Riepilogo dei fatti: domenica 4 agosto a Roma, sotto Palazzo Grazioli in via del Plebiscito, sono riapparse delle vecchie bandiere di Forza Italia, che hanno gli stessi colori degli stendardi del PD. A molti è sembrata una gustosa sceneggiata napoletana (senza offesa per i napoletani) inventata e gestita da quel mostro della comunicazione che è il Caimano. Amici ed avversari politici sono rimasti sbigottiti. Nessuno di loro pensava che una cosa tutto sommato modesta avrebbe raccolto tutti i giornali e i TG fino a monopolizzarli. C’è da dire, con onestà intellettuale, che il quasi ex-Cavaliere ha il “physique du rôle” per recitare qualsiasi soggetto. Ancora una volta, chapeau!
Però, per favore, adesso basta, c’è un limite alla sopportazione e alla decenza. In più, come un monello, attira anche gli altri a far casino sulla scena mediatica, per cui tutti si scatenano: dai compari di corte ai berlusconiani, dagli avversari agli arbitri e i guardialinee.
E’ vero che per lo più sono imitatori, stimolati e spronati dalle superbe prestazioni del presidente del Pdl, che ha fatto vedere in diretta come si sfrutta un’Onda anomala, rappresentata dalla sentenza della Cassazione di giovedì scorso, per farci sopra un po’ di surf e portarsi avanti senza fatica e poca spesa nella prossima campagna elettorale.
Fatto sta che, in questo agosto 2013, sembra si sia ufficialmente aperta una gara tra monelli, a chi la spara più grossa. Una specie di grande concorso, dove ci sono premi per tutti, basta cimentarsi, non occorre neanche l’iscrizione. E’ un delirio collettivo, provocato e sorretto dalle continue trovate di uno e dell’altro. Silvio Berlusconi è riuscito a far parlare di sé ogni santo giorno di questa mezza estate e dietro di lui si muove a tutto campo, e su tutte le Tv, la “pitonessa” Santanchè, che in realtà si chiama Garnero Daniela ed occupa il seggio numero 517 alla Camera, evidentemente un numero che porta fortuna. A seguire i capigruppo parlamentari, Schifani e Brunetta, che questa settimana si sono concessi una marachellata sul Colle. Anche altri si sono buttati nella mischia con prestazioni notevoli, tra cui quella di un insospettabile ministro Pdl del governo Letta. Gaetano Quagliariello è riuscito ad ottenere la prima pagina con un titolo ad effetto martedì 6 agosto sul Corriere della Sera : “Domenica pronta un’operazione per decretare la fine dell’esecutivo”.
In pratica ha cercato di far credere agli esterefatti lettori italiani che la simpatica giostrata sotto palazzo Grazioli, con i simboli di un partito messo in soffitta anni fa, quindi defunto, come è attualmente Forza Italia, avrebbe potuto innescare una reazione a catena, far saltare il governo Letta. Insomma, che c’era il rischio di un golpe in costume da bagno, di una marcia su Roma in ciabatte. Non c’è che dire, una bella sparata, utilizzando un arma di grosso calibro. Il giornale tiene bordone e lo dipinge in questo modo “Altro che colomba. Il ministro Pdl in un intervista al Corriere denuncia l’operazione dei falchi del centro destra e del centro sinistra – subito dopo prosegue – Anche quando finisce di pronunciare la frase conserva l’aria grave di chi guarda con preoccupazione a quello che sta succedendo dopo la condanna di Berlusconi. L’aria di chi teme che la tenaglia anti-governo e anti-Napolitano dei falchi di centrodestra e di centrosinistra possa ancora raggiungere il suo obiettivo”.
Come si vede il pacato ministro delle riforme è molto prudente e si tiene in caldo la possibilità di replica, per rilanciare la boutade più avanti. Difficile da superare, il concorso avrebbe potuto anche chiudersi qui, ma il destino ha voluto dare una possibilità e una speranza a tutti. Infatti, l’altra parte politica, la sinistra, non vuole stare indietro. Il quotidiano Il Fatto lo stesso giorno titola a tutta pagina “B. Ricatta il Colle: Grazia o mi faccio arrestare” e stampa pagine su pagine. Vauro, il disegnatore satirico, in prima è molto più incisivo nella sua vignetta. Il giorno dopo, mercoledì, Il Fatto insiste con un titolone:“Nasce il partitone dell’impunità per salvare il Delinquente”.
Giunti a questo punto anche i giudici si buttano nella mischia, con un pezzo da novanta: il presidente della sezione della Cassazione che ha condannato Berlusconi, Antonio Esposito. Sembra quasi che l’alto magistrato cerchi l’impossibile, rincorrere il Caimano, Epifani, la Pitonessa e il Ministro per le riforme. Forse per questo ha dovuto strafare, non aveva altra possibilità che tentare un numero mai provato prima: commentare la propria sentenza, appena emessa, rilasciando un’intervista in vernacolo ad un giornalista, del Mattino di Napoli, per giunta con registrazione audio diffusa sul web.
L’impresa è stata realizzata con qualche difficoltà, però è riuscita sicuramente bene, con un grande successo di audience, che ha permesso al giudice Esposito di superare ampiamente in classifica il ministro Quagliariello, doppiare il poco convincente Epifani, segretario provvisorio del PD, portandosi a ridosso della Santanchè. Anche il mite ministro all’economia Saccomanni ci ha provato a fare il suo numero, in modo sobrio, dichiarando ”Siamo ad un punto di svolta del ciclo economico…”, prontamente ilCorriere titola, senza vergogna, “per l’Italia la recessione è finita”.
Chi purtroppo non ce l’ha fatta a star fuori dal concorso, mentre l’Italia corre verso il baratro, è Enrico Letta, troppo forte il richiamo. Così festeggia i suoi primi cento giorni di governicchio, sparando in cielo un ”Non mi faccio logorare” seguito da un malaugurante “I partiti evitino i giochini. Non c’è alternativa a noi”.
A questo punto tutto si complica, senza ritegno si riparla di elezioni, di andare al voto ad ottobre. I sondaggisti danno il Pdl in crescita, mentre il PD si arrovella sulle regole per non fare le primarie per la segreteria. La vecchia guardia preferirebbe fare le primarie per il candidato premier piuttosto che mollare il partito.
Ma qui non si scherza più, troppo pericoloso il passaggio: vogliono tenersi ancora una volta ben stretto il sistema elettorale, il porcellum, quello dei nominati e dei grossi premi in seggi, che va benissimo alla casta politica, sia al PD che al Pdl. Ancora di più a Berlusconi, che potrà continuare a fare il “capo” anche dopo la decadenza da senatore, ammesso che il Senato la voti, utilizzando una scappatoia che i commentatori non hanno rilevato. La legge Severino del 2012, e i decreti sull’incandidabilità che ne sono scaturiti, hanno bloccato l’accesso al seggio, ma hanno lasciato un piccolo pertugio dove il Caimano potrà infilarsi per entrare nel Palazzo quando ne avrà bisogno.