(http://archiviostorico.corriere.it/1998/marzo/23/moneta_
unica_soviet_co_0_98032312205.shtm) - lCorriereconomia.Bocciature / Per il Nobel Milton Friedman, l'euro e' un progetto dirigista e pericoloso "Francoforte e Bruxelles prenderanno il posto del mercato" La moneta unica e' un soviet Europei, sperate nella sorte. Il Purgatorio di cui parla il Governatore Fazio, altrimenti, passera' per un villaggio vacanze. E la vostra valuta unica vi torturera' come il tridente del Maligno. Milton Friedman, che non e' diventato il grande saggio della moneta della seconda meta' del secolo perche' cammina sui gusci d'uovo, non parla per tenere alti gli animi. E' il concentrato del radicalismo: per l'euro di Kohl e Mitterrand, sul quale l'Europa si sta dannando l'anima, non ha un grammo di benevolenza, lo fa a pezzi. Lo considera un progetto "elitario, antidemocratico e dirigista" e quindi esposto a pagare il prezzo delle sue caratteristiche. Da questa parte dell'Atlantico, faremmo bene a sperare in una stella in piu' sulla bandiera d'Europa. Sara' quella che conta. Se non sara' assistito da una gran fortuna, il caro Vecchio continente rischia un capitombolo mai visto dalla vetta della moneta unica che sta innalzando. Friedman, 86 anni, padre del liberismo moderno, Premio Nobel, anima e mente della Scuola di Chicago e del monetarismo, Nemico Numero Uno della sinistra del pianeta, e' probabilmente l'economista vivente piu' rilevante, di sicuro il conoscitore massimo della moneta e dei suoi labirinti. Oggi vive in California, insegna alla Stanford University, e' senior research fellow della Hoover Institution. In questi giorni e' a Sea Ranch, sulla costa dell'oceano, dalla sua casa allunga lo sguardo sul Pacifico ed e' piu' che mai dell'opinione che l'Unione monetaria sia un'assurdita' che peggiorera' i problemi dell'Europa e ridurra' la liberta' di mercato. Beh, come minimo e' un esperimento interessante. "Interessante da osservare. Ma non sara' di certo quel tipo di benedizione che vorrebbero far credere. Niente di sbagliato, in generale, a volere un'unione monetaria. Ma in Europa c'e' gia' ed e' quella esistente di fatto tra Germania, Austria e Paesi del Benelux. Niente vieta che, se ci tiene, l'Italia aderisca a quella. Il resto e' una costruzione non democratica". Perche' non democratica? "Il progetto generale non lo e'. Ovviamente, perche' non e' quello che vogliono i cittadini. Se la popolazione tedesca votasse, il progetto sarebbe sconfitto. E lo stesso accadrebbe in molti altri Paesi. L'Unione monetaria e' il prodotto di una elite. E' il frutto di una impostazione non realistica, di una spinta elitaria di chi vuole usare la moneta unica per arrivare all'unione politica. Pensiamo davvero che Kohl oggi e Mitterrand in passato siano stati sostenuti da un desiderio di unita' economica? No, il loro obiettivo primario era politico, mettere assieme Francia e Germania per evitare guerre future. Gli Stati Uniti d'Europa sono una componente essenziale del progetto monetario". Ed e' un errore? "E' una visione sbagliata. Piu' che unire, la moneta unica crea problemi e divide. Sposta in politica anche quelle che sono questioni economiche. La conseguenza piu' seria, pero', e' che l'euro costituisce un passo per un sempre maggiore ruolo di regolazione da parte di Bruxelles. Una centralizzazione burocratica sempre piu' accentuata. Le motivazioni profonde di chi guida questo progetto e pensa che lo guidera' in futuro vanno in questa direzione dirigista. E' una tendenza che c'e' da 15 anni, contro la quale, per esempio, ebbe modo di combattere Margaret Thatcher". Pensa che sara' anche un fallimento? "Spero di sbagliarmi, perche' un'Europa di successo e' nell'interesse sia degli europei che degli americani. Ma non vedo la flessibilita' dell'economia e dei salari e l'omogeneita' necessaria tra i diversi Paesi perche' sia un successo. Se l'Europa sara' fortunata e per un lungo periodo non subira' shock esterni, se sara' fortunata e i cittadini si adatteranno alla nuova realta', se sara' fortunata e l'economia diventera' flessibile e deregolata, allora tra 15 o 20 anni raccoglieremo i frutti dati dalla bendizione di un fatto positivo. Altrimenti sara' una fonte di guai". Cosa prevede succedera'? "Una riduzione della liberta' di mercato. A Francoforte siedera' un gruppo di banchieri centrali che decidera' i tassi d'interesse centralmente. Finora, le economie, come quella italiana, avevano una serie di liberta', fino a quella di lasciar muovere il tasso di cambio della moneta. Ora, non avranno piu' quell'opzione. L'unica opzione che resta e' quella di fare pressione sulla Ue a Bruxelles perche' fornisca assistenza di bilancio e sulla Banca centrale europea a Francoforte perche' faccia una politica monetaria favorevole. Aumenta cioe' il peso dei governi e delle burocrazie e diminuisce