L’attivismo di Matteo Renzi, sindaco di Firenze e fresco segretario del PD, è incredibile. Si vede chiaramente che ha una tempra superiore al Cavaliere, in pochi giorni, da quando ha vinto le primarie, è riuscito a fare e disfare l’impossibile, con risultati sorprendenti. Senza paura si è tuffato in operazioni maldestre, proibitive e impensabili anche per l’ex-Caimano.

Il ventennio berlusconiano si è chiuso da poco, il 27 novembre scorso, e pare che la storia si ripeta, con nuove modalità. Come nel 1848 e nel 1943 siamo in una situazione di guerra, economica e finanziaria, e purtroppo stiamo soccombendo. La somiglianza più forte è con il luglio del 1943, allora fu l’inizio della tragica guerra civile, con la fine del regime fascista e delle illusioni imperiali, ora la fine del  ventennio berlusconiano e delle illusioni europee. L’attuale inquilino del Quirinale, Re Giorgio, è più conciliante del precedente, non ha chiamato una lettiga e disposto l’arresto di Berlusconi, lo ha solo accompagnato bruscamente alla porta.

Al suo posto è stato chiamato un nuovo Badoglio, Enrico Letta, ora affiancato da Renzi. Insieme promettono di far rimpiangere, sia il primo che il secondo ventennio, facendo impallidire persino la macchia lasciata dal maresciallo Pietro Badoglio nella memoria collettiva italiana.

Questa specie di ministero Badoglio III, promette di portarci ad un altro tragico 8 settembre. I conti, se non si faranno prima, si vedranno la sera del 25 maggio prossimo, al termine dello scrutinio, con i primi dati delle proiezioni delle elezioni europee giocate con il sistema proporzionale. Non occorre essere dei veggenti per prevedere un ulteriore crollo della partecipazione elettorale e un voto di protesta che diventerà una valanga soprattutto per la sinistra.

Il PD nei prossimi mesi non avrà più la possibilità di prendersi valanghe di paginate su tutti i quotidiani e di farsi pubblicità televisiva a gratis, con la scusa, a seconda dei casi, delle primarie o delle ultimarie (le votazioni per la segreteria generale sono l’ultimo atto, non il primo) dell’ 8 dicembre. Quello democratico appare come un elettorato sotto ipnosi, drogato con una operazione mediatica a reti unificate – RAI, Mediaset, La7 – che non ha eguali, se non nel messaggio di fine anno del presidente della Repubblica.

Ci sarà il risveglio, un brusco ritorno alla realtà, si accorgeranno di essere stati borseggiati, presi a calci nel sedere e lasciati in terra con pochi vestiti. E’ prevedibile il contraccolpo, di rabbia, non tanto per il portafoglio svanito, quanto per il furto delle tante speranze che erano state alimentate e sollecitate. Non ultima quella che fosse Berlusconi la causa dei pasticci italiani, per cui è stato detto in tutte le salse che se il PD avesse avuto in mano il governo, allora si sarebbe potuto fare delle buone politiche, con le tante competenze vantate dai politici democratici. Le interviste ai membri della segreteria Renzi, nelle materie economiche o sociali, possono procurare dei tracolli umorali irreversibili.

Dopo venti giorni dalla cacciata di Berlusconi dal Senato, con la scena politica completamente in mano agli uomini di area PD – Renzi, Napolitano, Grasso, Letta, Boldrini - è successo di tutto.

Al di là dei proclami e della propaganda, i fatti sono questi:

- 4 dicembre, la Consulta dichiara, con grande sorpresa, contraddicendo se stessa, l’illegittimità  costituzionale di due parti del “porcellum”, sul premio di maggioranza e le liste bloccate;

- 5 dicembre, il Quirinale dirama un dispaccio dove si compiace per la sentenza della Consulta e da indicazione precise sui successivi provvedimenti (legge elettorale maggioritaria, riduzione parlamentari, rottura del bicameralismo), come in qualunque regime monarchico;

- 8 dicembre, ultimarie del PD, con l’elezione del nuovo segretario, Matteo Renzi, celebrate a reti unificate, proclamata una giornata di festa nazionale, pagata sempre dai soliti volenterosi militanti del PD;

- 9-10 dicembre, Renzi viene subito ricevuto in pompa magna dai suoi colleghi di partito e d’area, tutti collocati nei posti che contano, palazzo Chigi, Quirinale, ecc…

- Renzi dichiara subito di volersi muovere sulla riforma elettorale con la proposta del Renzellum (un mix di tecniche peggiori del porcellum), non solo nell’ambito della maggioranza di governo, ma a tutto campo, per questo invia degli emissari da Grillo e dall’appena estromesso Berlusconi;

- 11 dicembre, fiducia preventiva, accordata ex ante, ottenuta alle Camere dal governo Letta a guida PD, sulla base di un programma che verrà, forse, scritto a gennaio;

- 12 dicembre, il presidente del Senato Grasso fa da “palo” al governo “Badoglio III”, aiutando e giustificando lo scippo della riforma elettorale dal Senato a favore della Camera (interrompendo un processo legislativo avviato ad agosto che avrebbe potuto concludersi in pochissimi giorni, se non ci fosse stato l’ostruzionismo del PD);

- nella giornata che ricorre l’anniversario di piazza Fontana, tecnicamente è stato realizzato una specie di “golpe bianco”, non avendo una legge elettorale funzionante, in quanto la sentenza della Consulta ha bocciato sia il meccanismo del premio che le liste bloccate, che non essendoci più non si sa come andare al voto (il sistema residuo del porcellum non consente di andare al voto, volendo al Senato avrebbero potuto porvi velocemente rimedio, non così alla Camera).

Di questo si è parlato mercoledì 18 dicembre al convegno “Riforme dopo la defenestrazione del porcellum” alla Società Umanitaria di Milano, con il politologo Giorgio Galli e Felice Besostri, uno dei proponenti del ricorso che ha originato la sentenza della Consulta. Galli ha rimarcato che il tentativo di Renzi di fare una legge elettorale che forzi la competizione in senso bipolare, in presenza di un sistema politico a tre forze, PD-M5S-FI,oltretutto quasi uguali, è bizzarro e pericoloso. Da parte mia ho esposto la sequenza dei fatti sostenendo la tesi del “golpe” bianco, strisciante ma concreto, sostanzialmente attuato con il blocco delle liste bloccate e il trasloco forzato della discussione alla Camera. Un trucco che sta determinando lo stallo del sistema democratico italiano, tra chi sta nel Palazzo, in primis con i neo-badogliani e, fortuna sua, con fuori Berlusconi. Gli elettori dovranno attendere parecchio prima di poter dire la loro al riguardo, almeno fino al 25 maggio. Nel frattempo emerge un dato inquietante: se il buon giorno lo si vede dal mattino, questo infausto dicembre 2013 prelude altri e maggiori guai. Nei prossimi mesi il badogliesco governo affiancato dalla segreteria renziana potrebbe combinare tanti e tali pasticci da condurre alla disperazione milioni di persone, di giovani, di senza lavoro, di oppressi dalle valanghe di tasse da pagare.

Agli italiani, privati del voto e di tutte le sovranità, svendute all’estero, non rimarrà che recuperare i vecchi forconi, nella tentativo di lanciare un ultimo disperato assalto alla Bastiglia.

 

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