(www.lindipendenza.com) Cosa cambia con una legge elettorale? si creeranno posti di lavoro?”. Sono le più che legittime domande che un lettore del giornale ha posto ieri in calce ad un articolo. Cercherò di rispondere ai quesiti portando l’esempio di quanto succede a Milano alla Regione Lombardia, in parallelo a Roma, con la vicenda della nuova legge elettorale per le Politiche. Sono due casi che rappresentano gli estremi con i quali dobbiamo fare i conti.
Stiamo assistendo alla fine anticipata della legislatura regionale iniziata nel 2010, determinata dallo scandalo dei voti in vendita e dall’arresto dell’ex-assessore Domenico Zambetti del PDL. In questi giorni, in previsione della riunione di oggi del Consiglio regionale lombardo, la stampa ha riportato delle indiscrezioni sulle modalità di accordo tra le forze politiche per una modifica in extremis della legge elettorale regionale. Il dimissionando presidente Formigoni sostiene di voler andare subito al voto, dopo aver fatto una giunta tecnica e delle modifiche alla legge elettorale vigente. Oggi in Consiglio ci potrebbero essere le condizioni per un “tutti a casa”, con il deposito delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri: si vedrà se ci saranno le firme sufficienti. La giornata è critica, dovrebbe essere occupata anche dalla discussione del testo della nuova legge elettorale regionale. I punti di intesa che i partiti della maggioranza di centro destra hanno costruito in questi giorni travagliati, sono:
- eliminazione del listino bloccato, composto da 16 candidati eletti con il candidato presidente vincente;
- conferma degli 80 seggi massimo, il numero dei consiglieri diventa fisso;
- almeno un consigliere per provincia.
Il lettore può giudicarne da sé la validità, però è evidente che sono una serie di dettagli tecnici, che meritano attenzione, ma non sono decisivi. Questa proposta di legge comporta sicuramente un aumento di lavoro per molti; rimane da capire se l’operazione vale la candela oppure, come si dice a Milano, è solo un “fare o disfare, tutto è lavorare”.
Vediamoli uno per uno: il listino bloccato non è mai stato un problema, lo è diventato nel 2010 per colpa delle scriteriate decisioni del PDL, che ora è alla corda, nel voler candidare persone non all’altezza. Non è la legge che ha procurato dei guai, è stato sbagliato il modo di selezione dei candidati da parte di Berlusconi. Il listino può essere anche una opportunità positiva, se la coalizione candida donne e uomini di valore, ad esempio dando visibilità di genere e ad ogni parte del territorio lombardo. Non c’è bisogno di scrivere una legge per fare bene le cose. Certo, dopo aver visto la nuova giunta regionale, qualche dubbio può esserci, nella capacità di fornire buoni esempi da parte del PDL e della Lega Nord.
Il secondo punto è un dettaglio, può accadere di aggiungere dei seggi, nel caso che il vincitore abbia un ottenuto consenso risicato, per raggiungere la maggioranza in aula, però non vale la pena di rifare una legge per questo. Il terzo punto, per come è posto, è quasi tragicomico, mi spiego meglio. Negli anni passati c’è stato il caso delle piccole province, come Lodi, rimaste senza consiglieri eletti, per via delle alchimie della formula elettorale.
Anche qui la soluzione può essere quella appena detta, tramite il listino bloccato: un impegno formale da parte dei partiti al momento della formulazione delle candidature, a dare visibilità a tutte le componenti territoriali. Il lato tragico è che le province sono in via di accorpamento, dalle attuali dodici a 6 o 7, con un decreto legge che il governo sta approntando, ampiamente annunciato su tutti i giornali. Una tale novità, se le provincie verranno accorpate, non serve a nulla.
Quindi, riassumendo, sono tutte novità che comportano un gran lavoro, ma senza costrutto. Il lettore in questo caso ha ragione a indispettirsi: ottanta consiglieri regionali più una decina di assessori, frotte di consulenti e funzionari regionali, tutti impegnati su una nuova legge elettorale che sembra solo un rimestare la pentola, pur di ritardare le dimissioni e la chiusura di un ciclo politico.
Sull’altro versante, a Roma, c’è una situazione quasi identica come atteggiamento dilatorio: i senatori della prima Commissione del Senato, ieri hanno iniziato timidamente a votare i primi emendamenti (che sono ben 222) al testo di modifica del “porcellum”, definito ai primi di ottobre, dopo mesi e mesi di discussione. Il PDL e la Lega, con il senatore Calderoli, si confermano tra i più attivi nei lavori in commissione, nel presentare emendamenti e in genere nel rimandare l’auspicato superamento della legge prodotta sette anni fa. Tutti aspettano al Sicilia, per cui occorre ingannare l’attesa dei risultati delle elezioni siciliane del 28 ottobre. Hanno aggiunto anche dei sub-emendamenti e, senza fretta, sono tutti impegnati nell’esame delle 240 pagine di emendamenti al ddl Malan, dal nome del relatore. Dopo di che, fermi tutti per il ponte di Ognissanti, poi san Martino con le primarie del PD e alla fine sarà troppo tardi.
Il sistema elettorale per le Politiche è importante, determina la guida del Paese. La crisi economica ha reso evidente che c’è bisogno di riattivare la democrazia nel Paese, falcidiata da una legge elettorale iniqua, che ha portato alla formazione di una Casta politica dispendiosa e inadeguata alla situazione attuale.
che ci è stata imposta con il “Porcellum”. Una nuova legge elettorale può voler dire avere in mano più possibilità di cambiamento e, forse, di miglioramento delle condizioni di vita di tutti i cittadini affidando la guida dello Stato a mani più sicure e oneste.