Ci si chiede ancora perché negli ultimi decenni l’ininterrotto genocidio di cristiani nei paesi musulmani abbia avuto così poca eco sui media, nella politica e anche in seno alla Chiesa e all’Occidente Cristiano. Persino i parroci, e non pochi, nelle prediche delle messe domenicali evitavano l’argomento. Alla fine del rito i fedeli, quelli informati, uscivano dalla chiesa perplessi, se non depressi.
Solo gli ultimi due papi hanno cominciato a denunciare il genocidio, e con maggior frequenza papa Francesco, il quale pur compiangendo le vittime, evita di nominare i carnefici. Come se fosse da maleducati dire che sono stati i musulmani integralisti o terroristi. Come se non si volesse metterli in cattiva luce: perché se sgozzano la gente e non si sa, si evita che cresca la paura nei loro confronti. Se invece si venisse a sapere, potrebbe diffondersi, oh che vergogna, l’islamofobia.
Può sorgere il dubbio, e a me viene, che questo atteggiamento della Chiesa e dell’Occidente, invece di alimentare un’atmosfera irenica e rappacificante, possa aver incattivito ancor più gli islamici. Eh, sì: perché i terroristi vogliono, seguendo un dettato coranico, terrorizzare gli infedeli, per piegarli e dominarli. Però se i terroristi nessuno “se li fila”, se nessuno parla dei cristiani crocifissi, se i telegiornali glissano su quei fattacci, i terroristi islamici possono aver l’impressione di aver lavorato tanti anni per niente. Di fatto, appena hanno imparato a usare internet, anche questi macellai di esseri umani, hanno provveduto in proprio a diffondere notizie e documentazioni orripilanti sui loro misfatti. Come se avessero detto: “Voi cristiani” fate il nesci”? Ci pensiamo noi a informare il mondo”.
Non sono riusciti subito nell’intento, ma a forza di decapitare, violentare, deportare, distruggere monumenti antichi, rendere schiave le donne catturate, ecc., alla fine hanno ottenuto che l’Occidente cristiano non potesse più continuare a far finta di niente. Intanto il Califfato islamico s’è diffuso a macchia d’olio e i paesi occidentali si sono riempiti non solo di veri profughi, ma anche di pseudo-rifugiati islamici, nella cui moltitudine si mimetizzano malintenzionati, che hanno portato il terrorismo in casa nostra, come tutti sanno, ma pochi se ne curano. E il peggio deve venire.
E’ noto che gli sconvolgimenti economici, politici, etnici e sociali in atto derivano da precise azioni e strategie volute da centri di potere di rilievo mondiale. Su questo non mi soffermo, perché per necessaria brevità voglio accennare solo ad alcuni specifici punti di un paio di questioni: quella del complesso rapporto tra cristiani e musulmani e di quello di una colossale e trascurata tratta di schiavi.
Inizio osservando che tra noi ci sono i giustificatori degli estremisti islamici, e sono quelli che si aggrappano sempre allo stesso argomento, cioè le Crociate, di cui fra l’altro non mi pare che il mondo cristiano si faccia un particolare vanto. Anzi, dopo che un papa “ha chiesto perdono” per le Crociate, l’argomento pare chiuso. Fra l’altro, se l’avete dimenticato, la Chiesa ci ha pure "sconsigliato" di parlar delle Crociate. Giusto per darvi un "aiutino" mnemonico, rivedetevi (c’è su internet) il documento "Nostra Aetate", prodotto in seno al Concilio Vaticano II (1962-1965). Questo documento, con parole chiare che impegnano i credenti, afferma che “La Chiesa guarda ...con stima i musulmani” e che “il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione”. Ciò deve condurre i cristiani ad accantonare il fatto che “nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani”. Menzionare in toni anche velatamente positivi le Crociate (XI-XIII sec.), la riconquista di Granada (1492) o la Battaglia di Lepanto (1571), si dice che vada quindi contro un preciso dettato del Concilio.
Non pare che il documento “Nostra Aetate”, pur impegnando i cristiani, abbia mai scalfito le strategie dell’integralismo islamico. Che anzi si fanno più cruente, per cui anche la Chiesa dovrebbe rivedere il proprio atteggiamento. Superando possibili “code di paglia”. E’ una mia gratuita malignità: forse quell’atteggiamento conciliare pro-islamico, tendeva a mettere la Chiesa al riparo da possibili critiche su certe trascorse “cristianizzazioni forzate”, specie nel “Nuovo Mondo” e non solo. Peraltro questo non traspare e l’esortazione conciliare riguarda solo i rapporti fra cristiani e musulmani. Quello è il tema e io mi ci attengo, per ora.
