Il colosso finanziario americano Goldman Sachs ha reso noto, già nello scorso settembre, un report nel quale auspicava come esito delle prossime elezioni politiche italiane una maggioranza di centro sinistra incentrata sul Partito Democratico, maggioranza che manterrebbe la linea Monti indipendentemente dalla presenza o meno di Mario Monti alla guida del governo. Per aver conferma della notizia basta andare sul sito ufficiale del PD (http://www.partitodemocratico.it/doc/243468/goldman-sachs-vota-per-il-pd.htm. Cliccare per credere).

Inoltre Goldman Sachs auspica che «vengano introdotte modifiche alla legge elettorale con l'idea di garantire una coalizione centrista a favore di una conferma di Monti» confidando sulle pressioni in tal senso da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, come effettivamente quest’ultimo sta facendo (per ora senza esito). 

 Ma come è possibile – si chiederanno in molti - che un simbolo del capitalismo finanziario mondiale prediliga un partito di sinistra? Allora è proprio vero che nel PD non vi è più traccia di “comunismo”!

Niente affatto, la cosa non deve sorprendere, anzi. Vi è sempre stato uno stretto rapporto tra comunisti e finanza internazionale.

Sono infatti ampiamente documentati i trasferimenti di denaro eseguiti a favore dei rivoluzionari bolscevichi fra il 1905 e il 1920 attraverso la Kuhn Loeb & Company di New York, i banchieri Jacob Schiff e Olof Aschberg e le banche tedesche Warburg. Fra i diretti beneficiari di tali fondi si contavano gli illustri Vladimir Ilich Ulianov, detto Lenin, e Lev Trotzki, profeti del marxismo e costruttori della futura società sovietica. Nel 2008, all’Hoover Institution Archives di Stanford - California - sono state ritrovate ricevute bancarie di trasferimenti di denaro, per complessivi 20 milioni di dollari (dell’epoca!), eseguiti da Jacob Schiff a favore di Lenin e Trotzky dal 1915 al 1917. Non deve quindi meravigliare che Stalin nel 1937 privatizzò – si, avete capito bene, privatizzò - la Gosbank, la banca centrale dell’Unione Sovietica con la collaborazione del finanziere americano Armand Hammer, grande amico suo e, ancor prima, di Lenin.

 Ma ritorniamo ai giorni nostri. G&S dimostra di conoscere molto bene il mondo politico italiano, e non solo. Essa ha da sempre relazioni strettissime con la politica e i governi sia statunitensi che del resto del mondo tanto che negli USA l’espressione “revolving doors” (porte girevoli) indica la prassi per cui un dirigente G&S lascia il suo incarico per passare al governo e poi, a missione compiuta, tornare alla casa madre.

Un’analoga ma inversa carriera è quella di Mario Draghi (già Governatore della Banca d’Italia ed attuale Governatore della BCE) che prima è stato dal 1991 al 2001 direttore generale del Ministero del Tesoro, incarico mantenuto fra il succedersi di 10 governi, e poi vicepresidente di G&S per l'Europa dal 2002 al 2005.

 Tra i consulenti della banca d'affari ci sono stati anche Gianni Letta (nominato advisor di G&S nel 2007), Romano Prodi (consulente G&S mentre era presidente dell’IRI) e Mario Monti, tra il 2005 e il 2011 membro del Research Advisory Council del Goldman Sachs Global Market Institute (presieduto dalla economista statunitense Abby Joseph Cohen).
 Da buona piovra finanziaria la G&S non si tira indietro quando si tratta di “aiutare” con l’esperienza dei propri uomini i governi o le istituzioni finanziarie di altri paesi.

Nella sola Europa, nei vari governi, troviamo in Belgio Karel van den Miert (già commissario a Bruxelles e liquidatore dell’Iri italiano e consulente G&S); in Germania Otmar Issing (consigliere BCE e Bundesbank e già consigliere G&S); in Grecia Lucas Papademos, premier fino al maggio 2012 (già governatore centrale e negoziatore con G&S) e Petros Christodoulou, capo del Dipartimento Greco per la Gestione del Debito (ex Senior Executive G&S, Global Markets); in Francia Antonio Borges (già direttore Fmi e vicepresidente G&S); in Irlanda Peter Sutherland (già attorney general e direttore G&S). E non dimentichiamo Mark Carney (ex Investment Banker in G&S) eletto di recente a capo della Bank of England.

