Da decenni assistiamo, nei Paesi occidentali, a continue conversioni all’islam dei neri cristiani. Questo fenomeno è cominciato più o meno nei primi decenni del secolo scorso negli USA. L’organizzazione tuttora più rappresentativa dei mussulmani americani, la “Nation of Islam”, venne fondata intorno al 1930 da un nero ex-cristiano che sosteneva che l’islam fosse la religione tradizionale degli antenati degli afroamericani. Che poi tali antenati non solo non fossero mai stati islamici, ma che proprio dagli arabi fossero stati catturati e venduti ai bianchi mercati di schiavi poco importava, e l’ignoranza degli adepti faceva il resto.
Tra tali afroamericani possiamo citare Malcom X, che fu, qualche anno dopo la conversione, assassinato – pare – dalla stessa Nation of Islam alla quale aveva aderito; ma anche gli ex pugili Cassius Clay e Mike Tyson, così come numerosi altri sportivi statunitensi. Che occasione sprecata dalla Chiesa cattolica!
Per onestà, però, dobbiamo riconoscere che tali conversioni erano agevolate dalla situazione nella quale si trovava la comunità nera d’America, almeno sino agli anni sessanta: miseria e segregazione razziale erano un cocktail micidiale che portava numerosi afroamericani al rifiuto sdegnoso della religione dei bianchi; naturalmente non sapevano o non volevano sapere che i loro progenitori erano stati catturati e venduti come schiavi dagli arabi islamici, e che nell’islam la schiavitù è sempre stata legale. Ancor oggi numerosi integralisti del Sudan, in piena osservanza della sharia, la legge coranica, catturano neri non mussulmani per farne degli schiavi, ma purtroppo certe notizie vengono taciute quando non censurate.
Che gli oppressi ripudino la religione degli oppressori è prevedibile. È già successo, nel Caucaso, che popoli cristiani si convertissero all’islam a causa delle persecuzioni zariste e, nel Sud Africa, che parecchi autoctoni ne abbiano seguito la sorte qualche secolo dopo grazie al comportamento suicida degli Afrikaners.
Ma le conversioni all’islam dei neri sono diffuse ahimè anche in Europa, ove non sussisterebbero le forti ragioni un tempo oggettivamente presenti sull’altra sponda dell’Atlantico. È un convertito, Richard Reid, nato a Londra da padre giamaicano e madre inglese, che poche settimane dopo l’attentato alle Torri gemelle cercò di abbattere un aereo in volo verso gli USA con l’esplosivo nascosto nella suola di una scarpa. Per fortuna un’eroica hostess riuscì ad impedire che l’aspirante alle settantadue vergini riuscisse nell’intento di accendere la miccia ma, dodici anni dopo, sempre in Gran Bretagna, un altro nero convertito di origine nigeriana, Michael Abedolaio, ha ammazzato barbaramente a colpi di machete un giovane soldato reduce dall’Afganistan. Anche un celebre ex calciatore liberiano del Milan, George Weah, decise di abbandonare il cristianesimo, così come il comico (?) franco-camerunense Dieudonné. Ma, mentre Weah si limitava ad esaltare i tifosi sugli spalti di San Siro, Dieudonné rende esaltati, anzi, esagitati antisemiti, gli spettatori (quasi tutti integralisti e di sinistra) che, per giunta, pagano per ascoltare delle farneticanti battute che i nuovi nazislamici ed i vecchi cattocomunisti spacciano per satira. Il calciatore Nicolas Anelka, probabile neoislamico, quando segna le reti emula il saluto nazista riveduto e corretto da Dieudonné (la quenelle). E chissà quante altre stelle del calcio, a loro volta, lo emuleranno.
In Italia il fenomeno è forse meno rilevante, ma vi sono tutte le condizioni perché si diffonda sempre più. Da noi sono infatti presenti molti clandestini neri che vivono nella miseria e nello sfruttamento, e che inevitabilmente maturano sentimenti di rancore verso una comunità senza colpe se non quella di accogliere anche chi non è in grado di trovarsi un lavoro dignitoso ed adeguatamente retribuito. Quei clandestini facilmente possono finire preda di integralisti che approfittano della loro ignoranza e della loro fame per trasformarli in potenziali jihadisti o attentatori.
In Italia il razzismo praticamente non esiste, eppure a tanti può tornare utile suscitare in tali clandestini (ed anche in tanti stranieri regolari) gli stessi sentimenti dei neri d’America ai tempi della guerra di secessione. È, di fatto, un auto-razzismo – passatemi il termine -, fomentato da chi vuole facilitare le conversioni. Se sei clandestino, povero, e ti senti emarginato e pure discriminato per il colore della pelle, più facilmente ripudierai la tua religione se essa è la stessa dei tuoi (presunti) oppressori. Non è un caso che, ad accogliere i cosiddetti migranti che sbarcano sulle nostre coste, vi siano anche associazioni legate all’UCOII, e che un deputato integralista islamico del PD si chiuda in un CIE (Centro Identificazione e Espulsione) in segno di protesta per le condizioni di detenzione, ma col preciso scopo di fare proselitismo.
È difficile arginare il fenomeno delle conversioni all’islam dei neri cristiani in Occidente. I politici non vogliono intervenire per le ragioni che ben conosciamo, pertanto non ci resta che fare affidamento sulle associazioni religiose cristiane. Quelle protestanti sono le più attive, addirittura tra loro si trovano anche diversi neo-convertiti soprattutto mediorientali, mentre quelle cattoliche sono più timide. A tal punto che alcune di esse scoraggiano le adesioni ancorché spontanee dall’islam al cristianesimo.
Si dovrebbero pertanto supportare le comunità cristiane, soprattutto quelle di origine africana, affinché possano prendersi cura dei loro connazionali – clandestini o regolari che siano - più a rischio, per evitare che essi cadano tragicamente fra le braccia dei fabbricanti di kamikaze. E sperare che il carisma di papa Francesco non resti a lungo confinato a Lampedusa.