quello del mercato. Sarebbe meglio fare come alla fine del secolo scorso, quando, col Gold Standard, l'Europa aveva gia' una moneta unica, l'oro: col vantaggio che non aveva bisogno di una banca centrale". A proposito, che approccio crede prendera' la Banca centrale europea? Riuscira' a controllare la massa monetaria? "No, non c'e' dubbio, non possono partire con un obiettivo monetario in un'area cosi' ampia e non conosciuta. Si daranno un target di inflazione e per di piu' non esplicito: non stabiliranno un meccanismo automatico ma manterranno una grande discrezionalita' di scelte. Come fanno oggi la Bundesbank e la Banque de France con i tassi d'interesse a breve. Sara' interessante, dal punto di vista degli studiosi". Tornando agli effetti dell'euro, pensa che l'Unione monetaria possa, in certe circostanze, rompersi? "Difficile. E' possibile ma non probabile. Se coloro che la vogliono arriveranno al punto di farla, e' difficile che poi salti. Anche se e' gia' successo in passato che un'area monetaria si sia divisa in parti. Certo dovrebbe essere il risultato di una crisi, un forte atto politico". Con conseguenze negative anche sul mercato unico? "Impossibile da prevedere. Quello che c'e' da dire sul mercato unico, piuttosto, e' che e' reso piu' complicato proprio dall'Unione monetaria che rende piu' difficili le reazioni delle economie, toglie loro strumenti e le rende piu' dipendenti dalle burocrazie". L'euro sara' una minaccia per l'egemonia del dollaro? "Non lo so per certo. Scommetterei pero' che non lo sara'. Nell'uso delle valute, c'e' molta inerzia di comportamenti. Come minimo, ci vorra' tempo prima che l'euro si affermi. Da una moneta, la gente si aspetta stabilita': solo se sara' un successo in Europa e manterra' l'inflazione bassa, potra' dare fiducia a livello internazionale. Ma l'euro non sara' un'alternativa improvvisa al dollaro. E se anche l'euro lo sfidera', non sara' un gande problema per gli Stati Uniti: avere una valuta internazionale non e' poi quel gran vantaggio". E per i cittadini europei? sara' una transizione difficile? "Sara' molto difficile da capire. In Francia, ci sono voluti decenni per fare entrare nella mente della gente il passaggio dal franco vecchio a quello nuovo. Il denaro e' qualcosa che diventa una parte di base del pensiero, un'idea. Nella percezione, il tuo denaro e' denaro, con un suo valore, quello degli altri Paesi e' carta. Anche questo porta a chiedere se il passaggio alla moneta unica europea e' democratico. Non credo che i cittadini lo ameranno". Fatto sta che con questo progetto gli europei hanno ridotto i deficit pubblici e si sono messi sulla strada degli Stati Uniti che pareggeranno il bilancio il prossimo anno, o forse gia' nel '98. "Questa e' proprio un'idea sbagliata, non e' la vera questione. A parte che i conti pubblici li aggiusti come credi, la verita' e' che il debito americano continua a crescere a causa di poste non finanziate, come la sicurezza sociale e le pensioni. La chiave non e' questa: quello che conta e' la frazione di Prodotto lordo che si prende lo Stato. E oggi questo e' sempre piu' intrusivo anche in America: pesa ormai per il 40 % del Pil. Se si includono le regolazioni e gli affari indotti dal governo, arriviamo a un altro 10 % in piu'. In Europa e' peggio: in alcuni Paesi arriviamo a superare il 50 e il 60 % . Il fenomeno straordinario e' che sia in America che in Europa le economie siano riuscite a funzionare decentemente e i cittadini riescano a vivere bene con una porzione di economia libera dallo Stato che e' solo la meta' del totale negli Stati Uniti e il 35 % in Europa". Dunque la vera riforma e' il taglio delle spese pubbliche. "Certo, ma c'e' un solo modo per farla: tagliare le tasse. Lo Stato tende a spendere tutto quello che entra in cassa piu' tutto quello che puo' aggiungere in qualche modo. Percio' occorre tagliare le entrate. Come ai bambini: devi dare loro meno denaro. Quest'ultima e' un po' un'esagerazione ma da' l'esempio generale". L'economia americana, comunque, e' in boom. "Le radici di questa crescita stanno in due realta'. Primo, negli anni di Ronald Reagan, quando il peso dello Stato inizio' a calare: purtroppo, con George Bush e Bill Clinton e' tornato a crescere. Secondo, nella politica monetaria di Alan Greenspan. In termini generali, io sarei per eliminare la banca centrale. Detto questo, considero Greenspan il miglior governatore che la Federal Reserve abbia avuto da quando esiste. Finora, almeno. Il che non vuole dire che sara' sempre cosi'. Adesso, per esempio, vedo nella situazione monetaria americana tendenze all'aumento dell'inflazione, dal 2 verso il 4 % : sarebbe il caso di avere una politica meno espansiva". Una cosa bella dei grandi vecchi e' che spesso riescono a viaggiare controcorrente.

(23 marzo 1998) - Corriere della Sera