Sconcerto, impotenza, nei casi migliori fatalistica attesa , sembrano i sentimenti prevalenti in Italia fra la gente, in questo momento. Di fronte alla tempesta finanziaria che attanaglia, condiziona e impoverisce il nostro ed altri paesi dell’Europa, da noi sembra prevalere  un atteggiamento di attesa, di remissivo affidamento nelle mani del “grande taumaturgo”, spuntato dal Colle , o forse uscito da uno sportello bancomat, invece  del contante, negato.

Con l’aiuto e la benedizione di una “grosse Koalition”nostrana, del tutto atipica,”ingenita”, apodittica e acefala.

E i cittadini, sempre più estranei alle decisioni prese per loro, ma destinatari di scelte economiche e fiscali di inaudita durezza, assistono attoniti alla cabala degli andamentiborsistici ,e alla criptica,insondabile numerologia dello “spread”. In un tempestoso alternarsi di luci ed ombre, fra Monti e Draghi e ricorrenti minacce di apocalisse finanziaria.

Se Berlusconi fosse rimasto al suo posto, avremmo certamente avuto  piazze piene e proteste altisonanti. In nome della partecipazione alle scelte,del rifiuto ad imposizioni non desiderate e non condivise. A difesa della democrazia, della Costituzione, dei lavoratori,del popolo, contro l’Europa dei banchieri.

Invece,ora,poco o nulla. Salvo i “forconi”in Sicilia. E’ come se qualcuno avesse chiuso,all’improvviso, il rubinetto della democrazia. E pure quello del legittimo orgoglio dei cittadini, del loro diritto-dovere di partecipare,decidere,dissentire. Di ribellarsi ad una “democrazia sospesa”. Viene il dubbio che a questo silenzio volesse alludere chi, con scarsa eleganza, disse che “l’Italia non è la Grecia”. In questo senso, per noi, mancherebbe la lusinga, non la verità.

A fronte di problemi di portata nazionale, si pone e spicca la questione della TAV in val di Susa. Senza sottovalutare i legittimi interessi di una comunità locale, che costituisce assai  meno dell’1%   della popolazione nazionale, si assiste ad un movimento di protesta tenace e spesso violento, diffuso  e radicato in zone sensibili dell’intero territorio italiano. Mentre 65.000.000 di italiani sono nel tunnel di un’Europa e di un’euro che paiono cancellare i principi civili e politici di sovranità , cittadinanza e democrazia, è in atto in val di Susa una guerra al tunnel  ferroviario, che almeno ha un’entrata e soprattutto avrà un’uscita, oltre che una utilità. Poiché non è una minoranza “greca”, che agisce, viene da interrogarsi sulle differenze di  atteggiamento, sulla forze e le strumentalizzazioni politiche di chi fronteggia lo scavo di un tunnel, e sulla resa apparentemente incondizionata di un popolo intero che in ben altro tunnel è stato messo, quasi inconsapevolmente. E subisce.

E’ evidente che nelle poche righe di un articolo, non c’è spazio per un’analisi esaustiva, ma solo per uno “schizzo”, a “chiaro-scuro”. Ma i nodi della questione sono estremamente seri, e, sia che si parli di tunnel reali o metaforici, coincidono con i concetti stessi di sovranità e di cittadinanza.

Nel momento in cui vede la luce il “Centro per la riforma etica delle istituzioni”, nella nuova sede di Milano,che sarà punto d’incontro e di confronto su fondamentali prospettive di rinnovamento politico e sociale dell’Italia, a me sembra che  da questi due “nodi” occorra cominciare. Verificando che cosa è rimasto della “sovranità di un popolo” in un paese che, aderendo alla UE, è ora un paese “a sovranità limitata”. Quale “sovranità” è rimasta al paese e al popolo, dopo la perdita della “sovranità monetaria”nazionale, in favore di una “condivisione” nell’uso della moneta unica, che non pare avere,o non ha ancora, nemmeno i caratteri di una “sovranità condivisa”, ammesso che esista come ipotesi o concetto.

E quale partecipazione consapevole ed informata hanno,ed hanno avuto, i cittadini dei paesi UE nei confronti  di questo assetto politico e finanziario della Comunità. Ormai una ricca produzione giornalistica ed editoriale ha denunciato chiaramente gli inquietanti retroscena del processo  che ha portato alla nascita di una Europa assai diversa da quella che doveva essere l’Europa dei popoli, nonché di una moneta, l’Euro, che non è la “moneta sovrana” di un”Europa-stato” che non c’è.

Quindi nemmeno il “cittadino europeo” esiste, allo stato dei fatti. Ma quel che occorre verificare è che cosa sia effettivamente rimasto al “cittadino” di ciascun paese della UE, e al cittadino italiano nello specifico,delle prerogative e dei diritti che qualificano e sostanziano la sua cittadinanza,costituzionalmente, giuridicamente e politicamente intesa. Perché sovranità e cittadinanza profondamente innervano la natura giuridica e politica della nostra democrazia. Della cui integrità, non a caso, da qualche tempo abbiamo cominciato a dubitare.

Non per ripartire dai “massimi sistemi”, come qualcuno potrebbe obbiettare.

Ma per ripartire dalla coscienza civica. E da un esame di coscienza,giuridico e politico,irrinunciabile, per fare chiarezza sugli elementi fondamentali e basilari del nostro “essere titolari di cittadinanza e sovranità”. O per tornare pienamente ad esserlo.