Nel diramare ai cristiani queste “raccomandazioni”, ci si chiede perché gli estensori del “Nostra Aetate” sembrino aver trascurato che i paesi musulmani del Medio Oriente, dei Balcani e del Nord Africa, sono stati in gran parte cristiani prima della conquista islamica. Nei primi quattro secoli della grande espansione araba, precedenti l’epoca delle Crociate, in quei paesi gli islamici avevano già ucciso o fatto schiavi un numero incalcolabile di cristiani, o li avevano costretti alla conversione. Chi aveva eroicamente conservato la fede in Cristo, era ridotto allo spregevole ruolo di “dhimmi” e sottoposto a pesanti discriminazioni. La prima crociata (nel 1095) fu indetta solo dopo 450 anni di espansionismo islamico guerresco, a cominciare dal 632 d.C. Se a disdoro dei crociati si cita la strage di Gerusalemme del 1095, va ricordato che secoli di aggressioni contro i cristiani, avevano a questi già procurato lutti impareggiabili. E chi eccepisce le “efferatezze dei crociati”, dovrebbe ricordare che gli islamici le guerre non le hanno fatte certo per beneficenza, come vedremo più avanti. E che il “conto”dei danni che hanno prodotto è impossibile da pareggiare. Anzi, a tutt’oggi, s’aggrava. Restano ovviamente fuori dal tema, i conflitti fra musulmani e popolazioni di altra fede, non cristiana.
A tanta gente è rimasta solo una schematica immagine mnemonica delle Crociate, residuo di apprendimenti scolastici, ormai obliati. Per alcuni sono state un’epopea gloriosa e sfortunata, per altri un errore o un orrore esecrando. In Marocco ho constatato che la percezione delle Crociate nella gente comune, si è formata sulla base della vasta produzione di film sull’argomento, soprattutto di provenienza egiziana. In questi film si dipingono i combattenti arabi come fulgidi eroi della fede, mentre i crociati appaiono come i più spregevoli sterminatori da film “horror”. La verità storica non è ovviamente né questa né quella. Non faccio qui tutta la storia, ma solo qualche puntualizzazione.
Le Crociate non videro affatto sempre due ben distinti schieramenti contrapposti, cristiani da una parte e musulmani di fronte. Nella Quinta Crociata, ad esempio, ci fu l’inedita alleanza tra crociati e musulmani Selgiuchidi, in contrapposizione ai musulmani che difendevano Damietta, in Egitto. E la guerra si complicò con scontri fratricidi interni in entrambi gli schieramenti, con un esito fallimentare della guerra per tutti. La spedizione per la Quarta Crociata aveva precedentemente perso per via destinazione e scopo, e aveva mutato percorso. La si ricorda per la conquista crociata di Zara e Costantinopoli e fu quasi unicamente una guerra fra cristiani. I musulmani in Terra Santa non vennero disturbati.
Quello straordinario personaggio che fu Federico II di Svezia condusse la Sesta Crociata, la più pacifica che si ricordi. Senza spargimenti di sangue, da uomo geniale, esperto di cultura e lingua araba, condusse una trattativa col sultano Al Malik Al Kamil e ottenne, seppure a titolo oneroso, il rispetto di alcuni diritti dei cristiani in Terra Santa. I musulmani riconobbero quindi ai crociati certe buone ragioni, che certi filo-islamici di oggi ancora non capiscono. Ma il confronto, allora, s’era svolto tra due personaggi di grande intelligenza.
Le Crociate furono quindi fatti eterogenei, che pare quasi arduo ricomprendere tutti sotto la stessa denominazione. Certi storici infatti la pensano così e non tutte le Crociate le considerano come tali. Ne è un esempio la cosiddetta “crociata dei clavisegnati”, promossa dal pontefice contro l’imperatore Federico II di Svezia, già scomunicato e reo, per il papa, di dubbie prestazioni politiche. E qui mi fermo perché è evidente che quegli eventi non sono passibili tutti d’ un identico giudizio. E, come argomento per una polemica anticristiana, hanno discutibile efficacia. Ancor di più se si contestualizzano nell’epoca e nella storia complessiva del periodo.
Ad esempio, sono note le vicende delle aggressioni ottomane nei Balcani alla Polonia e nell'Italia del sud. E degli assalti via mare dei Turchi-Mori-Saraceni-Barbareschi e come diavolo li hanno chiamati, ma sempre musulmani, in tutti i paesi rivieraschi del Mediterraneo, per milleduecento anni, con l'Italia in prima linea, penetrando all'interno del continente fino ad arrivare in Svizzera. Corsari musulmani risalirono l’Atlantico, e penetrare nell’estuario del Tamigi. Giunsero persino in Islanda nel 1627 e vi fecero 400 prigionieri, deportati come schiavi.