 Secondo il report di G&S «l'Italia potrebbe risentire dell'incertezza politica collegata alle future elezioni politiche». Il maggior rischio per il Paese verrebbe da una vittoria delle forze euroscettiche e tra queste colloca il PdL di Silvio Berlusconi (sapevano già che il Berlusca sarebbe ritornato?!) e il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo che «ha buone opportunità di guadagnare un gran numero di seggi in Parlamento, riflettendo la disaffezione degli italiani all'esistente establishment politico». Del resto, scrivono gli analisti, «le riforme impopolari del governo Monti, ad esempio l'Imu dal valore di 20 miliardi di euro all'anno, hanno favorito campagne politiche antieuropee e antieuro di vari partiti». Acuti questi analisti!
 A scanso di rischi,  G&S ha già, in un certo senso, scaricato l’Italia vendendo sul mercato, nel giugno scorso, quando lo spread era alle stelle, quasi tutti i titoli di stato italiani che possedeva (l'esposizione è scesa da 2,5 miliardi a 191 milioni di dollari).

Che la G&S paventi una svolta anti U.E. ed anti euro della situazione politica italiana non può che far piacere; se non altro rafforza la convinzione che tale eventualità sia possibile e ci informa che il sistema finanziario globalizzato è consapevole che il suo dominio non è scontato.

 L'incertezza sugli esiti delle prossime elezioni spinge gli analisti a immaginare tre possibili scenari che potrebbero portare l'Italia a ricorrere al programma di aiuti Efsf/Esm, così definiti: «il vincolato, il tattico e il mani-legate».

Nei primo scenario («il meno probabile» ma  possibile con «una vittoria dei partiti anti-europei») l'Italia potrebbe “essere obbligata” a ricorrere al Fondo salvastati per il riemergere «delle tensioni sull'obbligazionario» che potrebbero rendere «illiquido il mercato dei Btp», che tradotto significa “state attenti che i mercati (ossia la finanza globalizzata) non compreranno più i vostri titoli del debito pubblico e quindi dovrete indebitarvi sempre con la stessa finanza tramite il sedicente fondo “salvatati” (in realtà salva banche!).

Nel secondo scenario, il governo italiano attuale potrebbe «tatticamente» vincolarsi al Fondo “salvatati” prima delle elezioni, «senza in realtà averne bisogno», annullando il rischio contagio dalla Spagna, ossia: indebitatevi subito ché comunque dovrete farlo dopo perché vi facciamo fare la fine della Spagna.

Il terzo e ultimo scenario, molto simile al primo ma più esplicito, prevede che la richiesta di sostegno possa essere avanzata da Monti stesso, prima delle elezioni, per «legare le mani al suo successore», una specie di vendetta postuma!

 Lo sfacciato candore con cui la finanza globalizzata svela i propri pensieri è proporzionale alla sua fiducia nel poter continuare a controllare il potere politico dei paesi in cui è radicata. Nel contempo essa è consapevole che qualcosa potrebbe andare storto nei suoi piani, che non si può ingannare tutti per sempre, che la corda potrebbe spezzarsi . . .

Sa che il suo potere è talmente grande da non essere più occultabile e che l’opinione pubblica ha sempre più contezza di chi davvero controlla i governi e li impone alle nazioni.

 Finalmente anche in Italia si sta diffondendo sempre più la consapevolezza che per continuare ad avere un futuro è necessario il riscatto della sovranità monetaria, indispensabile presupposto della sovranità economica e politica e fondamentale condizione per sottrarci alle spogliazioni e ai ricatti della finanza speculativa.

Solo la conquista della sovranità monetaria può strappare dalle mani del nemico di tutti i popoli la sua arma principale: il ricatto del debito pubblico.

Cari concittadini non lasciatevi spaventare da chi dipinge l’uscita dall’euro e da questa finta unione europea come una sventura peggiore del restarvi!

Occorre conservare la lucidità, fidarsi del buon senso e avere un po’ di amore per se stessi e per gli altri.

"Erriamo non perché la verità sia difficile da vedere. Essa è visibile al colpo d’occhio. Erriamo perché la bugia è più confortevole" (Alexander Solzhenitsyn).