Croce. Rappresenta Gesù Cristo, ammazzato con un supplizio atroce. E’ uno strumento di tortura e di profanazione inimmaginabile. Quindi il cristianesimo, sempre, per il suo simbolo, alla fine non può mai smettere di essere un inno alla libertà di pensiero.

Non ha smesso di esserlo nemmeno al tempo dell’Inquisizione e dei roghi. Anzi, chiunque fosse inquisito, essendo Cristo un inquisito, diventava inevitabilmente un seguace di Cristo, anzi una specie di fratello minore. La Croce è il simbolo di un Dio che ha accettato il dolore. Il cristianesimo dà al dolore il significato di benedizione e non di maledizione. Dio non zoppica (dottor Hause). Il Dio dei Cristiani sì, non si reggerebbe nemmeno in piedi se scendesse dalla sua croce. Ha i piedi trafitti da un chiodo. Il Dio dei cristiani è brutto, sfigurato dal dolore. Se scendesse dalla sua croce sarebbe uno storpio. Muore in maniera atroce con il supplizio degli ultimi degli schiavi.

Nella Spagna di Zapatero, come nella Francia della laicità, l’Italia delle maestre politicamente corrette stanno levando i crocefissi dalle pareti. La Corte di Strasburgo, sei giudici non eletti da nessuno, di cui uno turco, quindi proveniente da uno Stato esperto in diritti umani, in particolare genocidi non riconosciuti, aveva stabilito che lo Stato laico non può tenere il crocefisso a scuola e che le scelte degli Stati sovrani vanno rivedute. Corte di Strasburgo, Unione Europea e Onu sono tutti picconatori del concetto di democrazia. Chi fa le leggi non è più il governo eletto dai cittadini, ma tizi mai eletti, mai sentiti nominare e che non rendono conto a nessuno. Loro stabiliscono se le leggi fatte dai governi sono “giuste”. Pagati, tutti, però con i soldi delle nostre tasse. Se ci staccassimo da tutti questi organismi, pagheremmo un bel po’ di tasse in meno.

Questi gentiluomini non hanno capito niente. Il crocefisso non si può togliere, non perché sia il simbolo dei Cristiani che ritengono che il Cristo sia figlio di Dio. Non per quello. Il crocefisso va lasciato perché il crocefisso è dolore. Quando abbiamo la leucemia, quando ci dicono che la leucemia ce l’ha nostro figlio, quando ci dicono che nostra madre creperà in maniera atroce nel giro di qualche mese e non ci sono vie d’uscita, cerchiamo con gli occhi il crocefisso e stiamo un po’ meno da schifo che se fossimo soli. Adesso qualsiasi sia il problema, ci si è resi conto che si sta un po’ meglio in un gruppo: se ti hanno levato mezzo intestino stai con quelli che hanno lo stesso problema, se ti hanno ammazzato il figlio che per pura sfortuna si è trovato in mezzo mentre rapinavano una macchinetta per fare il popcorn, se stai con quelli che gli hanno ammazzato il figlio mentre rapinavano la macchinetta delle gomme da masticare, stai meglio. Il crocefisso è un gruppo di supporto portatile. Nei lazzaretti, in fondo alle galere, indipendentemente dal fatto che siamo credenti o no, sui patiboli, persino sui roghi, è il Fratello maggiore.

C’è un libro straordinario, a questo proposito, di uno dei più straordinari scrittori cristiani, no non sto parlando di Sant’Agostino o di S Paolo. Oscar Wilde scrittore brillante che più brillante non si può. Finisce in prigione e scrive due libri atroci e bellissimi, La ballata dal carcere e il De profundis. Nel De Profundis ci racconta la straordinaria e terribile potenza della sofferenza. Le religioni dei vincitori, dei vincitori militari, islam e induismo levano al dolore qualsiasi dignità. Nell’induismo il disprezzo per lo sconfitto il dolente è assoluto. Maometto vincitore permanente non soffre mai, non vomita mai sangue, vince sempre e fa massacrare il poeta che osa ridere di lui. L’islam nega la dignità del dolore e nega il cristianesimo: secondo l’islam Cristo non è mai morto in croce, quello lasciato a morire era un ologramma.

Il valore del dolore e della sconfitta sono affermati nella Bibbia, nella figura di Giobbe. Il dolore e la sconfitta di Cristo sulla croce ci ricordano che solo nella sconfitta e nel dolore noi possiamo risorgere.

I vincitori cronici sono stolidi. Non imparano mai, non possono imparare mai il rispetto per gli sconfitti. Il dolore può distruggerci, se non ci lasciamo distruggere però diventeremo magnifici. Solo nel dolore possiamo diventare magnifici. Il crocefisso va lasciato perché è il simbolo di dolore e di uguaglianza. Di antirazzismo. È il simbolo di un uomo che potrebbe essere un Dio che accetta di morire con il supplizio di uno schiavo, un infedele, un intoccabile, stabilendo così che gli ultimi saranno i primi. Se il crocefisso volevano toglierlo avrebbero dovuto avere il coraggio di toglierlo quando c’era Torquemada, per lo meno quando c’era Franco, e anche allora sarebbe stato discutibile, perché il crocefisso ha questo di straordinario: nel momento in cui c’è una vittima, che questa vittima sia una presunta strega, un eretico, un ebreo convertito, malconvertito o non convertito, la vittima diventa automaticamente il Cristo e l’uomo che uccide la vittima, l’uomo dell’Inquisizione, diventa automaticamente il carnefice di Cristo, uscendo automaticamente dalla sua Chiesa, anche se è vestito di porpora e oro.

Togliere il crocefisso adesso è una vigliaccata. Il gesto banale che un banale giudice fa compiere in Europa rimbalza e arriva, ampliato, fino nei luoghi dove i cristiani vengono massacrati. Vedete, abbiamo ragione noi a bruciare crocefissi e chiese, scrivono i giornali locali, anche in Spagna e in Italia dicono che il crocefisso offende i non cristiani. L’11 settembre sotto quello che restava delle due torri si è formata una croce. Si è formata da sola, il cemento è bruciato ed è rimasto l’acciaio e due travi di acciaio erano lì incrociate e i pompieri hanno intonato “Amazing Grace” mentre su quella croce appendevano la bandiera della loro nazione. Il sindaco di New York ha fatto togliere quella croce in quanto potrebbe essere considerata discriminatoria.

Qualcuno spieghi a questo signore il significato della croce.

Ce lo ha spiegato Edith Stain, nata ebrea, morta ad Auschwitz come suora e beatificata come Santa Teresa della Croce.

È grazie alla Croce che sappiamo che alla fine, ha lasciato scritto, ogni ucciso giacerà come un vincitore.

E oggi i vincitori siete voi, fratelli del Kenya.