti e le distribuzioni di cui parla l’art. 54 dello Statuto vengono devoluti allo Stato ai sensi dell’art. 23 del T.U. n. 204/1910, si evidenzia «l’assoluta inconsistenza ed insensatezza delle tesi» di Auriti, secondo il quale «l’erogazione della moneta sarebbe effettuata dalla Banca d’Italia addebitandone allo Stato ed alla collettività l’intero ammontare senza corrispettivo».
Pertanto, ha concluso la Banca, «non è dato riscontrare alcunché di arbitrario o di illegittimo nelle prerogative esercitate in campo monetario dalla Banca Centrale, perché, contrariamente a quanto preteso dall’attore, l’intera materia è compiutamente disciplinata dal legislatore, in modo tale che nessun aspetto attinente all’attribuzione o all’esercizio della funzione di emissione può dirsi regolamentato da consuetudini interpretative e, meno che mai, da consuetudini contra legem».
Auriti, d’altra parte, ha continuato a mettere in evidenza come le banche centrali non siano pubbliche ma private e non siano tenute sotto controllo da nessun ente pubblico e come esista un vuoto legislativo abnorme ed inspiegabile a livello di diritto monetario su chi sia il proprietario della moneta all’atto dell’emissione.
Secondo Auriti, di conseguenza, sembra essere molto contradditorio parlare di sovranità statale sulla moneta, infatti, questa non esiste in nessun modo in quanto la banca d’Italia è privata al 95%. Auriti, inoltre, ha sostenuto che la Banca Centrale crea una moneta gravata da debito perché all’atto dell’emissione la emette caricandone il costo al 200%, infatti, da qui la domanda provocatoria fatta ad un convegno riguardante l’usura ad un tecnico della Banca d’Italia: «il costo del denaro al 200% non è usura?».
Nei suoi studi Auriti ha messo in evidenza come i popoli, con la nascita della moneta debito (che per definizione stessa non ha il segno della proprietà ma il segno del debito), siano trasformati da proprietari in debitori; egli ha sostenuto che la banca toglie al cittadino la proprietà della moneta e lo indebita di altrettanta, quindi la banca crea prima un indebitamento dannoso per la comunità del 100% poi un ulteriore debito del 100%, da cui si deduce come si crei il costo del denaro al 200% per la collettività.
Rifacendosi alle teorie di Auriti, l’editorialista Francesco Diana, sul sito Pontifex.Roma[7], ha affrontato anche i problemi relativi ai cosiddetti «contadini che sono schiavi delle banche dei semi».
Nell’editoriale, dopo un’accurata analisi, si legge: «così ci ritroviamo ad avere in agricoltura lo stesso problema che Giacinto Auriti aveva denunciato nel campo dell’economia. Infatti così come le persone non sono i veri proprietari dei soldi che hanno in tasca, allo stesso modo i contadini non sono i veri proprietari delle varie varietà di piante che hanno nell’orto e, insieme con lui, diciamo che così come la moneta nasce di proprietà della banca che la emette prestandola (e quindi le persone invece di essere proprietarie di quelle monete che hanno in tasca ne sono debitrici) allo stesso [...] il seme nasce di proprietà della multinazionale che lo emette prestandolo, in questo caso ai contadini. Siamo proprio ai paradossi più assurdi ed è imbarazzante constatare che, mentre O.G.M. e ibridi commerciali vengono promossi, pubblicizzati e diffusi, i tradizionali semi autoctoni (quelli che possono riprodursi con stabilità genetica) rischiano di diventare illegali in quanto privi del marchio C.E.E. ! I semi sono stati sempre perseguitati nei regimi dittatoriali [...]».

[1] http://www.youtube.com/watch?v=28_tDWrKpRw
[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Giacinto_Auriti
[3] Notizia appresa, ma non comprovata da fonte precisa
[4] Accettazione dell’EURO: reddito di cittadinanza proprietà del portatore
[5] Art. 4, comma 5, del T.U n. 204/1910
[6] Artt. 25 – 42 del T.U. n. 204/1910 e artt. 41 – 53 dello Statuto
[7] http://www.pontifex.roma.it/index.php/opinioni/laici/4775