Volenti o nolenti, sul tema della legge elettorale e delle riforme istituzionali ci stanno tirando per i piedi. Per usare un’espressione mite. Da una settimana il sistema politico romano batte la gran cassa delle riforme. Ogni sera dai TG si apprende di incontri, scontri, riunioni, presunti accordi e disaccordi, in un incessante resoconto di quello che sarebbe potuto accadere, che ovviamente non c’è stato, ma che forse, se ci sarà un po’ più di fortuna accadrà domani. Tutto sulla base dell’ipotesi che in Parlamento stanno lavorando per noi, per darci un futuro sereno, in un contesto equilibrato dove poter decidere con senno le grande scelte individuali e familiari.

Il cittadino, a sentire “loro”, dovrebbe essere riconoscente del notevole lavoro fatto in questi mesi per comporre un governo e una agenda politica degna di questo malandato Paese. Però, dopo 100 giorni dalle elezioni del 24 febbraio i provvedimenti realmente fatti sono pochini, per cui ieri è ritornato in campo il Colle, con la consueta formula del “presidenzialismo bonario” lungamente sperimentata con alterne fortune nel corso del 2012. Due parole sulla formula, per chi non fosse al corrente della variante istituzionale che è stata recentemente realizzata nella costituzione di fatto: il presidente della Repubblica invece di limitarsi a compiere il ruolo di garante e di notaio, ha esteso “bonariamente” i suoi poteri anche sul Parlamento e sul Governo, senza che siano intervenute varianti normative alla Costituzione repubblicana del 1947. Tutto ciò è stato favorito dalla capacità di Giorgio Napolitano di gestire con eleganza e in modo molto elastico il suo nuovo ruolo riconfermato ad aprile. Il presidente con poteri estesi però ha reso evidente che il dibattito sulle riforme istituzionali è solo un pretesto della casta politica per non fare quello che serve in un momento di profondissima crisi economica.

Siamo in un sistema “semi-presidenziale” di fatto da almeno due anni, per cui non si capisce a che cosa possa servire che il Governo presenti un testo di una nuova legge costituzionale, che dovrebbe istituire una apposita commissione dei 40, che a sua volta dovrebbe redigere il progetto di variante costituzionale sulla forma di governo. Tutto questo per introdurre ciò che in pratica abbiamo già, ovvero un presidente della Repubblica che chiama a rapporto i ministri e il premier, gli dice che cosa fare, con quali tempi. Si è visto che quando escono dal Quirinale con degli ordini scritti in modo molto chiaro, i ministri o i vari capi di partito, con cura ripiegano il foglio in quattro, lo mettono in una busta. Purtroppo, una volta allontanati dal palazzo, ad un a distanza di sicurezza, senza bisogno di affrancatura, imbucano la busta nel primo tombino che trovano in strada.

Tutte le fognature portano al mare, e se la risacca sarà favorevole, qualcuno sulla spiaggia si ritroverà tra le mani i desiderata del Colle: correzione del porcellum, fine del bicameralismo perfetto e sobrietà sul finanziamento pubblico ai partiti. Se dovesse succedere a me rimetto la busta in mare.