La “Costa dei Barbari”, come veniva chiamata quella che si estende dal Marocco fino all’attuale Libia, fu sede di un ultramillenario mercato di esseri umani, che toccò il suo massimo sviluppo dal 1500 fino a poco dopo l’inizio del 1800. Secondo gli storici, nel solo XVI secolo, gli schiavi bianchi razziati dai musulmani furano più numerosi dei neri deportati nelle Americhe. Soltanto nel periodo compreso tra il 1530 e il 1780, almeno 1 milione e probabilmente 1 milione e 250 mila cristiani europei bianchi sono stati ridotti in schiavitù dai musulmani della Costa dei Barbari. Anche gran parte del mercato degli schiavi neri, destinati all’America, era nelle mani dei musulmani, che razziavano schiavi specie nell’Africa Subsahariana per condurli poi, nell’ambito di terribili trasmigrazioni coatte, verso gli imbarchi sulla costa Atlantica, dove gli schiavi superstiti passavano nelle mani di trafficanti bianchi.
“Per almeno 10 secoli la schiavitù ha portato benefici al mondo musulmano. Quattro milioni di schiavi sono passati per il Mar Rosso, altri quattro hanno transitato per i porti dell'Oceano Indiano, forse nove milioni sono quelli che hanno attraversato il deserto del Sahara. Da undici a venti milioni – dipende da chi si consulta – hanno solcato l'Atlantico”. (da Elikia M’bokolo, “The impact of the Slave Trade in Africa”). Lo schiavismo di matrice islamica superò abbondantemente l’analogo fenomeno di matrice non islamica. Nei sacri testi dell’islam la schiavitù è un realtà asserita, né pare che a tutt’oggi sia stata espunta dalla dottrina. Le cronache della guerra in Medio Oriente, ci riferiscono quotidianamente di popolazioni ridotte in schiavitù dagli eserciti del Califfato. E le documentazioni filmate, che gli islamisti graziosamente diffondono, ce ne danno conferma.
Si è studiata a fondo la schiavitù degli africani ad opera dei bianchi, ma s’è a lungo trascurata la schiavitù dei bianchi, prevalentemente europei e cristiani con padroni musulmani. Oggi questa lacuna è stata ridimensionata. E ha descritto quella che viene definita «l’altra schiavitù», sviluppatasi all’incirca nello stesso periodo della deportazione degli schiavi neri in America, e che ha devastato centinaia di comunità costiere europee. Fenomeno connesso all’ “altro imperialismo” e all’altro “colonialismo”, che è quello legato all’espansionismo islamico. I grandi mercati di schiavi furono a Salé in Marocco (presso Rabat), a Tunisi, Algeri e Tripoli, soprattutto nel periodo in cui le Marine europee erano troppo deboli per opporre resistenza.
Massacri, stupri, deportazione di schiavi, distruzioni di paesi, città e chiese, solo per la parte che riguarda l'Italia furono innumerevoli e durarono secoli e secoli. Tanto per citare alcuni fatti emblematici, gli ultimi italiani (una trentina) fatti schiavi da pirati magrebini furono liberati, e tornarono in patria, grazie alla mediazione del governo inglese attorno al 1830. Quando i francesi presero Algeri nel 1830, c’erano ancora 120 schiavi bianchi nel “bagno”, come veniva chiamato il negozio o mercato in cui si vendevano gli schiavi. Non è quindi storia remota, quella della “schiavitù mediterranea”. Durante i secoli XVI e XVII furono condotti più schiavi verso Sud nel Mediterraneo che verso Ovest attraverso l’Atlantico. E l’Italia per i corsari fu una meta assai apprezzata. A Vieste vennero fatti 6000 prigionieri, al netto di quelli decapitati in loco. Gli algerini nel 1544 presero 7.000 schiavi nel Golfo di Napoli. Ciò fece crollare il prezzo degli schiavi a tal punto che si diceva che si poteva «scambiare un cristiano per una cipolla» e, per lo stesso motivo, si diceva che «piovevano cristiani su Algeri». Nel 1566, 6.000 turchi attraversarono il Mare Adriatico e sbarcarono a Francavilla e razziarono tutto il possibile. A Otranto nel 1480 fecero migliaia di schiavi e nella Cattedrale ne decapitarono 800 che avevano rifiutato la conversione all’islam. In Calabria 700 persone furono catturate nel 1636, circa 1000 nel 1639 e 4.000 nel 1644. Impossibile in questa sede completare l’interminabile elenco. Ricordo che, nelle mie visite in Marocco, una guida turistica locale, non so quanto attendibile,mi enumerava le decine di miglia di schiavi cristiani impiegati nella costruzione di fortezze e edifici storici.
Oggi, se si parla di tratta degli schiavi, la gente pensa ai neri condotti in America. L’Occidente, in piena decadenza, oblia se stesso e la propria storia, si auto-flagella e si prostra alle ragioni altrui dimenticando le proprie. La schiavitù dei bianchi, invece, deve essere ricordata. Ha determinato un colossale martirio di esseri umani, per mano di chi, ancora oggi, potrebbe infliggerci sotto qualsiasi forma una nuova schiavitù. Mentre noi, all’ombra di nuovi minareti, ancora chiediamo perdono per le Crociate.