«Qualcuno si carica di una azione di governo coerente e non paralizzata da veti reciproci e tutti assieme ci si corresponsabilizza per delle riforme, questa è la mia proposta - dichiaraBersani lunedì scorso davanti a tutta la stampa che lo attende fuori dall’aula dove si svolgono le consultazioni alla Camera, al termine della terza giornata, poi ritorna sul concetto appena espresso – ..non mettere coperchi su un’esigenza di cambiamento che pretende una politica di governo univoca, che offra soluzioni di merito alle esigenze di cambiamento, tutto qua! ».

Finita la giornata a Montecitorio il segretario del PD, pre-incaricato dal presidente Napolitano, si dirige alla sede del partito per la riunione della direzione del Pd che ha voluto convocare in fretta e furia prima di cena, per le ore 19. Pochi interventi visibili in rete e molte polemiche per l’assenza del sindaco di Firenze Renzi. Il Corriere della Sera di oggi,  27 marzo, riporta l’intervista a Vittoria Franco che dichiara «dovevo capirlo, una riunione convocata alle 19…Che senso ha? E’ apparso un partito senza dialogo. Non so a chi sia giovato..».

Il sito de Le formiche.net riporta una sintesi dei commenti alla direzione del PD: «Francesco Nicodemo, blogger de L’Espresso, può, riferendosi all’assenza di Matteo Renzi, chiedersi “Vabbè, ma vista la direzione, dati causa e contesto, davvero è sbagliato restare a casa?”.

E sono tanti a commentare negativamente e giustificando a posteriori la non presenza del sindaco di Firenze. Un altro blogger, Pietro Raffa, dice “No a una direzione Pd in cui il cittadino, alla fine di ogni intervento, guarda lo schermo ed esclama: ‘E quindi?’”. I giornalisti non sono molto più soddisfatti.Federica Fantozzi, dell’Unità, scrive sconsolata “alla fine ha fatto bene Renzi a risparmiare il biglietto del treno”. Simone Collini, anche lui del quotidiano Pd fondato da Antonio Gramsci, commenta “Potevano almeno votare la relazione di Letta, se non le conclusioni di Bersani”».

Con questo viatico il presidente pre-incaricato ieri ha affrontato la quarta giornata di consultazioni e finalmente ha iniziato a svolgere il compito che gli è stato assegnato da Napolitano incontrando le forze politiche presenti in Parlamento, in primis il PDL di Alfano con Maroni della Lega. Incontro brevissimo che ha registrato un nulla di fatto sulla proposta del PDL di un governo di “corresponsabilità” che include la condivisione anche della scelta del prossimo capo dello stato. Bersani risponde con un secco diniego e rilancia la vecchia proposta del doppio binario, governo e commissione per le riforme.

Il programma di oggi è particolarmente denso: alle ore 10 il Gruppo Movimento 5 Stelle (l’incontro trasmesso in diretta); ore 12  l’UPI - Unione Province d’Italia; ore 12.45 Fratelli d’Italia; ore 15 Gruppo Autonomie Senato; ore 15.30 Gruppo Misto Camera; ore 16.15 Unione di Centro; ore 16.45 Gruppo SEL Camera; ore 17.15 Gruppi PD Camera e Senato.

Gli incontri si svolgono nella Sala del Cavaliere di Palazzo Montecitorio, la web-tv trasmette in diretta dalla Sala Aldo Moro le dichiarazioni rilasciate dalle delegazioni dopo l’incontro. L’incontro con l’M5S è trasmesso in diretta, si vedono quattro persone sedute al tavolo: Bersani-Letta da una parte, Crimi-Lombardi dall’altra. Ad un certo punto Bersani dice: « Solo un insano di mente potrebbe avere la fregola di governare in questo momento. Sia chiaro: io sono pronto a prendermi una responsabilità enorme. Chiedo a ciascuno di prendersene un pezzettino». Replica dei “cittadini” M5S:«Sono venti anni che sentiamo queste parole. Mentre parlava mi sembrava di sentire una puntata di Ballarò. Sono venti anni che voto e che sento parlare delle stesse cose e non vengono mai realizzate».

Crimi prende la parola dopo la proposta di Bersani: «Vogliamo le prove, non ce la sentiamo di fidarci. Voteremo i singoli provvedimenti, molti condivisibili. Ma la fiducia è qualcosa che si dà in bianco. Ci sentiamo di dover respingere sull’assunzione di responsabilità per l’impegno di governo: noi siamo il risultato di questi ultimi 20 anni, non siamo la causa. Siamo il risultato di una legge elettorale».

Bersani replica: « Io vi rispetto, sia chiaro: io considero la vostra posizione. Io non la penso allo stesso modo: anche io ho vissuto questi ultimi 20 anni. Qualche anno ho anche governato: ma non siamo tutti uguali. Io dico: adesso si può, se si vuole. Capisco e rispetto, prendo atto della vostra posizione. La fiducia si dà e si toglie, in Parlamento: e c’è anche il modo di non darla consentendo di governare…»

Aggiunge Crimi: «Un’occasione unica, questa: qui ci sono tre blocchi, è una situazione che non permette a nessuno di imporre una linea politica sulle altre. Si può evitare azioni come quelle del passato. Qui si può ottenere un grande risultato perché su ogni fronte si dovrà discutere». 
Bersani: «Posso anche accettare che il tutto nasca da un sistema elettorale che non è proporzionale e non è maggioritario. Parlate al futuro: dite farete, faremo… Qui il problema è che non c’è uno che ci pensa. Se la soluzione è appoggio esterno o chissà cosa, se ne parla col Capo dello Stato».
Crimi: « Abbiamo visto al Senato, con Grasso abbiamo fatto partire il Senato. Adesso si sta andando a rilento con le commissioni, che sarebbero figlie del Governo. Magari facciamo attivare le commissioni parlamentari. la lentezza parlamentare è esasperante».
Bersani: «Ok, ma non è che dobbiamo aspettare qua dei mesi: in 48 ore si decide. Si può anche fare un regime parlamentare. Io non sto qua. Io dalla vita ho avuto tutto quello che dovevo avere, non sono ambizioso. Io ritengo la cosa realistica…».

Fine dell’incontro e del dialogo.

A questo punto la soluzione politica di trovare una maggioranza stabile è lontana. Gli esperti costituzionalisti della sinistra stanno lavorando all’ipotesi di un governo di minoranza, che potrebbe avere la fiducia al Senato tramite un qualche sottile sotterfugio. L’ostacolo è rappresentato dall’art. 95 della Costituzione, che impone il passaggio della fiducia entro 10 giorni dalla nomina, da superare con un trucco contabile.

Si diffonde l’idea che un governo a guida PD possa farcela ad avere in un qualche modo la fiducia dell’aula, giocando sulle entrate e uscite al momento del voto.  Un po’ di senatori potrebbero uscire dall’aula facendo così abbassare il quorum per la fiducia.

Bersani dispone di circa 130 senatori su 319. Il PDL potrebbe uscire dall’aula, però in tal caso uscirebbe anche il M5S, facendo saltare la seduta per mancanza del numero legale. Ammesso e non concesso che il presidente Napolitano possa avvallare questa scaltra soluzione, è partita la ricerca di un sottile equilibrio tra uscite e entrate.